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Padre Sandro Faedi e la vicinanza a chi ha meno

È un missionario gambettolese della Consolata

Padre Sandro Faedi in missione, in Africa

La missione per realizzare un mondo nuovo. È quello che si augura padre Sandro Faedi, missionario gambettolese della Consolata.
Lo abbiamo incontrato nei giorni scorsi. È in Italia per un periodo di ferie e di incontri a Torino, nella casa Madre, per festeggiare il 50° di ordinazione sacerdotale.
Il missionario è ormai prossimo al traguardo di mezzo secolo trascorso in terra di missione. Padre Sandro partì nel 1974 per il Venezuela, dove rimase fino al 1998. In quell’anno venne trasferito in Africa, in Mozambico, dove si trova tuttora.

Ancora oggi, a 75 anni, padre Sandro svolge la sua missione con gioia e letizia, condividendo con le popolazioni della Diocesi di Tete sole e pioggia, caldo e freddo, in una regione grande quanto l’Italia del Nord, 100mila chilometri quadrati, in cui lavora da 10 anni con l’incarico di economo diocesano e di direttore della Caritas diocesana.

Padre Sandro è stato anche amministratore apostolico e ha ricevuto l’incarico dal vescovo locale di aprire una nuova missione nella periferia di Tete, a ridosso del fiume Zambesi, appena fuori città. In quel luogo c’era una cappella, intorno alla quale, grazie all’acquisto del terreno, è stato possibile costruire una grande tettoia. Ora in quell’area si trova l’asilo e si può svolgere l’accompagnamento per i bambini e i ragazzi dalla prima alla settima classe. A oggi sono circa 80, che si alternano nel pranzo e doposcuola.

Nelle vicinanze della cappella c’era un grande baobab, all’ombra del quale, fino a qualche tempo fa, ogni domenica si celebrava la Messa che richiamava sempre più gente. Quel baobab è stato abbattuto per costruire una grande chiesa, alla cui realizzazione contribuisce anche la gente del posto, oltre agli aiuti che arrivano dall’Italia e dalla Diocesi di Cesena-Sarsina compresa.

Cosa significa essere missionari oggi? Ha ancora senso partire?

La missione è un nome che racchiude in sé molte dimensioni e molti aspetti. Gesù Cristo, il suo Vangelo, la sua persona, il suo annuncio, la sua morte e la sua resurrezione… Dare vita all’uomo perché conosca se stesso, la sua origine, il suo destino. E perché conosca un Dio che ci vuole bene. Missione significa anche conoscere uomini e donne, adulti e bambini, ammalati e poveri che il Signore regala al missionario per fare con loro un cammino di fede, di speranza, di molta carità. Per questo motivo la missione si trasforma in presenza, e significa stare accanto a chi ha bisogno. Carità, educazione, salute e annuncio del Vangelo, per conoscere il Signore. Ringrazio Dio per questo dono. Per tutto questo ha ancora senso partire.

Quali messaggi portano i missionari nel mondo?

Innanzitutto portano un messaggio di speranza alle popolazioni che ancora si trovano nella necessità di poter mangiare ogni giorno, di avere un tetto sotto il quale dormire, per i bisogni dei figli, per la scuola, lo studio. Significa anche dare al popolo una grande speranza perché possa sognare un futuro migliore da realizzare donando tutto noi stessi.

Cosa possiamo fare tutti noi per popoli così svantaggiati?

Come nel resto del mondo, anche in Africa c’è una grande necessità di lavoro per cui i soldi che continuano ad arrivare dall’Europa e soprattutto dall’Italia, hanno bisogno di un’assistenza, un accompagnamento concreto, non essendoci controlli, affinché i progetti per cui sono indirizzati vengano seguiti e realizzati, offrendo anche lavoro a gente del posto.

Come papa Francesco ci fa intendere la missione oggi?

Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium auspica una Chiesa in uscita, una Chiesa missionaria testimone del Vangelo. E ciò non vale solo per qualche missionario o missionaria che parte per il mondo. Ogni cristiano si deve sentire corresponsabile della missione della Chiesa, senza mai perdere lo stupore per il Vangelo, per realizzare un mondo nuovo di fraternità e di accoglienza, dove nessuno si senta escluso.

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