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Papa Francesco: “Se cerchiamo dei miracoli non troveremo Gesù”

Bergoglio lancia un appello per Giornata dei malati di lebbra, ricorda il “grande santo” Giovanni Bosco e saluta i ragazzi dell’Acr

(Foto Vatican Media/SIR)

“Se noi cerchiamo dei miracoli non troveremo Gesù”. Lo ha detto il Papa durante l’Angelus di ieri. “Soltanto lo trova, invece, chi accetta le sue vie e le sue sfide, senza lamentele, senza sospetti, senza critiche e musi lunghi”, ha proseguito Francesco. “Gesù, in altre parole, ti chiede di accoglierlo nella realtà quotidiana che vivi; nella Chiesa di oggi, così com’è; in chi hai vicino ogni giorno; nella concretezza dei bisognosi, nei problemi della tua famiglia, nei genitori, nei figli, nei nonni, accogliere Dio lì. Lì c’è lui, che ci invita a purificarci nel fiume della disponibilità e in tanti salutari bagni di umiltà”.

“Ci vuole umiltà per incontrare Dio, per lasciarci incontrare da lui”, ha ribadito il Papa. “E noi, siamo accoglienti o assomigliamo ai suoi compaesani, che credevano di sapere tutto su di lui? ‘Io ho studiato teologia, ho fatto quel corso di catechesi… Io conosco tutto su Gesù!’. Sì, come uno scemo! Non fare lo scemo, tu non conosci Gesù”. “Magari, dopo tanti anni che siamo credenti, pensiamo di conoscere bene il Signore, con le nostre idee e i nostri giudizi, tante volte”, ha fatto notare Francesco, secondo il quale “il rischio è di abituarci, abituarci a Gesù. E così come ci abituiamo? Chiudendoci, chiudendoci alle sue novità, al momento in cui lui bussa alla tua porta e ti dice una cosa nuova, vuole entrare in te”. “Noi dobbiamo uscire da questo rimanere fissi sulle nostre posizioni”, l’appello del Papa. “Il Signore chiede una mente aperta e un cuore semplice. E quando una persona ha una mente aperta, un cuore semplice, ha la capacità di sorprendersi, di stupirsi. Il Signore sempre ci sorprende, è questa la bellezza dell’incontro con Gesù”.

“Oggi ricorre la Giornata mondiale dei malati di Lebbra. Esprimo la mia vicinanza a quanti soffrono di questa malattia e auspico che non manchino loro il sostegno spirituale e l’assistenza sanitaria”. Così il Papa dopo l’Angelus di ieri. “È necessario lavorare insieme alla piena integrazione di queste persone, superando ogni discriminazione associata a un morbo che, purtroppo, colpisce ancora tanti, specialmente in contesti sociali più disagiati”, l’appello di Francesco, che ha ricordato come domani, 1° febbraio, si celebrerà in tutto l’Estremo Oriente, nonché in varie parti del mondo, il Capodanno lunare: “In questa circostanza, rivolgo il mio cordiale saluto ed esprimo l’augurio che nel Nuovo anno tutti possano godere la pace, la salute e una vita serena e sicura”, le parole del Papa. “Com’è bello quando le famiglie trovano occasioni per radunarsi e vivere insieme momenti di amore e di gioia! Molte famiglie, purtroppo, non riusciranno quest’anno a riunirsi, a causa della pandemia. Spero che presto potremo superare la prova. Auspico, infine, che grazie alla buona volontà delle singole persone e alla solidarietà dei popoli, l’intera famiglia umana possa raggiungere con rinnovato dinamismo traguardi di prosperità materiale e spirituale”.

Alla vigilia della festa di san Giovanni Bosco, il Santo Padre ha poi salutato i salesiani e le salesiane, “che tanto bene fanno nella Chiesa”: “Ho seguito la Messa celebrata nel santuario di Maria Ausiliatrice dal rettore maggiore Ángel Fernández Artime. Ho pregato con lui per tutti. Pensiamo a questo grande santo, padre e maestro della gioventù. Non si è chiuso in sagrestia, non si è chiuso nelle sue cose. È uscito sulla strada a cercare i giovani, con quella creatività che è stata la sua caratteristica. Tanti auguri a tutti i salesiani e le salesiane!”.

Infine, un saluto ai ragazzi e alle ragazze dell’Azione Cattolica della diocesi di Roma: “Cari ragazzi, anche quest’anno, accompagnati dai genitori, dagli educatori e dai sacerdoti assistenti, siete venuti - un piccolo gruppo, per la pandemia - al termine della Carovana della pace. Il vostro slogan è ‘Ricuciamo la pace’. Bello slogan! È importante! C’è tanto bisogno di ricucire, partendo dai nostri rapporti personali, fino alle relazioni tra gli Stati. Vi ringrazio! Andate avanti! E adesso liberate verso il cielo i vostri palloncini come segno di speranza… Ecco! È un segno di speranza che ci portano i ragazzi di Roma oggi, questa ‘carovana per la pace’”.

Fonte: Sir
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