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Papa in Giappone. Ai vescovi: “siete una Chiesa viva, che si è conservata in mezzo alla persecuzione”

Il Pontefice, da oggi nel Paese nipponico, ha chiesto ai presuli di "proteggere i giovani da suicidi, bullismo, disperazione, isolamento"

foto Sir

“Non so se lo sapete, ma fin da giovane ho provato simpatia e affetto per queste terre”. È cominciato con chiari toni autobiografici, il primo discorso di papa Francesco in Giappone, rivolto ai vescovi, incontrati nella nunziatura apostolica di Tokyo. “Sono passati molti anni da quell’impulso missionario, la cui realizzazione si è fatta attendere”, il bilancio di Francesco. “Oggi il Signore mi offre l’opportunità di essere tra voi come pellegrino missionario sulle orme di grandi testimoni della fede”.

“Si compiono 470 anni dall’arrivo di san Francesco Saverio in Giappone, che segnò l’inizio della diffusione del Cristianesimo in questa terra”, il primo riferimento alla storia del Paese. Poi un pensiero "ai martiri san Paolo Miki e ai suoi compagni e al beato Justo Takayama Ukon, che in mezzo a tante prove ha dato testimonianza fino alla morte”. “Questa offerta di sé per mantenere viva la fede attraverso la persecuzione ha aiutato la piccola comunità cristiana a crescere, a consolidarsi e a portare frutto”, ha fatto notare Francesco, che ha citato anche i “cristiani nascosti” della regione di Nagasaki, “che hanno conservato la fede per generazioni grazie al battesimo, alla preghiera e alla catechesi”: “autentiche Chiese domestiche che risplendevano in questa terra, forse senza saperlo, come specchi della Famiglia di Nazaret”.

“La vostra presenza si gioca nella vita quotidiana del popolo fedele”, ha sottolineato il Pontefice rivolgendosi direttamente ai vescovi, ai quali ha ricordato che “il Dna delle vostre comunità è segnato da questa testimonianza, antidoto contro ogni disperazione, che ci indica la strada alla quale orientarsi”. “Voi siete una Chiesa viva, che si è conservata pronunciando il nome del Signore e contemplando come Lui vi guidava in mezzo alla persecuzione”, l’omaggio di Francesco alla piccola comunità cattolica, che rappresenta lo 0,42 per cento di una popolazione di 127 milioni di abitanti.

“La semina fiduciosa, la testimonianza dei martiri e l’attesa paziente dei frutti che il Signore dona a suo tempo, hanno caratterizzato la modalità apostolica con cui avete saputo accompagnare la cultura giapponese”, ha detto il Papa. 

“Il vescovo è colui che il Signore ha chiamato in mezzo al suo popolo, per restituirlo come pastore capace di proteggere ogni vita, e questo determina in una certa misura lo scenario a cui dobbiamo puntare”. Lo ha ricordato il Papa, sulla scorta del motto del viaggio: “Proteggere ogni vita”. 

“Sappiamo che in Giappone la Chiesa è piccola e i cattolici sono una minoranza, ma questo non deve sminuire il vostro impegno per una evangelizzazione che, nella vostra situazione particolare, la parola più forte e più chiara che possa offrire è quella di una testimonianza umile, quotidiana e di dialogo con le altre tradizioni religiose”, ha aggiunto Bergoglio. “L’ospitalità e la cura che dimostrate ai numerosi lavoratori stranieri, che rappresentano più della metà dei cattolici del Giappone, non solo servono come testimonianza del Vangelo in seno alla società giapponese, ma attestano anche l’universalità della Chiesa, dimostrando che la nostra unione con Cristo è più forte di qualsiasi altro legame o identità ed è in grado di raggiungere tutte le realtà”.

“Vi sono diversi flagelli che minacciano la vita di alcune persone delle vostre comunità, che sono segnate, per vari motivi, dalla solitudine, dalla disperazione e dall’isolamento”, ha proseguito il Santo Padre, che ha fatto notare come “l’aumento del numero di suicidi nelle vostre città, così come il bullismo e varie forme di auto-esigenza, stanno creando nuovi tipi di alienazione e disorientamento spirituale”. “Quanto tutto ciò colpisce soprattutto i giovani!”, ha esclamato Francesco, esortando i presuli “a prestare particolare attenzione a loro e ai loro bisogni, a cercare di creare spazi in cui la cultura dell’efficienza, della prestazione e del successo possa aprirsi alla cultura di un amore gratuito e altruista, capace di offrire a tutti, e non solo a quelli ‘arrivati’, possibilità di una vita felice e riuscita”. 

Fonte: Sir
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