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Lutto

Ieri sera la messa di Settima di don Claudio Turci

L'omelia di don Walter Amaducci

25 settembre 1976, vescovo Gianfranceschi ordina sacerdoti don Claudio Turci e don Walther Amaducci

Ieri sera, martedì 8 febbraio,  nella chiesa di San Pio X alle Vigne, è stata celebrata la Messa "di Settima" per don Claudio Turci.

Ha tenuto l'omelia don Walter Amaducci che ha presieduto l'Eucaristia. Pubblichiamo il testo qui di seguito. 

«Beato chi abita nella tua casa: / senza fine canta le tue lodi....Sì, è meglio un giorno nei tuoi atri / che mille nella mia casa»

"Quando il Signore ci regala le sue parole per pregarlo (questo è accaduto poco fa col salmo 83 e questo avviene ogni volta che recitiamo i salmi) siamo certi di pronunciare espressioni giuste, di fare nostri dei pensieri e dei progetti che hanno già l'autenticazione della sua volontà. La casa del Padre è il Paradiso, dove ora don Claudio canta senza fine le lodi del Signore. Casa del Signore è questa chiesa, dove ci siamo radunati con un'intento semplice e chiaro: pregare per don Claudio celebrando in suo suffragio la Messa di settima, a prima vista legati insieme dai ricordi, dall'affetto e dalla gratitudine che proviamo per lui, ma ancor di più dalla comunione con Dio, che ci connota - tutti quanti - nella nostra identità più profonda.

«Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito!»: ammetteva con schiettezza il re Salomone inaugurando il tempio di Gerusalemme: eppure Dio che è presente dappertutto ha scelto e sceglie tempi e luoghi per incontrarci realmente, in modo più forte e più efficace, come avviene nelle celebrazione eucaristica, momento culminante della nostra vita di fede, punto di arrivo e di ripartenza di tutto quello che facciamo e di tutto ciò che ci accade.

Non c'è nulla di più prezioso di questo appuntamento che Gesù stesso ci ha lasciato come comando: «Fate questo in memoria di me». Nessuna vita basta a se stessa, ma si regge sulla relazione e sulla dipendenza umile e grata da ciò che l'alimenta: l'aria, l'acqua, il cibo, l'amore. Il pane vivo disceso dal cielo è Gesù, nutrimento essenziale per la nostra fame di significato e di verità, di valore e di amore, di una vita che si protende oltre i limiti del buon senso e della rassegnazione e cerca quel bene autentico sul quale non incomba più la prospettiva della fine. 

Ho voluto sottolineare questo momento che stiamo vivendo alla presenza di Dio, sotto lo sguardo dell'assemblea celeste, e dunque sotto lo sguardo anche di don Claudio, dentro questa formidabile realtà che si chiama "comunione dei santi" per garantire fecondità al patrimonio del nostro passato, con tutte le scene, le parole e i gesti che in questi giorni hanno affollato la nostra memoria. 

Io ho avuto la gioia di condividere con lui l'ordinazione sacerdotale, un evento unico e difficilmente prevedibile. Non eravamo compagni di studio (Claudio aveva un anno in meno di me) e la preparazione teologica ci ha visti impegnati in luoghi diversi: Claudio a Bologna, io a Roma. Proprio per questi percorsi diversificati ci siamo incrociati per l'ordinazione diaconale il 21 dicembre 1975 (eravamo in quattro) e poi ci siamo preparati insieme - noi due - all'ordinazione presbiterale del 25 settembre 1976.

Il 20 agosto indirizzammo una lettera al Presbiterio che ci avrebbe accolti di lì a poco, scrivendo tra l'altro: « ... dei fatti più grandi di noi ci provocano a convertirci insieme: la vita e la vitalità della Chiesa, l'attesa della società, la comune esigenza di essere trovati fedeli»; poi trascorremmo otto giorni in ritiro a Camaldoli dal 12 al 20 settembre e, ancora insieme, l'ora che precedette il rito dell'ordinazione sacerdotale in raccoglimento nella cappella privata del vescovo Augusto Gianfranceschi. Fummo i suoi due ultimi ordinati, e sentimmo molto quella paternità sacramentale, così da trascorrere insieme a lui alcune giornate di ritiro nelle prime ricorrenze quinquennali: a Villa Bianchi nell'81 e a Faenza dove il vescovo Augusto era momentaneamente ospite di mons. Bertozzi nell'86. Gianfranceschi morì il 28 gennaio del 1991 e allora quell'anno tornammo a Camaldoli, così come nel 1996.

Nel 1991 era arrivato per lui il primo incarico di parroco a Madonna del Fuoco e quindi nel 1998 a Gambettola. L'anno dopo io facevo l'ingresso a San Pietro, lasciando il seminario di cui ero rettore, mentre a don Claudio, dopo i diciotto anni a Gambettola, veniva affidata questa parrocchia di San Pio X, nell'estate del 2016. Abbiamo condiviso anche una "chiamata" ministeriale da parte del vescovo Luigi Amaducci a servizio dell'Azione Cattolica che nel 1980 riapriva il suo centro diocesano, cosicché per un decennio (don Claudio all'Acr, io al settore Giovani) ci siamo ritrovati a svolgere fianco a fianco questo impegno pastorale. Per il resto abbiamo operato in campi diversi, a cominciare da quello geografico, ma ci siamo sempre richiamati a vicenda quell'evento che fu per noi molto più di una coincidenza. I tratti caratteristici di don Claudio li avete conosciuti come e meglio di me: l'indole accogliente e bonaria, la disponibilità immediata e piena di concretezza, la perseveranza calma, paziente e tenace.

Alla toccante omelia del vescovo nel giorno delle esequie hanno fatto coro numerose testimonianze di stima e di affetto provenienti da Sant'Egidio, Madonna del Fuoco, Gambettola, dall'Azione Cattolica e ovviamente da questa sua ultima comunità di San Pio X.

Se questa sera ho rimarcato la scaturigine della mia vita presbiterale che è stata la stessa di don Claudio, è perché auguro a tutti noi - e per questo prego - che non solo il ricordo di lui in futuro, ma ogni nostra relazione possa essere ricondotta a questo miracolo continuo che nell'Eucaristia accade sotto i nostri occhi, che abbatte le barriere dello spazio e le distanze del tempo, che anticipa e realizza davvero in noi e tra noi la famiglia dei figli di Dio, destinata a durare per l'eternità. In questi giorni è morta una celebre attrice italiana e una sua amica ha risposto 
a chi l'intervistava: «Preferisco ricordarla e non pensarla. Difficile pensarla inerte».

Noi amiamo ricordare don Claudio, ma ancor di più ci piace pensarlo, pensarlo insieme a Dio: non perché siamo più bravi o creativi, ma per il dono prezioso della fede che proprio in momenti come questi, si rivela in tutta la sua bellezza!".

La Messa di Trigesima sarà celebrata nella chiesa di Sant'Egidio martedì 1° marzo alle 18,30.

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Ieri sera la messa di Settima di don Claudio Turci
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