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Il vescovo Douglas: "Tempo strano. Rispetto della salute è obbligo morale"

Nell'omelia di monsignor Regattieri in occasione della festa di San Mauro, patrono della Diocesi, un invito alla responsabilità e a vaccinarsi

Foto: archivio Pier Giorgio Marini

Dal vescovo Douglas Regattieri, in occasione della festa di san Mauro, patrono della Diocesi, un invito a vaccinarsi e a continuare a utilizzare tutti i dispositivi di protezione previsti. Fra gli altri temi toccati durante l'omelia, la Giornata della Parola di Dio e un invito ai pastori a stare in mezzo al popolo. Di seguito il testo integrale.

***

1. San Mauro e la pandemia

Vorrei iniziare quest’omelia con un riferimento al tempo che stiamo vivendo. Ormai da due anni soffriamo delle conseguenze della pandemia da Covid-19 che ha causato nel mondo intero tante morti e milioni di contagiati. È un tempo strano, inedito, che ci ha colti di sorpresa e che tuttavia ci ha visti impegnati ad affrontare un’emergenza nuova e per tanti versi un po’ anomala. Bisogna continuare a utilizzare tutti i dispositivi indicati dalla normativa. Faccio mio l’appello del Santo Padre espresso più volte e anche recentemente al Corpo diplomatico accreditato presso al Santa Sede: “In questi giorni - ha detto il Papa - vediamo come la lotta alla pandemia richieda ancora un notevole sforzo da parte di tutti e come anche il nuovo anno si prospetti impegnativo. Il Coronavirus continua a creare isolamento sociale e a mietere vittime. (…) Allo stesso tempo, abbiamo potuto constatare che laddove si è svolta un’efficace campagna vaccinale il rischio di un decorso grave della malattia è diminuito. È dunque importante che possa proseguire lo sforzo per immunizzare quanto più possibile la popolazione. Ciò richiede un molteplice impegno a livello personale, politico e dell’intera comunità internazionale. Anzitutto a livello personale. Tutti abbiamo la responsabilità di aver cura di noi stessi e della nostra salute, il che si traduce anche nel rispetto per la salute di chi ci è vicino. La cura della salute rappresenta un obbligo morale (…)  Proprio la pandemia ci impone una sorta di “cura di realtà”, che richiede di guardare in faccia al problema e di adottare i rimedi adatti per risolverlo. I vaccini non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia” (Al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 10 gennaio 2022).

Pur con le dovute restrizioni e nel rispetto di tutte le normative, anche recentemente riproposte dalla Cei dopo il Decreto Legge del 7 gennaio scorso, celebriamo, nell’emergenza, per il secondo anno, la festa di san Mauro. Essa coincide con la Giornata della Parola di Dio, istituita da papa Francesco con il Motu proprio Aperuit illis del 30 settembre 2019. È una bella circostanza, questa, perché ci aiuta a vivere questa convocazione diocesana, nella cornice della centralità della Parola, su cui ora necessariamente ci soffermiamo. Celebrando la festa del nostro patrono pastore, vorrei concentrare la mia riflessione sul rapporto: pastori e Parola di Dio. Un rapporto che non è esclusivo dei presbiteri; ma esemplificativo per tutti: diaconi, sposi, religiosi, fedeli laici.

2. Sul monte

Chiamati a stare sul monte con il Signore: questo implica la nostra vocazione di presbiteri, di pastori, di ministri del vangelo. Come annunciare, infatti, la bellezza e la forza della Sua Parola se non ne sei profondamente innamorato? Se non la frequenti e con essa non instauri un rapporto di intima comunione e profonda assimilazione?

Ha fatto così Mosè. Lo evoca la prima lettura (cfr Es 32, 7-14): Va’, scendi. Perché il tuo popolo sé pervertito. Vuol dire che Mosè era là sul monte. Lo sappiamo dai testi biblici: da quaranta giorni e quaranta notti, in assoluto contatto intimo con il Signore. E’ là che Mosè riceve dalle stesse mani di Dio le tavole della Legge, le dieci parole, la Parola. Ha fatto così Gesù con Pietro, Giacomo e Giovanni (Cfr Lc 9, 28-42). Sul monte si trasfigura e la voce dalla nube invita i tre apostoli e - tramite loro tutti noi - all’ascolto del Figlio: “Ascoltatelo!” (Lc 9, 35). Ha fatto così san Paolo: da cosa sarebbe infatti sgorgato l’impeto di quel “Guai a me se non annuncio il vangelo” (1Cor 9, 16) che abbiano ascoltato nella seconda lettura; e quell’altra frase, lapidaria, che troviamo all’inizio della lettera ai Romani: “Io non mi vergogno del vangelo” (1, 16), da cosa sarebbe sgorgata se non da un amore appassionato per Il Vangelo, per l’annuncio della Parola, per la predicazione? Fece così san Mauro; come ricorda san Pier Damiani nella biografia: “Ristorava il suo spirito con le sorgenti della contemplazione divina, con cui dopo ricreava i cuori inariditi del prossimo con la bevanda della sacra predicazione” (San Pier Damiani, Vita di san Mauro). Il seme della parola - annotava acutamente san Pier Damiani - germogliava nel cuore degli uomini e delle donne del suo tempo, perché irrigato dalla pietà del predicatore San Mauro. 

Facciamo così anche noi? Com’è il termometro della nostra intimità con la Parola?

3. Tra la gente

Ma poi bisogna scendere dal monte, perché, noi pastori del popolo, non siamo dei monaci né degli eremiti. Siamo chiamati a stare con la nostra gente, a stare in mezzo al nostro popolo.

Mosè, sceso dal monte, ha dovuto lottare contro l’idolatria che aveva preso il popolo. Gesù stesso, sceso dal monte coi i tre apostoli, lottò contro il demonio che si era impossessato di quel ragazzo. San Paolo, dopo aver dichiarato la sua passione per la Parola del Vangelo, dice di essersi fatto “tutto a tutti” ( 1Cor 9, 22). Così fece pure San Mauro che alternava, sempre secondo le cronache, la fuga al monte con periodi di intensa vita pastorale tra il suo popolo: “Mentre cercava il tempo libero per la vita contemplativa non abbandonò mai quella attiva” (San Pier Damiani, Vita di san Mauro).

Facciamo così anche noi? Siamo in mezzo al nostro popolo? Condividiamo gioie e fatiche? La Parola, amata, interiorizzata, contemplata sul monte ci spinge a scendere e andare dai fratelli?

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