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messa di esequie

Il vescovo Douglas al funerale di don Claudio Turci: "Sono testimone di tutti i suoi sì, senza mai aspettare"

Il testo integrale dell'omelia pronunciata da monsignor Regattieri

Il vescovo Douglas al funerale di don Claudio Turci: "Sono testimone di tutti i suoi sì, senza mai aspettare"

Pubblichiamo il testo integrale dell'omelia che il vescovo Douglas sta pronunciando in questo momento in Cattedrale, a Cesena, durante la Messa per il funerale del sacerdote diocesano don Claudio Turci, parroco di San Pio X, a Cesena.

La Cattedrale è strapiena, pur nel rispetto delle norme anti Covid, ed è presente anche il sindaco di Gambettola con il gonfalone del Comune.

Il sacerdote è morto in seguito al Covid martedì mattina all'ospedale "Bufalini" di Cesena dove era ricoverato da un paio di settimane. (Cfr notizia a fianco)

***

Le nostre labbra, chiuse come da un enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all’ingresso del sepolcro di Cristo, vogliono aprirsi per esprimere il grido ed il pianto dell’ineffabile dolore con cui la scomparsa improvvisa dell’amico soffoca la nostra voce. E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la guarigione del nostro fratello, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente, di questo tuo servo fedele e zelante; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla Fede nel Cristo. Per lui, per lui, o Dio, Padre di misericordia, non sia interrotta la comunione che, pur nelle tenebre della morte, ancora intercorre tra i defunti e noi tuttora viventi in questa giornata di un sole che inesorabilmente tramonta.

Non è vano – ne siamo certi - il programma del nostro essere di redenti: la nostra carne risorgerà, la nostra vita sarà eterna! Oh! che la nostra fede pareggi fin da ora questa promessa realtà. Don Claudio e tutti i viventi in Cristo, beati nell’infinito Iddio, noi li rivedremo. E intanto, o Signore, fa' che, placato dalla virtù della tua Croce, il nostro cuore riposi e si acquieti nel ricordo del tuo servo buono e fedele; fa' che noi tutti raccogliamo nel puro sudario della sua nobile memoria l’eredità superstite della sua diritta coscienza, del suo esempio umano e cordiale, della sua dedizione sacerdotale alla redenzione spirituale di quanti furono affidati alle sue cure pastorali (Cfr Paolo VI, Preghiera ai funerali di Aldo Moro, 13 maggio 1978).

La tua parola, Signore, oggi riascoltata nella cornice di un dolore che blocca le nostre voci, tuttavia, ci conforta. Vogliamo con tutte le nostre forze spirituali che essa sia luce e balsamo di consolazione, in un’ora tanto buia per me, per i confratelli sacerdoti, per le parrocchie, per la Diocesi; i passi del nostro vagare – come ci ha fatto pregare il salmo - tu li conti, Signore, nel tuo otre raccogli le nostre lacrime: non sono forse scritte nel tuo libro? (Cfr Sal 56, 9).
 

1. Il nostro vagare

I passi del nostro vagare, tu li hai contati. Sì, o Signore, perché quelli di questi giorni sono stati davvero per noi passi lunghi, lenti, pesanti e incerti; è stato il nostro come un vagare nel buio, senza via d’uscita. Sono stati passi senza un orientamento sicuro, più che un pellegrinaggio, come converrebbe a dei discepoli di Cristo, il nostro è stato un vagabondare. Perdonaci, o Signore, se non ti abbiamo pregato con fede, con quella fede che è capace -  se vera - di spostare le montagne (Cfr Mt 17, 20). Ma le montagne noi non le abbiamo spostate. Vorremmo in questo momento, o Signore, credere a quel racconto brasiliano secondo il quale nei momenti bui l’orante constata le sue uniche orme sulla spiaggia, pensando che tu lo abbia abbandonato; in realtà, quelle orme sono le tue, avendolo tu preso sulle tue spalle, come il pastore buono che, uscito a cercare la pecora smarrita, trovatala, se la mette, tutto contento, sule spalle e ritorna all’ovile. Noi siamo e vogliamo sentirci, in questo momento, o Signore, sulle tue spalle, al sicuro, protetti e amati, al riparo dal vento burrascoso che si è scatenato su di noi. Perché non ci travolga o, peggio, non alimenti in noi la rivolta verso di te.          
 

2. Le nostre lacrime

Nel tuo otre raccogli le nostre lacrime. Non sono, o Signore, le nostre, come le lacrime di Pietro; sono piuttosto come le lacrime di Marta e di Maria: “Se tu fossi stato qui, Signore, nostro fratello non sarebbe morto!” (Cfr Gv 11, 32). Sono come le lacrime di Giairo e del centurione che un giorno ti corsero dietro per implorare la vita del servo e della figlia; sono come le lacrime materne di Maria, sotto la croce; sono come quelle di Maddalena davanti al sepolcro vuoto (Gv 20, 11).  Il tuo otre, che in arabo è detto anche ‘il pozzo portatile’, perché contiene l’acqua necessaria alla sopravvivenza durante il cammino nel deserto, conserva le nostre lacrime come in uno scrigno, quasi fossero realtà preziose, come l’acqua custodita in quel contenitore. Noi spesso invece le facciamo cadere le nostre lacrime perché senza che nessuna veda si disperdano ritenendole segno della nostra debolezza e della nostra fragile umanità, quasi vergognandocene. Per te invece sono preziose. O Signore, assicuraci – con la forza del tuo Spirito - che non cadranno nel vuoto le nostre lacrime; che le raccoglierai e le conserverai nel tuo otre e diventeranno, rugiada feconda per la vita, per altre vocazioni sacerdotali, per la crescita spirituale delle nostre comunità, per la Diocesi, per la società civile. Del resto, Signore, non hai pianto anche tu sul destino imminente della tua città (Cfr Lc 19, 41)? e sulla morte del tuo amico Lazzaro (Cfr Gv 11)?

3. Il libro di Dio

I nostri passi e le nostre lacrime non sono forse segnati nel tuo libro? Ci hai detto nel libro dell’Apocalisse: Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri”  (Ap 20,12) Cosa scriverai, Signore, in quel libro a proposito di don Claudio? Penso che ti sarà difficile essere sintetico, perché dovrai scrivere tanto: opere di bontà e di accoglienza, opere di misericordia, di perdono, opere di ascolto e di mediazione, opere di disponibilità a tutte le ore. Per parte mia do testimonianza che in quel libro dovrai scrivere, o Signore, tanti ‘sì’ che egli sempre mi disse, ogni volta che gli chiedevo qualcosa: subito, senza mai farmi aspettare.   

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