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Il vescovo Douglas alla Messa per il Corpus Domini: "In questi tre mesi tutti abbiamo toccato la nostra fragilità"

La celebrazione eucaristica è in corso in questo momento ed è in diretta sulla nostra pagina Facebook e sul nostro canale Youtube. "Vorrei - ha aggiunto il presule - che le lamentele che da più parti giungevano per la mancata Messa fossero dovute alla mancanza della comunità, e non piuttosto alla rivendicazione di un diritto"

Un'immagine della Messa di questa sera in piazza della Libertà a Cesena. Foto Pier Giorgio Marini

La Messa per la solennità del Corpus Domini è in corso in questo momento in piazza della Libertà, a Cesena e si tiene in ottemperanza alle norme anti Covid-19. La celebrazione eucaristica è presieduta dal vescovo Douglas Regattieri. Con lui, sull'altare all'aperto, numerosi sacerdoti. 

In avvio di celebrazione monsignor Regattieri ha ringraziato l'Amministrazione comunale per aver concesso la piazza.

A braccio, fuori dal testo scritto dell'omelia, il presule ha detto: "È bello stasera ritrovarsi qui insieme, per la prima volta la Diocesi e la città riunite in un contesto pubblico". 

Di seguito il testo dell'omelia pronunciata dal vescovo Douglas.

Siamo malati, il mondo è malato. “Non possiamo pretendere – ha scritto recentemente papa Francesco - di essere sani in un mondo che è malato. Le ferite provocate alla nostra madre terra sono ferite che sanguinano anche in noi” (Lettera al Presidente della Repubblica di Colombia, in occasione della giornata mondiale dell’ambiente, 5 giugno 2020). In questi tre mesi, tutti – poveri e ricchi, neri e bianchi -  abbiamo toccato la nostra fragilità creaturale. Questa malattia ha fatto emergere altre malattie. Se per il Covid-19 si sta cercando un vaccino adeguato per combatterlo - e la scienza sta lavorando alacremente in questo senso - per le altre malattie che segnano e toccano la nostra vita, c’è un farmaco che la Chiesa predispone: l’Eucaristia. È sant’Ignazio di Antiochia che la definisce  come  “l’unico pane che è farmaco d’immortalità, antidoto contro la morte, alimento dell’eterna vita in Gesù Cristo” (Lettera agli Efesini, 20, 2; Cfr CCC, 1405). Del resto con altre parole l’aveva già detto anche sant’Ambrogio nel famoso testo: “Tutto è per noi Cristo. Se desideri medicare le tue ferite, egli è medico. Se bruci di febbre, egli è la sorgente ristoratrice. Se sei oppresso dalla colpa, egli è la giustizia. Se hai bisogno di aiuto, egli è la forza. Se temi la morte, egli è la vita. Se desideri il cielo, egli è la via. Se fuggi le tenebre, egli è la luce. Se cerchi il cibo, egli è il nutrimento” (De Virginitate 16, 99).

Vorrei rileggere i tre testi biblici di questa solennità proprio sotto questo aspetto della malattia e del farmaco a cui possiamo ricorrere, sicuri di guarire. 

  1.    Farmaco di immortalità

La prima malattia che ci colpisce è la sproporzione che abbiamo lasciato crescere sempre più tra la cura della vita terrena con quella della vita eterna. Abbiamo curato più la vita terrena e meno quella eterna; in altre parole ha preso piede nella nostra vita personale, familiare, sociale più l’interesse per il saeculum che non l’attesa dell’escaton. E così siamo diventati materialisti, edonisti, individualisti.

La pagina evangelica che abbiamo ora ascoltato (Cfr Gv 6, 51-58) ripete più volte, - ben nove volte -  la parola vivere/vita. C’è un’esistenza terrena e un’esistenza eterna. Non da contrapporre, ma da considerare nella loro unità. La vita eterna – nella fede – comincia già qui. Gesù lo afferma chiaramente: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.  (…) Chi mangia questo pane vivrà in eterno” (vv. 54.58). Ma il rischio – e qui sta lo stato di malattia in cui possiamo cadere - è che la vita eterna la releghiamo… alla fine… Più tardi che si può… e così ci dedichiamo affannosamente, spasmodicamente, soverchiamente, esageratamente alla vita di quaggiù. Magari mascherandoci dietro alla giustificazione rivestita di testi evangelici: ma siamo nel mondo… dobbiamo vivere in questo mondo… il mondo è da amare e non da condannare e così via…

Gesù si dichiara pane vivo, pane che dà la vita eterna (Cfr v. 51) e solo in questa prospettiva la vita terrena acquista senso e significato vero. È il fine che dà senso ai fini specifici, limitati e molteplici della esistenza terrena. Che non ci succeda di cadere nel pericolo paventato già da san Gregorio Magno quando ammoniva: “Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la mèta stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare” (Dalle «Omelie sui Vangeli» 14, 3-6; PL 76, 1129-1130). Forse anche noi abbiamo dimenticato di andare là dove siamo tutti incamminati.

 

  1. 2.  Farmaco che unisce

Questo farmaco, l’Eucaristia, oltre a guarire il nostro spirito e a realizzare una profonda comunione con Cristo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me io in lui” (v. 56), ci unisce ai fratelli, fa crescere la comunione, la fraternità, l’unità dei credenti e così guarisce da una seconda malattia, l’individualismo. Già san Cirillo d’Antiochia lo aveva affermato: “Se tutti tra di noi siamo membra dello stesso corpo in Cristo e non solo tra di noi, ma anche con lui che è in noi per mezzo della sua carne, è evidente che tutti siamo una cosa sola sia tra noi che in Cristo” (Dal «Commento sul vangelo di Giovanni», Lib. 11, 11; PG 74, 559-562).

Questa pandemia ha risvegliato in noi il desiderio della comunità, dello stare insieme. L’Eucaristia, unendoci al corpo di Cristo e facendoci diventare una cosa sola con lui, fa unità tra di noi. Farmaco, l’Eucaristia, perciò, di unità, di fraternità e di comunione.

In questi tre mesi abbiamo tanto desiderato la Messa insieme… impedita dal Coronavirus. Io vorrei che le lamentele che da più parti giungevano per questo impedimento fossero dovute a questo e non ad altro! Cioè alla mancanza della comunità, e non piuttosto a una rivendicazione di un diritto. Si è ipotizzato persino di un vulnus da parte dello Stato che avrebbe ferito il diritto alla libertà religiosa! Ricordo che la salute pubblica è menzionata specificamente dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo come uno dei rarissimi motivi per limitare la libertà di religione (art. 9). Di questo, piuttosto, ci saremmo dovuti rammaricare: del fatto cioè, che non godevamo più della visibile e sensibile presenza dei fratelli per cantare insieme, per pregare insieme, per lodare Dio insieme. Eucaristia, farmaco che ci unisce: come ricorda San Paolo, nella seconda lettura: “Noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1 Cor 10, 17).

 

  1. 3.  Farmaco che tiene desta la memoria

“Non dimenticate” dice il testo della prima lettura: «Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere. (…) Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto” (Dt 8, 2.14). C’è una terza malattia: la dimenticanza. Il papa lo ha richiamato nella benedizione Urbi et Orbi di Pasqua: “La crisi che stiamo affrontando -  ha detto - non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone” (12 aprile 2020). L’Eucaristia tiene sveglia la nostra memoria di quello che Dio ha fatto per noi. Ogni domenica ci dice nella Messa: ricordati che ho dato la mia vita per te. E ci rimanda ai fratelli, non ci dà tregua: non possiamo dimenticarci dei fratelli più poveri.

L’Eucaristia ci interpella su entrambi i versanti: nella nostra relazione con Dio e nei rapporti coi fratelli. Non puoi dire di amare Dio che non vedi se non ami il fratello, quello più povero, che vedi (Cfr 1Gv 4, 20).

Al termine dell'adorazione eucaristica che si è tenuta alla fine della Messa, il vescovo Douglas ha letto la preghiera qui sotto pubblicata.

Preghiera davanti al SS.mo Sacramento

 

Si è fatto sera, Signore,

il mondo intero è avvolto da fitte tenebre.

Si fa sera, Signore,

resta con noi!

 

Eravamo nel dubbio e nella confusione:

non capivamo.

Quante domande, quanti perché.

È bastata la tua silenziosa presenza

di Viandante sconosciuto.

Ti sei affiancato

con la dolce tua tenerezza,

ci hai aperto orizzonti prima nascosti

e abbiamo compreso.

 

Oltre al dubbio, anche la delusione

ci aveva preso.

Avevamo maturato progetti infiniti,

avremmo capovolto il mondo

se fosse stato per noi.

Credevamo!

Speravamo!

D’improvviso ci siamo ritrovati vuoti,

senza nulla,

nel giro di un breve week end  

nei giorni della nostra grande festa:

speranze infrante

sogni sfioriti

progetti sfumati.

Ma ci siamo sentiti accompagnati,

Il tuo Spirito ci è stato accanto;

senza riconoscerlo

sentivamo che quello era uno Sconosciuto diverso.

Il rumore dei suoi passi,

insieme ai nostri,

pian piano riempiva

confortava

rendeva sicuri.

 

Solo adesso, facendo memoria,

riconosciamo che il cuore ci scaldava,

dentro

mentre Tu ci parlavi

cammin facendo.

Fa che non ci raffreddiamo ancora.

La tua parola sia per noi

come rugiada mattutina

acqua zampillante

luce radiosa

fuoco bruciante.

 

Poi

ci siamo seduti a tavola

come stranieri gli uni agli altri.

Sconfortati e stanchi.

Ma Tu hai spezzato il pane

come in quell’ultima cena:

stessi gesti, stesse parole.

Hai condiviso con noi,

ed è tornata la speranza.

Ora comprendiamo

che non basta spezzare il pane;

se dopo non condividiamo

la tavola terrena,

il rito perde di significato.

Che a nessuno sia impedito

di sedersi con noi

a tavola!

 

Pensammo

– stolti  e lenti di cuore -  

che non ci restava altro da fare

che tornare a casa.

Tornare indietro

a come eravamo prima.

Appariva, questo, come una sicurezza,

come se i tre anni con Lui

fossero passati invano

e non avessero lasciato un segno.

Stavamo tornando indietro:

alle nostre antiche abitudini

quando Tu ci ha rimesso sulla strada,

in avanti,

verso Gerusalemme:

la casa dei fratelli,

la nostra vera casa, la comunità.

Per ritrovare noi stessi.

 

 

Si è fatto sera, Signore,

il mondo intero è avvolto da fitte tenebre.

Si fa sera, Signore,

resta con noi!

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