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SUORE SACRA FAMIGLIA

Suor Benedetta Pompignoli proclamata "Giusto tra le nazioni" dallo Yad Vashem

La testimonianza che riguarda suor Benedetta, è stata riassunta da Miranda Servi

Consegna della medaglia

Le suore della Sacra Famiglia oggi sono a Firenze, presso la Sinagoga, per ritirare un riconoscimento importante che ha a che vedere con una loro consorella, suor Benedetta Pompignoli. Originaria di Modigliana e per tanti anni responsabile della fraternità che ha visto le suore presenti a Firenze dal 1912 al 1998, è stata proclamata "Giusto fra le nazioni" dallo Yad Vashem di Gerusalemme.

Sara Cividalli, già presidente della comunità ebraica di Firenze (2014 – 2016), in occasione della pubblicazione della storica Marta Baiardi negli annali di storia fiorentina di un memoriale che raccoglieva due memorie e testimonianze di ebrei fiorentini sopravvissuti alla seconda guerra mondiale, ha ritrovato una testimonianza  risalente al 21 settembre del 1944 e rilasciata da sua madre Miranda Servi. In essa la donna raccontava come lei e la sua anziana madre malata, Pia Ajò Servi, erano sopravvissute a Firenze ed erano sfuggite alla deportazione, grazie all’aiuto prestato loro da varie persone. Tra le altre, due sono indicate in maniera particolare: Nella Bichi che era una insegnante, collega di Miranda (la quale insegnava materie letterarie a Firenze prima di essere licenziata a causa delle leggi razziali) e suor Benedetta, Superiora delle Suore della Sacra Famiglia, nella comunità di via del Serraglio, 21.

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In seguito al ritrovamento di questa testimonianza Sara Cividalli si è adoperata affinché lo Yad Vashem di Gerusalemme rilasciasse il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni” a queste due persone. Cosa che è avvenuta il primo luglio scorso e poi è stato ufficialmente consegnato ai parenti delle salvatrici. La testimonianza che riguarda suor Benedetta, è stata riassunta da Miranda Servi: “Suor Benedetta, superiora del Convento della Sacra Famiglia – Protezione della Giovane – via Serragli, 21 – ci ha accolto il 16 novembre 1943 per pochi giorni, finché scappammo dal Convento, avendo saputo della retata del vicino Convento del Carmine; ci ha accolto una seconda volta il 17 marzo ’44 e ci ha ospitato fino al 30 luglio, nonostante che gravi sospetti gravassero sul Convento, che proteggeva altre due famiglie di ebrei italiani e una di ebrei apolidi. Insieme alle altre suore ha reso meno triste la nostra reclusione ed ha assistito mia madre durante la sua grave malattia; si è comportata coraggiosamente durante una perquisizione ed un interrogatorio”.

Le suore della Sacra Famiglia erano presenti in Firenze fin dal 1912, occupandosi dell’accoglienza di giovani studenti, ufficio di collocamento e ritrovo festivo per le donne di servizio, assistenza morale e rifugio provvisorio delle giovani, in collaborazione con l’associazione “Protezione della giovane” che si occupava di ragazze che si trovavano in situazioni di difficoltà, con la Diocesi e con le forze pubbliche. Questa fraternità attraversa tutto il periodo molto difficile della seconda guerra mondiale, rimanendo in Firenze anche se molto spesso isolata dalle altre fraternità delle suore delle Suore della Sacra Famiglia. Nei nostri archivi abbiamo trovato una serie di lettere che proprio nei mesi del conflitto bellico sono state scritte da suor Benedetta alla Madre Generale della Congregazione, che si trovava a Cesena, e di cui spesso, per lunghi mesi, non avevano notizie.

In queste lettere si parla di privazioni, pericoli, angustie, ma non si fa cenno ad accoglienza di persone ebree, anche perché la corrispondenza poteva cadere in cattive mani e portare alla denuncia e all’arresto delle sorelle. In una lettera del 23 maggio del 1945 scrive: “In questa terribile guerra tutte abbiamo lavorato per il bene di tante persone che non si conoscevano nemmeno”.

Dunque, da quello che viene raccontato, suor Benedetta e la comunità, senza rendere pubblica la cosa, anzi nel più totale segreto e silenzio, persino con i superiori, hanno aperto le porte alle famiglie ebree che, rimanendo in Firenze, cercavano di non farsi catturare e deportare. Non si è trattato di numeri elevati di persone, ma due o tre famiglie per volta, per non destare sospetti, con documenti falsi per nascondere le origini ebraiche e “confondendo” queste accoglienze con altri pensionanti, forse sfollati per mancanza di casa a causa dei bombardamenti oppure giovani accolte con il programma “Protezione della giovane”, o giovani studentesse.

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