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Forum a Davos. I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri

Scrive il lettore Pietro Pierantoni: "Risulta difficile pensare che chi detiene l’influenza per mantenere lo status quo si adoperi in concreto per migliorare la condizione degli indigenti e della maggior parte della popolazione"

Immagine Pixabay

Caro direttore, ieri è iniziata l’edizione 2023 del “World Economic Forum” di Davos. Un appuntamento a cui presenzieranno ben 2.700 persone tra leader di aziende, movimenti e capi di stato.

Ogni anno l’establishment internazionale si raccoglie nella cittadina svizzera per dialogare e cercare spunti di riflessione per tentare di risolvere le questioni più urgenti, che interessano il panorama mondiale. Tra gli stessi obiettivi del “World Economic Forum” vi è quello di «impegnarsi a migliorare le condizioni del mondo».

Ora, un

Se guardiamo alla situazione degli ultimi anni, degli 8 miliardi di abitanti, che popolano il nostro pianeta, ben un miliardo di persone vive una condizione di povertà assoluta. Situazione che non accenna ad arrestarsi.

Se diamo un’occhiata al panorama italiano, è recente la notizia fondata su dati Istat – l’Istituto nazionale di statistica – per cui sul territorio nazionale ci sono circa 100 mila persone senza tetto e senza fissa dimora. Di pochi mesi fa anche il rapporto della Caritas su povertà ed esclusione sociale che ha evidenziato il fatto che 5 milioni e 571 mila persone non dispongono dei mezzi sufficienti per condurre un’esistenza dignitosa. Dati che gridano giustizia e che non sono tollerabili in un paese che si definisca civile.

Questo scenario è ancora più sconfortante se si pensa che dall’altra parte vi è l’1 per cento della popolazione mondiale che detiene il 45,6% dei patrimoni (Wealth report 2022 di Credit Suisse). Numeri che vengono messi in risalto anche dall’ultimo rapporto Oxfam, dal titolo esplicativo La disuguaglianza non conosce crisi. Secondo la ricerca pubblicata in contemporanea con l’inizio del Forum economico di Davos, nel solo biennio 2020-2021 il valore patrimoniale dell’1% più ricco è lievitato di 26.000 miliardi di dollari.

Tutto ciò è frutto del modello economico capitalista, incentrato sull’imperialismo internazionale del denaro (Lett. enc. Quadragesimo Anno), che non lascia spazio a visioni alternative. È quanto sostenuto anche dall’economista indo-britannico Raj Patel in un’intervista rilasciata al settimanale l’“Espresso”: «Se la tua visione del mondo si basa sulla moderazione del consumo del mondo naturale o su idee di reciprocità e rispetto, non si possono fare soldi: quelle idee [allora] vanno eliminate».

In questo scenario è la politica che deve giocare un ruolo centrale, intervenendo concretamente nel porre un freno alle disuguaglianze crescenti e garantendo una redistribuzione equa delle risorse. Ad oggi sono troppe le persone che non si sentono più rappresentate dalla classe politica perché fattivamente la politica non ha saputo far fronte ai reali bisogni della gente e non ha saputo contrastare l’aggravarsi delle disparità sociali. Come dichiara anche la direttrice esecutiva di Oxfam International, Gabriela Bucher, è urgente reimpostare il sistema fiscale, rendendolo più equo, «a partire da un maggiore prelievo sugli individui più facoltosi. […] Un’imposta del 5% sui grandi patrimoni potrebbe generare, per i Paesi riscossori, risorse da riallocare per obiettivi di lotta alla povertà a livello globale affrancando dalla povertà fino a 2 miliardi di persone».

Per questo serve coraggio, il coraggio del cambiamento del quale dev’essere intrisa la politica e ogni ambito della società per il perseguimento del bene comune.

Pietro Pierantoni

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