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Lettera sulla guerra: "Non si può essere testimoni inerti di tanto orrore"

"Ognuno di noi cerca la pace. Ma la pace non c’è. Dopo una sciagura un’altra sciagura: la guerra - scrive una lettrice cesenate -. Ci siamo chiesti: cosa possiamo offrire ancora? Una casa. E ringraziamo nostro padre che ci ha insegnato la carità"

Profughi in fila. Foto chiesa greco-cattolica ucraina

Caro direttore, ti scrivo perché sei un amico e perché me lo chiedi dopo avermi ascoltato, ma non mettere nessun nome. La carità si fa in silenzio.

Ognuno di noi cerca di stare bene. In famiglia, sul lavoro, con gli amici. Abbiamo bisogno di stare bene. Sono stati anni difficili sotto tutti i punti di vista. Ognuno di noi cerca la pace. Ma la pace non c’è. Dopo una sciagura, un’altra sciagura: la guerra.

Eccoci allora incollati alla televisione, testimoni di scene orribili. Persone che muoiono, che scappano, che lasciano una vita dietro di loro in cerca di salvezza. Non si può essere testimoni inerti di tanto orrore. Ed ecco un'enorme catena di solidarietà: ho visto file di persone offrire generi di ogni tipo. Ho visto un’anziana signora solita a chiedere la carità offrire un pacco di biscotti. Non si può non fare nulla. La carità è preziosa e indispensabile.

Ecco che allora, dopo aver comprato ogni genere di bene per quelle povere persone, la mia famiglia si è chiesta: cosa possiamo offrire ancora? Un bene che non hanno più. Una casa. Ospitiamo due giovani madri con le loro figlie, bambine. Abbiamo offerto loro un posto sicuro, dove possono vedere le bimbe serene, possono pregare per i loro mariti rimasti a combattere, e possono sperare di tornare presto a casa loro. 

Questo ci fa stare meglio. E ringraziamo nostro padre che ci ha insegnato la carità.

Lettera firmata - Cesena

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