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Lutto nel clero

"Ricordo le poche parole, ma i tanti sorrisi"

Da Gambettola, un ricordo di don Claudio Turci

Don Claudio Turci

Non mi è difficile “improvvisare” questo pensiero, semmai è la circostanza che rende difficile queste righe.

Ricordo bene quando arrivasti a Gambettola, per noi poco più che adolescenti, il parroco era l’arciprete, “e pritoun”, e all’inizio sembrò difficile pensare che quel posto potesse prenderlo un altro, poi noi gambettolesi poco e molto, allo stesso tempo, diffidenti ai cambiamenti ci siamo facilmente affezionati e ci siamo fatti prendere da questa nuova guida.

Il tuo fare discreto, sornione ma allo stesso tempo determinato, portò tanti cambiamenti nella nostra comunità, sia più tangibili come il rinnovamento della chiesa, della Casa del ragazzo, la creazione del Circolo, ma anche quelli meno tangibili e forse più importanti come la pastorale fatta attraverso l’Azione Cattolica o i centri estivi, che per noi erano assolutamente tutte esperienze nuove, o i campi estivi, dove quando si presentava la necessità, ci accompagnavi molto volentieri. Abbiamo vissuto gli anni più belli della nostra gioventù, spensierati e pieni di vita tra quelle mura e tu Don, come guida, dietro o meglio davanti, sempre pronto a scherzare con noi.

Ricordo le telefonate, “pronto sono don Claudio”, poi il silenzio che molte volte ci faceva desistere o pensare bene a cosa chiedere.
Ricordo le pizzate pagate agli educatori, che per noi era ricompensa generosa e finalmente riconosciuta del nostro impegno.
Ricordo le poche parole, ma i tanti sorrisi
Ricordo i campi scuola, i calzoni corti, gli scarponi e i calzettoni.
Ricordo l’Irma, le sue carezze, e quando al nome di Samuele si illuminava e mi raccontava del suo grande nipote.
Ricordo anche i momenti difficili, alcuni “scontri”, ma anche quelli sono stati insegnamenti e passi importanti nella fede.

Infine ricordo un ultimo sorriso arrivato nonostante le mascherine, tra ottobre e novembre in un’assolata mattina di autunno lungo le strade di Cesena. Ti avevo raccontato dell’arrivo dell’Agata e, come sempre, prima di salutarmi, mi avevi invitato a passare da te a prendere le riviste “I luoghi dell’infinito” che da anni mi tenevi da parte tutti i sabati.

E sì Don, ora ti tocca ancor di più ricordarti di noi, delle tue comunità. Ora che in quei luoghi “infiniti” sei andato a stare abbi cura della nostra sete di infinito. Aiuta la tua Chiesa, i suoi pastori, a esserci vicini, come tu hai fatto, ai giovani, alla loro importante e preziosa sete di infinito, perché più che mai ne sentiamo e ne abbiamo bisogno.

Samuele

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