Don Bruno Bignami (Cei) in seminario: “L’appartenenza cristiana venga prima di quella politica”

Alla Scuola diocesana il saluto del vescovo don Pino: "In politica riscoprire dialogo e rispetto"

Don Bruno Bignami e il vescovo Caiazzo

Sguardo, parola e fraternità. Da qui deve ripartire la partecipazione, soprattutto dei cattolici, alla vita democratica che, come rileva papa Francesco, “non gode di buona salute”.

A Cesena il direttore nazionale dell’ufficio Cei

Ne è convinto don Bruno Bignami, sacerdote della diocesi di Cremona e docente di teologia morale, intervenuto venerdì sera, in seminario a Cesena, al secondo incontro della Scuola di dottrina sociale della Chiesa, promosso dalla Commissione diocesana Gaudium et spes per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace, la salvaguardia del Creato, in collaborazione con l’associazione “Benigno Zaccagnini”, l’Azione Cattolica Cesena-Sarsina e Agesci. Don Bignami dal 2018 è direttore nazionale dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali, direttore anche dell’Apostolato del mare e postulatore della causa di beatificazione di don Primo Mazzolari. A Cesena ha proposto una serata sul tema “Le parole della buona politica”.

Il vescovo don Pino: “Politica arrogante, manca il rispetto”

L’incontro è stato introdotto dall’arcivescovo Antonio Giuseppe Caiazzo, intervenuto per un breve saluto. “Oggi – ha detto il presule – manca la capacità di dialogare. I dibattiti politici non sono più tali: sono litigi, accuse. La dialettica politica, con il suo rispetto per l’altro, non esiste più. La corsa sembra più a ottenere consensi che a servire l’uomo e il territorio che abita”. Per monsignor Caiazzo, invece, è importante essere capaci di “stare uno di fronte all’altro, seppure su posizioni diverse, e di sapersi rispettare. Quando viene a mancare il rispetto, viene fuori l’arroganza. L’arroganza crea prepotenza e la prepotenza crea divisione, che significa guerra. Lo vediamo a tutti i livelli“. Il vescovo ha quindi lodato momenti come la Scuola di dottrina sociale che, “anche se non frequentati da tantissime persone, sono importanti perché mettono in evidenza quello che Gesù dice: “Voi siete il sale della terra, la luce del mondo, il lievito che fa fermentare la massa”. È importante che ci siano persone che credano nella buona politica, capace di tracciare strade nuove e arare terre dove poter seminare il seme buono che poi germoglierà”.

Don Bruno Bignami e il vescovo Caiazzo

Mattarella e papa Francesco alle Settimane sociali

La riflessione di don Bruno Bignami è partita dalle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di papa Francesco, rispettivamente in apertura e in chiusura delle Settimane sociali di Trieste, lo scorso luglio, sul tema “Al cuore della democrazia”. Il capo dello Stato, ha ricordato il sacerdote, ha messo in guardia dagli “analfabeti di democrazia”, per cui è necessario “un alfabeto, un linguaggio comune”. Il Pontefice poi ha sottolineato che “la democrazia non gode di buona salute”, riscontrando “scarto nella partecipazione, assistenzialismo, corruzione e illegalità”.

Lo sguardo di Dio e di Mosè

Per don Bruno Bignami in democrazia “serve un alfabeto di tre parole”. Innanzitutto lo sguardo: “capire a chi vogliamo rivolgerci, quali sono le priorità”. Richiamando la “vocazione politica di Mosè“, il relatore ha ricostruito i passaggi attraverso i quali il grande profeta e condottiero è arrivato ad “assumere gli occhi di Dio e non i suoi nell’osservare la storia: lo sguardo di Dio è per il popolo oppresso, mentre tutti guardano dall’altra parte”.

“Chi è di parole e chi di parola”

Dopo lo sguardo, la parola. “Può essere usata come arma – ha ricordato don Bignami – non per creare ponti, ma per distanziarci, una parola che demolisce e non costruisce“. Richiamando il prologo del Vangelo di Giovanni, in cui si sottolinea che la Parola di Dio, il “Logos”, si fa carne, il relatore ha ricordato che spesso la politica è fatta di “parole al vento, senza contatto con la realtà. La promessa elettorale non mantenuta è svilita e svilisce chi la pronuncia“. La parola poi “dice la qualità umana di chi la usa”, il riferimento esplicito al presidente Usa Trump, e il “legame tra parola e realtà è la misura autentica della politica”, per cui, fra i politici c’è “chi è di parole e chi di parola”.

“Fratelli tutti”

Terzo termine del vocabolario suggerito da don Bruno Bignami: la fraternità. Citando il capitolo 5 della Fratelli tutti di papa Francesco, il sacerdote ha indicato “la fraternità come paradigma con cui leggere la politica”. Con riferimento all’attualità, ha quindi sottolineato che “i problemi sociali, in quanto propri della società, chiedono una rete di competenze ed energie, non un leader forte. Tessere reti, tenere insieme la comunità è essenziale”. Da qui papa Francesco critica due atteggiamenti: “il populismo, che strumentalizza il popolo per creare consenso” e “il liberalismo, che è la somma degli interessi personali e non lascia posto a tutti”. Per Bergoglio, in definitiva, “la virtù della politica deve essere la tenerezza, non la forza. Se si tocca il cuore delle persone, allora si risolvono i problemi”.

Don Bruno Bignami introduce alle “parole della buona politica”

Martini e Anselmi: impegnarsi per migliorare le cose

Da don Bignami il richiamo a tre esperienze concrete per smuovere la partecipazione in ambito politico. La prima è quella di persone come Maria Eletta Martini e Tina Ansiemi che hanno iniziato a impegnarsi, giovanissime, dopo aver assistito a fucilazioni di preti e partigiani durante il secondo conflitto mondiale. “Anche oggi – ha detto il relatore – se le cose vanno male, io posso fare qualcosa. Non ci sto e mi impegno affinché ci sia un cambiamento. Non rifiuto la realtà come un leone da tastiera con il fucile puntato, ma mi metto in moto”.

La Pira e la vocazione dei territori

Poi l’esempio di Giorgio La Pira, storico sindaco di Firenze e deputato Dc, dichiarato venerabile da papa Francesco. “La Pira – ha rilevato don Bignami – ha capito che c’è una vocazione dei territori, non solo delle persone. Firenze, nello specifico, ha una vocazione unica che altri posti non hanno”. Da qui “il politico deve mettersi a servizio della vocazione del territorio. A volte, vengono fatte scelte opposte a questa vocazione e quel territorio finisce in nulla. Bisogna sempre chiedersi cosa rende unico un territorio e operare in quella direzione”.

Don Mazzolari e l’alto della politica

Terza esperienza, l’alto della politica. “La fede cristiana – ha ricordato don Bruno Bignami – ci dice che la politica è importante ma non è tutto. Quando è totalizzante, è ideologia”. Da qui le parole di don Primo Mazzolari: “Non a destra, non a sinistra, non al centro, ma in alto“. Per il sacerdote “i partiti sono vie, non sono il fine, che è il bene comune. Devono esserci spazi di libertà d’animo e spirito critico dentro gli schieramenti. Le segreterie non possono scegliere i candidati in merito alla fedeltà al capo. C’è un problema serio di ricambio generazionale“. In merito ai cattolici divisi nei vari schieramenti, per don Bignami, “purtroppo l’appartenenza politica viene spesso prima di quella cristiana. Il politico dice non quello che pensa ma quello che deve dire. La politica deve essere libertà, non ideologia”.

Don Bruno Bignami in seminario a Cesena

“Percorrere le correnti profonde, non quelle superficiali”

Ritornando alla Fratelli tutti, don Bignami ha richiamato le domande che si fa papa Francesco: “Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?”. La direzione, quindi, “non è quella della costruzione del consenso, ma del servizio“. Serve “il protagonismo delle persone, in particolare dei giovani, altrimenti la democrazia si atrofizza”. Sono necessari, per dirla ancora con Bergoglio, “poeti sociali”. In questo i cristiani, richiamando di nuovo La Pira, “devono individuare le correnti profonde che governano il moto delle acque, non fermarsi alla superficie“. In altri termini, devono essere “bravi sub che stanno in profondità e non surfer che non vedono ciò che avviene nel profondo”.