“Egli è la nostra speranza”: mostra di icone a Sarsina

La bellezza come strumento di fede. Questa mattina nella basilica concattedrale la presentazione con il vescovo Caiazzo, don Busi e le iconografe. "Un percorso. Un incontro. Un cammino di conversione"

La mostra è allestita al Museo di Arte Sacra, accanto alla basilica concattedrale di Sarsina. È aperta tutti i giorni fino al 26 ottobre

È visitabile da oggi, sabato, 11 ottobre la mostra di icone “Egli è la nostra speranza”, ospitata nel Museo d’Arte Sacra a Sarsina, aperta tutti i giorni, domeniche comprese dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17. Fino al 26 ottobre

La bellezza è strumento di fede

Nessuna religione ha espresso tanta bellezza come quella cristiana. La bellezza più di altri è lo strumento delle fede perché nel modo in cui si manifesta c’è la concretezza che Dio c’è. Questo, in sintesi, quanto emerso dai vari interventi che si sono succeduti questa mattina nella basilica concattedrale di Sarsina, in occasione della presentazione della mostra.

Don Tonelli: “L’icona ci obbliga a stare in contemplazione” 

Ha fatto gli onori di casa don Rudy Tonelli, parroco di Sarsina, che ha sottolineato come “la mostra ci porti in una dimensione della vita più bella, più vera. L’icona ci obbliga a stare fermi in contemplazione, a cogliere quella luce divina che ci nutre il cuore. L’icona è un’esperienza di contemplazione dove Dio svela qualcosa di sé. Il rischio è quello del ‘mordi e fuggi’, di essere solo sfiorati dal Mistero che da pienezza alla nostra vita”. Si tratta di opere recenti, frutto dell’attività di studenti-iconografi della scuola di Seriate (Bergamo). Sono rappresentate scene bibliche e volti sacri.

Il vescovo Caiazzo: “Riscopriamo la nostra fede attraverso l’arte delle icone”

Alla presentazione della mostra, pensata per l’anno giubilare, anche il vescovo di Cesena Sarsina Antonio Giuseppe Caiazzo: “Sono un amante delle icone – ha confessato il presule -. Mi ha sempre affascinato non solo guardarle, ma ‘leggerle’ perché ogni icona ha bisogno di essere capita, vissuta, incarnandone il messaggio che porta dentro. Dietro l’immagine vediamo una realtà viva, una presenza reale che mi accende la voglia di pregare. Riscopriamo la nostra fede anche attraverso l’arte delle icone”.

Don Busi: “La speranza è restare quando le cose diventano difficili”

Don Gianluca Busi di Bologna, col quale don Rudy ha condiviso la propria formazione di presbitero, iconografo, e vice assistente nazionale dell’associazione degli artisti cattolici (Ucai), è intervenuto sul tema “Iconografia della speranza nella chiesa antica”, un’introduzione alla spiegazione della mostra. Partendo dal concetto paolino secondo cui “la speranza è restare quando le cose diventano realmente difficili” ha compiuto un excursus storico proprio su come hanno interpretato questo concetto i primi cristiani fino all’arte michelangiolesca della cappella sistina.

“Un incontro personale con Gesù. Un lavoro, un percorso impegnativo, ma anche un cammino di conversione spirituale” 

Sono intervenute in collegamento da Mosca Giovanna Parravicini, della Scuola icone di Seriate (Bergamo) e Olga Shalamova, iconografa russa. “Tutto è nato dal desiderio di rispondere all’invito di papa Francesco di provare ad esprimere attraverso delle immagini la virtù cristiana della speranza”, ha spiegato la Parravicini. “Siamo partiti domandandoci cosa volesse dire rappresentare la speranza, che cosa potesse incarnare, cosa fosse. La risposta che ci siamo dati sta tutta nel titolo: ‘Egli è la nostra speranza’: Gesù Cristo è il vero autore della speranza. A ciascun autore la scelta di come rappresentarla. Per loro è stato come vivere un incontro personale con Gesù, è stato un lavoro, un percorso impegnativo, ma anche un cammino di conversione spirituale dove ciascun artista ha fatto emergere la propria idea di speranza”. Sulla stessa linea la Shalamova, che ha seguito il lavoro degli iconografi: “nell’icona al primo posto c’è Cristo. Hanno parlato di lui – ha detto -. La personalizzazione è la componente più importante nella pittura delle icone perché ognuno ci mette qualcosa di proprio. Da una parte c’è la fedeltà nell’interpretare la tradizione, ma anche la personalizzazione nel rappresentare l’immagine sacra”.             La contemplazione dell’icona come forma di preghiera potrebbe così diventare anche una forma di arte sacra permanente nelle nostre chiese.