Giovanni Maroni, una persona che “lasciava sempre qualcosa di buono”

Presentati in Malatestiana gli atti del convegno del 2023 sul professore cesenate, una figura che ha lasciato il segno a Cesena e in Romagna

Al tavolo dei relatori, da sinistra: monsignor Mario Toso, Daniele Vaienti, Piergiorgio Grassi, Damiano Zoffoli

«A sette anni dalla morte la figura di Giovanni Maroni è ancora attuale. Due anni fa organizzammo un convegno su di lui definendolo “Ricercatore di speranza”. E di speranza ne abbiamo più che mai bisogno in questo tempo». Così Damiano Zoffoli, presidente dell’associazione Zaccagnini di Cesena, ha introdotto sabato scorso in biblioteca Malatestiana la presentazione degli atti del convegno del 2023 sulla figura del professore cesenate, evento organizzato assieme all’Università della Terza Età di cui Maroni fu a lungo rettore.

«Ma l’Ute era solo una delle tante attività di Giovanni – ha aggiunto Daniele Vaienti, attuale presidente dell’Università della Terza età –. Pubblicando gli atti del convegno evitiamo che vadano disperse memorie e testimonianze».

I ricordi

Di una «persona serafica, che lasciava sempre qualcosa di buono, con la letizia dell’affidarsi alla Provvidenza» ha parlato Camillo Acerbi, non solo in veste di assessore comunale ma anche di «discepolo degli incontri di Giovanni e amico di famiglia: il mio babbo ne ha parlato e scritto sino all’ultimo giorno».

Piergiorgio Grassi, già docente di Filosofia della religione e di Sociologia della religione all’Università di Urbino, ha ricordato l’amicizia di lungo corso col professor Maroni: « ci siamo conosciuti nei primi anni 50, preistoria, ma il rapporto è rimasto intatto nel tempo. Nella sua formazione fu decisivo il Collegio Irnerio dell’Università di Bologna, dove si entrava per concorso. Era un luogo di grande confronto tra idee diverse. Direttore era Ezio Raimondi, grande italianista, che aveva appena scritto una monografia sul cesenate Renato Serra. Lì Giovanni Maroni maturò tre convinzioni che lo avrebbero accompagnato fino alla fine: vale la pena di restare nella grande tradizione della Chiesa; urge assumere una posizione etica, culturale e politica ben fondata; Cesena sarebbe stata il luogo del suo impegno lavorativo, sociale e politico. Per raggiungere questi obbiettivi, si misurò negli anni con il percorso dei cattolici italiani».

Nel tempo, l’apprezzamento per la figura di Maroni superò i confini cittadini: «Era uno storico che viveva in provincia ma non era affatto provinciale, inquadrava sempre la storia locale in un contesto più ampio. Per questo era apprezzato anche dagli studiosi di livello nazionale» ha concluso Grassi.

Fede e politica

Di seguito, il vescovo di Faenza-Modigliana, monsignor Mario Toso, ha tenuto un intervento su “La partecipazione nel tempo dell’intelligenza artificiale”. Un tema, hanno concordato tutti i presenti, che avrebbe interessato moltissimo il professor Maroni.

«Per Giovanni Maroni la democrazia, così come definita dalla Dottrina sociale della Chiesa, si può salvare con un humus di cristianesimo. Può tenersi in piedi solo grazie all’ispirazione etica alimentata dal cristianesimo. Ma questo può avvenire quando l’esperienza religiosa non è strumentalizzata o abbandonata, quando non c’è subordinazione al partito. Per Maroni l’esperienza religiosa non fu mai subalterna al potere politico: prima veniva sempre la Dottrina sociale della Chiesa».

Alla Settimana sociale di Trieste, nell’estate dello scorso anno, i cattolici si sono trovati nel nome della Dsc: «Post Trieste però – ha aggiunto monsignor Toso – le reti che sono nate hanno espunto dalla loro agenda tutti i temi sensibili: che cattolici sono mai questi? E anche in diversi vescovi, posso dirlo tranquillamente, si sono registrati degli sbandamenti».

Il vescovo di Faenza ha rivolto una tirata d’orecchi «ai tanti cattolici che si richiamano alla tradizione dei cattolici democratici ma che poi, trovandosi a convegno, pensano solo a riposizionarsi rispetto alla segreteria del proprio partito. Bisogna tornare a essere fedeli a noi stessi, alle nostre radici». Come guida sicura nell’attualità, per loro e per tutti, è stato indicato il magistero di papa Francesco, specie nell’ultima parte del suo pontificato.

Drammi del nostro tempo

In merito agli appelli lanciati dalle associazioni di categoria sui lavoratori “introvabili”, e le tante competenze mancanti, monsignor Toso ha richiamato il dramma demografico: «Ora anche la nostra Regione piange sui giovani che mancano, sui problemi di politica demografica, dopo aver ignorato per anni, persino in modo compiaciuto, tematiche che apparivano “fasciste” agli occhi di taluni».

Aggiungendo in modo provocatorio, ma assai realistico: «A chi mi chiede come risolvere il problema demografico io rispondo: “ma voi li fate i figli?”. In modo simile, per quanto riguarda le vocazioni, ho risposto a chi proponeva petizioni per evitare il trasferimento di una comunità di frati: “siete disposti, voi, a prendere i voti?”».

Il vescovo di Faenza ha richiamato poi la lettera di indizione del Giubileo “Spes non confundit” «piena di temi attuali, dalla Terza guerra mondiale a pezzi al capitalismo woke, fino all’indebolimento della multilateralità per legittimare i conflitti locali». Per monsignor Toso, i grandi organi internazionali sono stati svuotati tanto che ormai «le attuali istituzioni sovranazionali sono fonti di iniquità. L’ordinamento internazionale e lo Stato di diritto sono ormai carta straccia, basti osservare quel che accade in Terra Santa. Bisogna fare qualcosa, senza perdere la speranza».

In questo scenario desolante, per il vescovo di Faenza una fiammella di speranza è data, in Italia, dalla recente approvazione della legge sulla partecipazione dei lavoratori alle imprese: «Un provvedimento storico, proposto dalla Cisl. Ora è urgente che ne seguano altri, dal riequilibrio della tassazione tra capitale e lavoro alla regolamentazione dei dati».

Intelligenza artificiale

Altre norme, assai urgenti, sono quelle che dovrebbero regolamentare l’Intelligenza artificiale: «Bisognerebbe farlo quanto prima, a livello mondiale, ma gli Stati Uniti e il Regno Unito si sono tirati fuori, al contrario di Unione europea e Italia».

Sull’intelligenza artificiale (IA), monsignor Toso ha richiamato in toto la nota “Antiqua et Nova”, preparata in Vaticano dal Dicastero per la Dottrina della Fede e da quello per la Cultura e l’educazione, firmata da papa Francesco e presentata nel gennaio scorso.

Un testo incentrato sul rapporto tra IA e intelligenza umana: «Tocca moltissimi aspetti, dai diritti di chi usa l’intelligenza artificiale fino alla promozione del pensiero critico. Questo materiale, ne sono convinto, entrerà nel prossimo pronunciamento che farà sull’IA Leone XIV, proprio come papa Leone XIII a fine ‘800 fece con la questione operaia».

Idee e concretezza

In conclusione, il presidente della Zaccagnini ha ringraziato monsignor Toso per «aver messo il dito nella piaga. Oggi molti cattolici impegnati in politica sono confusi e smarriti – ha ammesso Zoffoli -. Il patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa esiste ma, mi chiedo, come viene digerito nelle parrocchie? Un tempo nelle comunità parrocchiali si parlava di politica, si spronava all’impegno, poi le porte delle parrocchie sono state chiuse. Si tratta di scelte pastorali, certo, ma su queste bisogna riflettere».

Tornando sulla figura di Giovanni Maroni, Zoffoli ha ricordato il suo impegno diretto con i giovani dell’Azione Cattolica per formarli, tramite “Città dell’Uomo” all’impegno diretto nella politica. Come uomo di pensiero e di azione: «Da due cose Giovanni non si separava mai: la bicicletta, con cui andava da un impegno all’altro in città, e la sua agenda, fitta di appuntamenti e appunti – ha concluso Zoffoli –. Un segno di come si possano tenere unite le idee e la concretezza».