Dal Mondo
Guerra a Gaza. Padre Ielpo,custode Terra Santa: “Restare è un forte appello alle coscienze”
Il cardinale Pizzaballa: “Trasferire le popolazioni è immorale"
“Come figli della Chiesa facciamo nostro l’ennesimo accorato appello alla pace lanciato da papa Leone XIV”, che “invoca un cessate il fuoco, una tregua che consenta un intervento umanitario che ridoni respiro alla popolazione civile provata da quasi due anni di guerra”.
L’appello del Papa
Il custode di Terra Santa, padre Francesco Ielpo, commenta così all’agenzia Sir l’appello del Santo Padre, ieri all’udienza generale (vedi notizia al link sotto), e il messaggio congiunto con il quale i patriarchi, il latino, cardinale Pierbattista Pizzaballa, e il greco-ortodosso, Teofilo III, hanno annunciato la decisione che il clero, i religiosi e le religiose non lasceranno Gaza per restare al fianco della popolazione e degli sfollati ospitati nelle rispettive parrocchie.
Appello all’umano
“Continuiamo a pregare perché torni la giustizia, perché gli ostaggi vengano rilasciati, perché questo virus dell’odio non si sparga ancora di più”, spiega il custode consapevole che, se da un lato “questi appelli rischiano di cadere nel vuoto e soprattutto nell’indifferenza dei potenti”, dall’altro “potrebbero smuovere le coscienze di tanta gente di buona volontà sempre più decisa a chiedere il rispetto dei diritti umani e della dignità umana”. Ma, aggiunge: “dobbiamo essere liberi dall’esito, dal risultato. Il richiamo alla pace, alla giustizia, al restare umani, potrebbe anche non sortire gli effetti sperati ma è un dovere morale alzare la nostra voce per chiederne il rispetto. Continueremo per questo a interpellare le coscienze perché è la coscienza profonda che ci fa riconoscere che siamo esseri umani”.
“Restare a Gaza: segnale forte della Chiesa”
“Sono 800 anni – ricorda padre Ielpo – che la Custodia di Terra Santa testimonia che esiste un’altra via per arrivare alla pace e alla sicurezza che sono diritti di tutti i popoli, che non è quella della guerra. È la strada del dialogo, della fraternità e dell’umanizzazione” come insegna Francesco d’Assisi. Da qui trae origine il contributo fattivo della Custodia alla ricerca della pace e della convivenza: “Il primo e fondamentale contributo – sottolinea il custode – è quello della presenza, dell’esserci, come testimoniato dalla decisione del clero di Gaza di restare al fianco della popolazione. Restare è anche quello che la Custodia fa da otto secoli in Terra Santa. È commovente sapere che quei sacerdoti, quelle religiose, rimarranno a Gaza anche a costo della vita. Il senso profondo della missione della Chiesa è restare accanto ai più deboli, ai più poveri e ai più vulnerabili. La loro scelta parla alle coscienze. Restare a Gaza è il segnale più forte che la Chiesa potesse dare in un momento come questo. La loro presenza, così come quella di tanti altri sacerdoti, frati, religiosi e religiose, in contesti di minacce e di guerra, vale più di qualsiasi appello”. Persone, conclude, che, “come spesso accaduto nella storia della Chiesa, diventano salvezza per un popolo”.
A Gaza “situazione molto grave”
“La situazione che si sta vivendo oggi a Gaza è molto grave. La parte sud della città è stata quasi completamente rasa al suolo, al nord l’80 per cento è distrutto. Manca il cibo. Inoltre, e non ne parla nessuno, per il terzo anno i bambini non potranno andare scuola. Non arrivano le medicine: senza antibiotici è complicato curare i feriti. Molti vivono nelle tende, senza nulla, senza privacy”. Lo ha raccontato ieri sera, 27 agosto, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, intervenendo in diretta via streaming a un incontro svoltosi nella chiesa del Carmine a Pavia. A riportare la notizia è il settimanale diocesano “Il Ticino”.
“Azioni contrarie alle convenzioni internazionali”
“La gente si sente perduta – ha aggiunto il patriarca – non c’è una strategia di uscita. Si vuole distruggere Hamas: ma si potrà al limite distruggere l’attuale dirigenza, non l’ideologia che la sostiene. Trasferire le popolazioni, come si vuol fare a Gaza, è immorale, oltre che contrario alle convenzioni internazionali”. “Queste situazioni hanno un grande impatto sulla vita della gente – ha aggiunto il cardinale -. Sono stato tre volte a Gaza dall’inizio delle guerra e l’ultima è stata la più complicata. Le persone con il passare del tempo perdono la speranza, c’é un grande senso di disorientamento. Per me e per la mia comunità é importante avere uno sguardo di fede su ciò che sta accadendo, non ci si può limitare alla cronaca di quello succede. La fine della guerra non sarà la fine del conflitto: noi dobbiamo fare tutto il possibile per tenere viva l’umanità”.
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