Il vescovo alla marcia della pace: “Abbiamo bisogno di potare il nostro cuore”

"Tagliare dal nostro cuore l'egoismo, la superbia, l'autosufficienza e il disprezzo per gli altri", ha spiegato monsignor Regattieri dopo aver ascoltato due testimonianze in Cattedrale. Una di preghiera per i cristiani perseguitati (Comitati Nazarat), l'altra di recupero delle persone recluse grazie alla Papa Giovanni XXIII. La fotogallery

La marcia della pace odierna sfila per il centro cittadino, a Cesena. Foto di Pier Giorgio Marini
La marcia della pace odierna sfila per il centro cittadino, a Cesena. Foto di Pier Giorgio Marini

Almeno 500-600 persone si sono mosse oggi pomeriggio per il tradizionale appuntamento promosso dalla Diocesi. Il corteo ha sfilato dalla chiesa di San Domenico fino alla Cattedrale.

Il corteo con in testa monsignor Regattieri

Tanta gente, come da tradizione, alla Marcia della pace promossa dalla Diocesi, in occasione della Giornata mondiale dedicata alla pace, nella solennità della festa di Maria Madre di Dio. Sono state almeno 500-600 le persone che si sono mosse in corteo con davanti il vescovo, monsignor Douglas Regattieri. Con lui il vicario generale, monsignor Pier Giulio Diaco, e il vicario episcopale per la pastorale, monsignor Walter Amaducci. Tra la folla, in privato, il vicesindaco Christian Castorri e l’assessore al bilancio e alla cultura, Camillo Acerbi. Da notare anche la presenza del cesenate Marco Alberti, dai prossimi giorni di inizio anno nuovo ambasciatore d’Italia in Albania, nuova destinazione dopo quella in Kazakistan, il grande Paese dell’Asia centrale.

Sono ancora tanti i cristiani perseguitati

Durante il tragitto è stato letto il messaggio di papa Francesco, “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”, distribuito a tutti al termine del gesto pubblico. In Cattedrale sono state ascoltate due testimonianze. La prima, quella proposta da Marco Ferrini di Rimini, promotore della preghiera per i cristiani perseguitati che si tiene in maniera ininterrotta dal 20 agosto 2014 in diverse città in Italia e fondatore dei comitati Nazarat.

“Questo momento di preghiera – ha sottolineato Ferrini – si tiene anche a Cesena da dieci anni. Ci mise in moto l’invasione di Mosul che tutti ricordiamo, nel 2014. Allora come oggi, l’ha ricordato anche nel giorno di Santo Stefano papa Francesco, sono molti gli uomini e le donne perseguitati a motivo del Vangelo”. Ferrini ha richiamo più volte Francesco e ha fatto memoria anche di quanto disse madre Teresa di Calcutta nel 1979 quando le fu assegnato il premio Nobel, a proposito dell’aborto: milioni muoiono per volere della madre. Ci vuole poco che io uccida te e tu uccida me”. Ferrini l’ha ricordato a proposito delle tre azioni chieste da papa Francesco nel messaggio di quest’anno: la riduzione del debito internazionale che pesa sul destino di molte Nazioni. La seconda, “un impegno fermo a promuovere il rispetto della dignità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale”. Terzo: utilizzare un percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un fondo mondiale che elimini in maniera definitiva la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative.

Vogliamo essere una Chiesa in uscita, come chiede papa Francesco

“Il Papa richiama alle proprie responsabilità”, ha proseguito Ferrini, davanti anche sfide sistemiche di questi anni: le migrazioni, il degrado ambientale, per esempio, di fronte alle quali “occorre un cambiamento culturale”. Quindi Ferrini ha usato ancora un’espressione di papa Francesco: una Chiesa senza martiri è una Chiesa senza Gesù. Ed è andato in prestito anche di una citazione di Tertulliano: “Il sangue dei martiri è il seme di nuovi cristiani”.

“Noi andiamo in piazza e non stiamo nelle chiese – ha aggiunto Ferrini – perché vogliamo essere una Chiesa in uscita come chiede papa Francesco. E ci andiamo con il simbolo della n araba, quella con cui vennero marchiate le case dei cristiani nella piana di Ninive”, che poi ha concluso con uno sguardo sul nostro mondo: “In occidente i cristiani sono perseguitati da un clima culturale ostile”.

Le Comunità educanti con i carcerati

Di disinformazione e di recidiva per chi entra in carcere ha parlato Giorgio Pieri, responsabile per la Comunità papa Giovanni XXIII dei Cec, le Comunità educanti con i carcerati. “Con e non per”, ha messo in evidenza Pieri che ha ricordato i 90 suicidi del 2024 dietro le sbarre, più sette tra i membri della Polizia penitenziaria. “L’uomo non è il suo errore – ha proseguito Pieri – ricordando una frase cara al fondatore don Oreste Benzi -. Non si combatte il male con il male. Ho visto la porta girevole del carcere, gente che esce e rientra. Siamo al 70 per cento di recidiva, senza contare quelli che la fanno franca. Da noi siamo al 12 per cento”.

“Non c’è santo senza passato e non c’è peccatore senza futuro”

In che modo si può riuscire in questo cambiamento? La ricetta, per Pieri, è la relazione, riattivare i desideri buoni che sono in ogni persona. “Occorre passare dalla logica del profitto a quella dell’altrocentrismo. Allora è anche possibili vedere un mafioso che piange”. Insiste Pieri: invece dell’individualismo e del singolismo, dobbiamo passare a costruire comunità. A Rimini sono con noi 70 persone, in tre case, con 40 volontari”. In questo modo si può dire che “la pace si raggiunge assieme. Con la costruzione della famiglia, con un lavoro dignitoso. E imparando a perdonare. per questo ci vogliono scuole di perdono”. Sì, perché i detenuti “sono ammalati da curare in ospedali da campo. E il loro medico è Gesù. Non occorrono psicologi, ma comunità“.

Infine un’altra citazione: “Non c’è santo senza passato e non c’è peccatore senza futuro”. Un’altra possibilità c’è sempre per tutti. Basta saperla offrire.

Il vescovo Douglas: l’importanza della preghiera e di luoghi di accoglienza

Nel chiudere il pomeriggio, il vescovo Douglas non ha letto quanto preparato (il testo verrà pubblicato su questo sito). Si è limitato a sottolineare, dalle due esperienze appena ascoltate, l’importanza della preghiera, della prima, e di luoghi di accoglienza, della seconda. Infine ha posto l’attenzione sulla necessità di “potare il nostro cuore dall’egoismo, dalla superbia, dall’autosufficienza e dal disprezzo per gli altri”.


Di seguito, la fotogallery a cura di Pier Giorgio Marini.

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