Il vescovo don Pino al Santuario di Longiano: “La croce è strumento di salvezza, non un ornamento”

In tanti ieri sera al pellegrinaggio di quaresima per le zone pastorali Urbana e Rubicone-Rigossa. Il presule: "Qui il primo invito dopo la nomina". La fotogallery

Il vescovo don Pino davanti al Santissimo Crocifisso di Longiano

Santuario del Santissimo Crocifisso di Longiano gremito, ieri sera, per l’ultimo dei pellegrinaggi nei venerdì di quaresima.

“Il primo invito dopo la nomina”

Il nuovo vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo ha presieduto per la prima volta l’Eucaristia nel Santuario francescano, in particolare per le zone pastorali Urbana e Rubicone-Rigossa. All’altare con lui vari sacerdoti e diaconi delle due zone. “Il primo invito che ho ricevuto, appena nominato, il 7 gennaio scorso, è stato di venire qui, questa sera, a Longiano”, ha rilevato il presule alla folta assemblea. L’arcivescovo tornerà al Santuario del Santissimo Crocifisso anche domani, domenica 13 aprile, alle 15,30, per un incontro nell’ambito dell’iniziativa “Deserto delle palme”, in preparazione alla Pasqua.

Due modi per “essere come Dio”

Nell’omelia, monsignor Caiazzo, ha proposto una riflessione sulla croce, a partire dal Vangelo del giorno (Giovanni 10, 31-42) in cui Gesù viene accusato di bestemmia dai Giudei “perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”.

“Oggi pomeriggio – ha premesso il presule – al centro educativo promosso a Cesena da “Il Pellicano” su iniziativa delle suore della Sacra Famiglia (vedi notizia al link sotto), ho incontrato una ragazza musulmana che mi ha chiesto che cosa mi rendesse particolarmente felice. La gioia più grande che avverto, le ho risposto, è soprattutto quella di essere cristiano“. Per il presule “l’essere cristiano comporta la consapevolezza di essere come Dio“. Tuttavia, ha ricordato il vescovo, “ci sono due modi per “essere dei”. C’è quello di mettersi al posto di Dio e agire come se Dio non ci fosse e c’è il modo di essere come Dio, nel momento in cui si opera, si parla e si agisce esattamente come Dio opera, parla e agisce“. La consapevolezza che “dentro di te porti quella presenza divina”, ha rimarcato monsignor Caiazzo, fa allargare gli orizzonti a tal punto che “non vedi solo quello che umanamente c’è da vedere, ma riesci, con gli occhi della fede, a vedere l’Altro e oltre“.

“Superstizione e fede non stanno insieme”

Il vescovo si è poi soffermato sul segno della croce: “indica in modo particolare che io appartengo a Cristo e alla Chiesa“. Da qui, le parole pronunciate da Gesù all’ultima cena, “Fate questo in memoria di me”, significano “vivere da Cristo che si spezza e si dona”. Per questo “essere cristiani non è un’etichetta”, ma la consapevolezza che “ogni nostra azione ha da Lui il suo inizio e il suo compimento”. Tornando alla croce, il presule ha constatato che “negli ultimi decenni, è diventata un ornamento che indossiamo. Non è più per tanti un segno di salvezza. Molti giocatori, per esempio, si fanno il segno della croce quando entrano in campo o fanno gol. Fai questo perché realmente ci credi o perché è un segno di superstizione?”, si è chiesto il presule ricordando che “superstizione e fede non stanno insieme”. Poi un esempio che ha attirato molti sorrisi: “Ci sono quelli che indossano il Crocifisso con accanto il cornetto. Chi è che mi salva, se non il Signore?”. Da qui la constatazione che “dal costato aperto del Crocifisso scaturisce la vita”.

Infine un richiamo all’attualità e all’“impotenza di fronte al dolore del mondo”, con la consapevolezza che “guardano il Crocifisso, che sembra la sconfitta di Dio, troviamo la forza di Dio che si è consegnato nelle mani dell’uomo e sconfigge la morte attraverso la Resurrezione. Guardano alla croce possiamo sentire questa forza d’amore che viene dal Divino nell’umano e che dall’umano torna, rivestito di Divino, a Dio stesso”.


Di seguito, la fotogallery della celebrazione di ieri sera.

IMG_4409