Il vescovo don Pino alla veglia Pasquale in Cattedrale: “Siamo guidati fuori dal buio”. Poi aggiunge: “Non si può…”

"Non possiamo pensare di scendere in piazza invocando la pace e diventare violenti; non si può trasformare un momento di festa e divertimento, qual è una partita di calcio, in una guerriglia urbana; non si può uccidere la donna che si è amata trasformando l’amore in possesso bruto e senz’anima; non si può violare l’innocenza di bambini che si fidano degli adulti; non si può…"

Nella foto di Pier Giorgio Marini, il fuoco all'inizio della veglia pasquale presieduta dall'arcivescovo Antonio Giuseppe Caiazzo, vescovo di Cesena-Sarsina
Nella foto di Pier Giorgio Marini, il fuoco all'inizio della veglia pasquale presieduta dall'arcivescovo Antonio Giuseppe Caiazzo, vescovo di Cesena-Sarsina

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il vescovo Antonio Giuseppe ha pronunciato poco fa in Cattedrale durante la Messa della veglia pasquale.

Il racconto della creazione

Carissimi, papa Benedetto XVI, parlando della Pasqua diceva: “La Pasqua è il giorno di una nuova creazione, ma proprio per questo la Chiesa comincia in tale giorno la liturgia con l’antica creazione, affinché impariamo a capire bene quella nuova. Perciò all’inizio della Liturgia della Parola nella Veglia pasquale c’è il racconto della creazione del mondo”.

Il primo giorno dopo il sabato

La nuova creazione inizia con il primo giorno dopo il sabato”, esattamente il giorno della risurrezione di Gesù. La nuova creazione richiama la prima notte della creazione, la buia notte del sacrificio di Isacco, l’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto, l’annuncio profetico della speranza, la notte futura e promessa di liberazione finale. Questa notte è la madre di tutte le veglie, in essa splende la luce: Cristo risorto che allontana le tenebre della paura e noi, camminando dietro a Lui con le lampade accese, veniamo guidati fuori dal buio per immergerci nella luce divina che indica la vita divina. È questo il senso più vero dell’Esodo che indica la via verso la liberazione, la rinascita, la risurrezione.

In questa notte rinunciamo a Satana

È la notte durante la quale rinneghiamo il male rinunciando a Satana, autore di ogni male presente nel cuore degli uomini e sulla terra. Ma è anche la notte durante la quale rinnoviamo le nostre promesse battesimali e tre catecumene, dopo un lungo cammino di discernimento, riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana: Neviana Cifti, Denisa Paco e Caroline Odazee, entrando così a far parte della nostra famiglia, popolo di Dio in cammino verso la casa del Padre (cfr pezzo al link qui sotto).

Questa notte ci richiama, attraverso i segni battesimali e in particolare il fonte battesimale, all’utero della Chiesa, al grembo dove è già in gestazione la rigenerazione del creato che viene partorito. C’è un pensiero di Benedetto XVI che mi piace riportare: “Che cosa intende dire con ciò il racconto della creazione? La luce rende possibile la vita. Rende possibile l’incontro. Rende possibile la comunicazione. Rende possibile la conoscenza, l’accesso alla realtà, alla verità. E rendendo possibile la conoscenza, rende possibile la libertà e il progresso. Il male si nasconde. La luce pertanto è anche espressione del bene che è luminosità e crea luminosità. È giorno in cui possiamo operare. Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell’amore. La materia prima  del mondo è buona, l’essere stesso è buono. E il male non proviene dall’essere che è creato da Dio, ma esiste solo in virtù della negazione. È il “no””.

La nostra vita è legata per sempre a Dio

          Sono i profeti che nella lunga liturgia della Parola di questa notte ci ricordano la cura e la paternità di Dio: “Metterò dentro di voi uno Spirito nuovo, sarete veramente il mio popolo e io sarò il vostro Dio”. E ancora: “Io sono il vostro Dio e voi siete il mio popolo”. Questa notte più che in altri momenti ci rendiamo conto di come la nostra vita è legata per sempre alla storia che Dio fa con noi. È un rapporto d’amore tra Padre e figli bisognosi di essere aiutati a camminare, a rialzarsi dalle cadute, a sanare ferite vecchie e nuove provocate da tante ingiustizie o da scelte sbagliate, a correre verso la meta per ottenere la corona di gloria.

Il vescovo don Pino mentre pronuncia l’omelia. Foto Pier Giorgio Marini

Dove andare? L’inizio di un mondo nuovo

          Ma dove bisogna andare? L’evangelista ci ha detto che le donne si recarono di buon mattino al sepolcro, lo trovarono aperto e vuoto, videro due angeli che dicevano loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto”. La tomba rappresenta la fine di tutto, la frantumazione di ogni sogno, il crollo di ogni progetto, la speranza sepolta. Tutto finisce. E invece per noi che siamo qui a celebrare questa veglia tutto comincia. È l’inizio di un mondo nuovo se anche noi, come le donne, di fronte alle tempeste delle guerre che continuano a seminare morte bombardando ospedali, gente inerme che si reca in chiesa per celebrare la domenica delle Palme usata come scudi umani, crediamo nell’impossibile: ogni tomba viene scoperchiata e la vita, vittoriosa, è capace di abbattere il muro dell’odio, della prevaricazione, della spartizione della terra. È quanto queste donne corrono ad annunciare ai discepoli chiusi nelle paure del cenacolo.

È quanto in particolare durante quest’anno giubilare siamo chiamati a vivere, così come ci ricorda Papa Francesco, nella Bolla di indizione: «Oltre ad attingere la speranza nella grazia di Dio, siamo chiamati a riscoprirla anche nei segni dei tempi che il Signore ci offre», scrive papa Francesco nel testo della Bolla. «Ma i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza» (n. 7).

Chi cercate?

          In un brano parallelo dell’evangelista Matteo l’angelo dice alle donne: Chi cercate? Gesù? No, non è qui. Andate dagli apostoli e dite che è risorto e vadano in Galilea, là li aspetta, là li vedrà. La Galilea di cui parla Matteo non è lontana da noi. Al tempo di Gesù era chiamata “Galilea delle genti” perché abitata dai “gentili”, pagani, non credenti, ma era anche una regione povera dove regnava il peccato, il malcostume, insomma non c’era Dio. Questa Galilea anche oggi è abitata da Gesù, ed è esattamente sulle strade di questo nostro mondo che bisogna cercarlo, dove si mostra vivo e risorto.

“Non si può…”

Diversamente non avrebbe senso celebrare il Giubileo della speranza e il cammino sinodale. C’è una Galilea che nel quotidiano chiede di ripristinare rapporti umani, incontri capaci di cedere il passo a quella fraternità che ci fa compiere gesti che mettono fine alle piccole guerre che albergano nel nostro cuore, a volte purtroppo, incominciando dalle nostre famiglie. Non possiamo pensare di scendere in piazza invocando la pace e diventare violenti; non si può trasformare un momento di festa e divertimento, qual è una partita di calcio, in una guerriglia urbana; non si può uccidere la donna che si è amata trasformando l’amore in possesso bruto e senz’anima; non si può violare l’innocenza di bambini che si fidano degli adulti; non si può…

Uscire dal buio della storia

In questa notte l’annuncio che risuona è proprio questo: uscire dal buio della storia ed entrare nella luce della vita che il Signore Gesù ha tracciato donandoci un cuore di carne e togliendoci il cuore di pietra, sempre più indurito a causa della cattiveria, della violenza, dell’intolleranza, delle discriminazioni e dai differenti populismi che tanto male e tante ferite procurano all’intera umanità.

Il Giubileo diventa per tutti un’occasione unica perché la speranza, che è desiderio e attesa del bene, non si riduca ad annuncio di quando tutto va bene, bensì annuncio di salvezza nel far risuonare la Parola: «la speranza non delude» (Rm 5,5)!

Non possiamo fare Pasqua se rimaniamo nella morte

Auguro a tutti, in particolare voi carissime Neviana, Denisa e Caroline, che state per ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana, diventando figlie di Dio, nostre sorelle ed entrando a far parte della grande famiglia della Chiesa, che si possa realizzare quanto papa Francesco dice in una sua riflessione: “Non possiamo fare Pasqua se continuiamo a rimanere nella morte; se restiamo prigionieri del passato; se nella vita non abbiamo il coraggio di lasciarci perdonare da Dio, che perdona tutto, il coraggio di cambiare, di rompere con le opere del male, di deciderci per Gesù e per il suo amore; se continuiamo a ridurre la fede a un amuleto, facendo di Dio un bel ricordo di tempi passati, invece che incontrarlo oggi come il Dio vivo che vuole trasformare noi e il mondo. Un cristianesimo che cerca il Signore tra i relitti del passato e lo rinchiude nel sepolcro dell’abitudine è un cristianesimo senza Pasqua. Ma il Signore è risorto! Non attardiamoci attorno ai sepolcri, ma andiamo a riscoprire Lui, il Vivente! E non abbiamo paura di cercarlo anche nel volto dei fratelli, nella storia di chi spera e di chi sogna, nel dolore di chi piange e soffre: Dio è lì”!

La Madonna del popolo ci indichi suo Figlio

La Madonna del Popolo, immagine e Madre della Chiesa, ci indichi e doni il Figlio, Gesù, perché dall’Eucaristia possiamo trarne quei frutti di vita eterna che già nell’oggi vita godiamo, senza far spegnere la speranza che arde nei nostri cuori.

San Mauro e San Vicinio ci sostengano accompagnino con la loro preghiera.

Amen


Di seguito, la fotogallery della celebrazione, a cura di Pier Giorgi Marini.

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