Diocesi
L’arcivescovo Caiazzo alla chiusura dell’anno giubilare: “Siamo Chiesa in cammino. Seguiamo i segni di Dio, come i pastori”
"Davanti a noi tante sfide pastorali, vecchie e nuove. Vogliamo rimanere pellegrini di speranza", le parole del presule
In una Cattedrale, a Cesena, gremita di fedeli, il vescovo di Cesena-Sarsina, l’arcivescovo Antonio Giuseppe Caiazzo, chiude l’anno giubilare. Con lui sull’altare concelebrano il vescovo emerito Douglas Regattieri, il padre abate dell’abbazia benedettina di Santa Maria del Monte Mauro Maccarinelli, numerosi sacerdoti, religiosi e diaconi. Cattedrale gremita. I canti sono eseguiti dalla corale Santa Cecilia diretta da Gianni Della Vittoria. Tra i fedeli, diverse anche le autorità civili e militari. Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata dall’arcivescovo Caiazzo.
Il saluto ai presenti, a cominciare dal vescovo emerito
Eccellenza reverendissima, monsignor Douglas Regattieri, padre abate Mauro Macchinelli, carissimi fratelli e sorelle provenienti dalle numerose parrocchie della nostra Diocesi di Cesena-Sarsina, a voi impegnati nei vari ambiti pastorali, a voi che state facendo un cammino di fede nei gruppi, nelle diverse associazioni, nei movimenti; a voi, carissimi religiosi/e, consacrati/e, carissimi diaconi e confratelli nel sacerdozio; a voi, carissime autorità civili e militari e imprenditori presenti, dico grazie per la vostra presenza e partecipazione.

Ci siamo sentiti abbracciati dall’amore di Dio
Oggi, ancora una volta, abbiamo attraversato la Porta della nostra basilica Cattedrale che ci richiama a quella Porta Santa aperta a Roma all’inizio del Giubileo da papa Francesco. Sicuramente, quanti l’abbiamo attraversata durante l’anno sia a Roma che in altri luoghi indicati, ci siamo sentiti abbracciati dall’amore di Dio, ben coscienti dei fiumi di grazia che durante tutto l’anno ci hanno ricolmato per mezzo della Chiesa.
Celebriamo la Santa Famiglia
Guardando la Madonna del Popolo, esprimiamo la nostra gioia nel magnificare il Signore insieme a lei. In questo clima natalizio oggi celebriamo la Santa Famiglia, una bella Dioincidenza, che simbolicamente ci fa chiudere la Porta Santa che milioni di pellegrini, provenienti da tutto il mondo, hanno varcato e che ora rimane salda nella nostra memoria come ricordo vivo perché manteniamo sempre aperta la porta del cuore, pronta alla riconciliazione e al perdono.
Chiamati a realizzare nuove strade di speranza
Il male nel mondo è sotto gli occhi di tutti, anche di chi non crede e gli attribuisce cause diverse. Sappiamo tutti che questo è il tempo in cui siamo chiamati a cercare e realizzare nuove strade di speranza. Nonostante noi, Dio continua a fidarsi di noi e ci chiede di essere portatori di pace, di giustizia, di fraternità, di comunione come risposta a tutto il male che continua a proliferare in tutti i continenti, seminando disperazione, disordine, odio.
La Grazia continui a scorrere
Il Cuore di Cristo, dal quale è scaturita la grande famiglia che è la Chiesa, rimane spalancato perché i fiumi di grazia, simboleggiati dal segno liturgico della stola che indossiamo noi sacerdoti, continuino a scorrere traboccanti e a risanare questo nostro tempo: il mondo ha bisogno di consolazione, di conforto, di amore, per essere risollevato dagli abissi dell’ingiustizia che semina desolazione e sangue innocente.
Dov’è tuo fratello?
La terra è ferita mortalmente! Le deportazioni, i respingimenti, le discriminazioni, l’accaparrarsi le terre rare sottraendole con la violenza a chi ci vive da sempre, le morti di stenti per mancanza di casa, di cibo, di caldo, le violenze che, quotidianamente si perpetrano sull’intero pianeta, ci interpellano attraverso il Dio della misericordia che ci cerca sempre e ci chiede conto della vita degli altri: “Dov’è tuo fratello”?
Non c’era posto per loro
La famiglia di Nazareth è costretta a uscire dalla sua terra, la Galilea, per essere respinta in Giudea: “Non c’era posto per loro”, dice l’evangelista e per questo motivo Maria partorisce Gesù nello squallore e nel freddo di una grotta di Betlemme. Ma da qui è costretta a scappare in Egitto perché il potere politico di Erode ha paura di quel bambino, vuole liberarsene nella maniera più feroce e per questo si macchia della strage di tanti innocenti, come di solito meditiamo il 28 dicembre.
Immigrati in terra straniera
Anche loro immigrati in terra straniera! Una storia che si ripete, per sfuggire a poteri dominanti che non consentono il più semplice ma il più imprescindibile dei diritti: vivere in libertà. Maria e Giuseppe, madre e padre putativo di Gesù, mettono a rischio la loro vita pur di difendere quella del Figlio. Ancora una volta vince la logica dell’amore per la vita e che Maria saprà accogliere ancora ai piedi della Croce: “lei ci ha partorito lì come tenera Madre della Chiesa che tutti desidera raccogliere sotto il suo manto. Ella sotto la croce ha visto il buon ladrone ricevere il perdono e ha preso il discepolo di Gesù come suo figlio. È la Madre di misericordia, a cui ci affidiamo: ogni nostra situazione, ogni nostra preghiera, rivolta ai suoi occhi misericordiosi, non resterà senza risposta” (papa Francesco).

Seguiamo i segni di Dio, come i pastori. Nuove sfide pastorali
Anche noi stasera, come Chiesa in cammino, seguiamo i segni di Dio, come i pastori, i Magi, ma soprattutto ascoltiamo la sua voce incarnata nella nostra carne. Percorrendo i sentieri che la vita ci pone davanti, riempiamoli di speranza, liberiamoli dalla paura e dallo sconforto che si insinuano in profondità nel cuore umano, rendendolo inerte. Le tante fragilità familiari, il crollo della celebrazione del sacramento del matrimonio, separazioni, divorzi e convivenze sono le nuove sfide pastorali in una società in cui prevale la cultura della precarietà e della provvisorietà, in cui si rimandano scelte impegnative che durino nel tempo.
Altre fragilità familiari. Tante solitudini
Ma ci sono altre fragilità familiari che insorgono di fronte alla necessità di assistere malati, minori e anziani, bisognosi di cure e di attenzioni particolari. Ho avuto modo di visitare e stare accanto alla sofferenza in questo tempo. Ho colto in ogni volto l’umanità ferita, bisognosa di cura fisica, ma soprattutto di calore umano, di vicinanza, di affetto. Le solitudini sono davvero tante e molto spesso sfuggono alla nostra attenzione.
Chiamati a essere pellegrini di speranza
La Famiglia di Nazareth ci insegna che siamo chiamati tutti, novelli discepoli, a farci pellegrini di speranza. Troviamo l’illuminazione e il coraggio proprio in questa Eucaristia. Il Verbo, che si è fatto carne, ci parla e ci chiama a nutrirci di Lui e ci invita a invocare l’amore dello Spirito Santo che ci permette di affrontare insieme le sfide del mondo. Il Giubileo, vissuto in un tempo di grandi cambiamenti, ci ha richiamato fortemente a rendere “visibili i segni della presenza e della vicinanza di Dio” (papa Francesco). È a partire dall’infanzia di Gesù che cogliamo come la vita continui a essere minacciata. Non è facile difenderla: anche oggi sono tante le minacce e le ostilità. In tutti i luoghi abitati da noi, ritroviamoci attorno all’annuncio della Parola di Dio che ci fa superare i legami di sangue, facendoci scoprire di essere la famiglia di Gesù che trova le sue fondamenta sul “fare la volontà di Dio” (cf Mt 12,46-50).
Prova di coraggio, umiltà e responsabilità
La fuga in Egitto diventa un atto di discernimento da parte di Maria e Giuseppe, su invito dell’Angelo del Signore, e quindi prova di coraggio, di umiltà ma anche di responsabilità. Giuseppe si trova coinvolto in una situazione in cui sente la responsabilità di proteggere Gesù e Maria. Papa Francesco, commentando questo brano diceva: “Nei passi di Giuseppe e Maria si nascondono tanti passi. Vediamo le orme di intere famiglie che oggi si vedono obbligate a partire. Vediamo le orme di milioni di persone che non scelgono di andarsene, ma che sono obbligate a separarsi dai loro cari, sono espulsi dalla loro terra. In molti casi questa partenza è carica di speranza, carica di futuro; in molti altri, questa partenza ha un nome solo: sopravvivenza. Sopravvivere agli Erode di turno che per imporre il loro potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcun problema a versare sangue innocente”.
Attraversare i luoghi di oggi
Anche noi, al termine di questo Giubileo, mentre si chiude la Porta Santa, siamo invitati, in quanto uomini e donne di oggi, credenti e non, nella diversità ministeriale e istituzionale, ad attraversare le porte che ci introducono nei luoghi che la storia ci riserva: sono i nostri luoghi, quelli che abitiamo tutti i giorni: case, chiese, caserme, palazzi comunali, aziende lavorative, ospedali e cliniche, scuole, case di riposo.
Le ideologie passano, Cristo rimane, sempre
La storia ci insegna che il potere di Erode come quello dei Romani è crollato, per quanto sia stato il più lungo. Le ideologie passano, le ere culturali si alternano in un crescendo di pensiero sempre più maturo, le bandiere e le alleanze politiche si moltiplicano e cambiano di continuo. Insomma: tutto passa! Panta rei, dicevano i Greci. Cristo resta perché è lo stesso “ieri, oggi e sempre”. Per noi credenti c’è sempre Gesù che è la Porta che ci fa entrare nel suo Regno. E noi intendiamo seguirlo nel quotidiano impegno che si rinnova e ci proietta con maggiore entusiasmo verso il futuro.
Rimanere pellegrini di speranza
Concludo con quanto pochi giorni fa ha detto Leone XIV: “il Giubileo volge al termine, non finisce però la speranza che questo Anno ci ha donato: rimarremo pellegrini di speranza! … senza speranza, siamo morti; con la speranza, veniamo alla luce…la speranza è generativa, non uccide ma fa nascere e rinascere. Questa è vera forza. Quella che minaccia e uccide non è forza: è prepotenza, è paura aggressiva, è male che non genera niente. La forza di Dio fa nascere. Per questo vorrei dirvi infine: sperare è generare”. E ancora: “Il nostro compito è generare, non derubare. Eppure, nella fede il dolore della Terra e dei poveri è quello di un parto. Dio genera sempre, noi possiamo generare con Lui, nella speranza. La storia è nelle mani di Dio e di chi spera in Lui. Non c’è solo chi ruba, c’è soprattutto chi genera”.
Ci affidiamo alla nostra Madonna del Popolo affinché ci aiuti ad essere, accanto a lei e dietro di lei, viandanti di speranza. I nostri santi patroni, Mauro e Vicinio preghino per noi e con noi. Così sia.