Rotary Valle del Rubicone. Macchine per scrivere e IA, una storia di intelligenze

Il giornalista e collezionista Cristiano Riciputi ha raccontato aneddoti e curiosità

Cristiano Riciputi e il presidente Rotary Valle del Rubicone Andrea Prati

Ospite ieri sera alle Antiche macine di Montalbano alla conviviale del Rotary Club del Rubicone, Cristiano Riciputi, giornalista e collezionista di macchine per scrivere antiche e, in alcuni casi, rare di cui ha raccontato la storia.

La collezione di Riciputi, tra le prime tre in Italia

Cos’hanno in comune una macchina da scrivere meccanica e l’intelligenza artificiale? Sicuramente l’intelligenza. A dirlo è Cristiano Riciputi, giornalista cesenate, storico collaboratore del Corriere Cesenate, collezionista di macchine da scrivere meccaniche antiche. Ne possiede 211 e la sua collezione è tra le prime tre in Italia, escludendo i musei.

Riciputi è stato ospite del Rotary Valle del Rubicone ieri sera, giovedì 13 novembre, all’agriturismo Le macine di Montalbano, alla conviviale sul tema “Dalla macchina per scrivere a chat gpt, qualcosa è andato storto?”.

Erano presenti per l’occasione, oltre che il presidente Rotary Valle del Rubicone Andrea Prati, anche Davide Rossitto, comandante del Nucleo Operativo Radiomobile presso la Compagnia dei Carabinieri di Cesenatico con la moglie Elena, e Diletta Tosi, nipote di Ilario Fioravanti e curatrice della Casa dell’Upupa.

Una dimensione dimenticata

Cristiano Riciuputi, giornalista di Freshplaza.it, testata internazionale di agricoltura e affini, ha raccontato – traendola dal suo libro Macchine per scrivere – la genesi di questi strumenti di cui possiede esemplari rari e antichi, alcuni dei quali erano esposti ieri sera a beneficio dei presenti: una Olivetti M1 – la prima prodotta industrialmente da Camillo Olivetti nel 1911, il primo modello prodotto in serie della Sholes&Glidden del 1873, famoso per aver introdotto la disposizione Qwerty delle tastiere che ancora oggi troviamo sui nostri smarphone, e la Taurus, macchina da scrivere più piccola del mondo, che ricorda, nella sua forma esterna, un nastro retrattile da sarto ma in realtà produce lettere a stampa, come ha spiegato Riciputi mostrandone il funzionamento al pubblico.

Tra descrizioni di pezzi rari che fanno parte della sua collezione o che sono sparsi nel mondo e aneddoti e curiosità legati alla sua esperienza di collezionista, Riciputi ha restituito ai presenti la dimensione del tempo della macchina da scrivere, ormai dimenticata. Eppure dietro a quei meravigliosi strumenti, ha riflettuto il giornalista insieme ai presenti, c’erano il genio e la capacità artigianale unita alla sopraffina intelligenza di ingegneri e artigiani che seppero ricavare da pezzi di ferro assemblati, sistemi che poco avevano e hanno da invidiare ai moderni strumenti di scrittura e intelligenza, in quanto a raffinatezza di funzionamento e pensiero.

Una storia di emancipazione femminile

La prima macchina da scrivere italiana è stata una Olivetti, la famosa M1, così come furono Olivetti le famose calcolatrici e il padre dei moderni computer,  l’Elea 9003. Ma chi ha inventato la macchina per scrivere che neppure oggi, ormai obsoleta, perde il suo fascino? Furono in tanti – ha spiegato l’esperto collezionista -. In Italia si deve a Giuseppe Ravizza l’invenzione di un modello di scrittura, il suo cembalo scrivano è esposto tuttora al museo di Novara. I primi però a brevettare il sistema furono gli americani che misero sul mercato la  Sholes&Glidden. Il primo esemplare era del 1873, ne sono rimasti 28 al mondo, tra i quali quello in esposizione ieri sera a Montalbano.

Una storia che ha fatto in parte anche la storia dell’emancipazione femminile, racconta Riciputi, iniziata quando si scopri che le donne erano più abili e precise nell’utilizzo della macchina da scrivere. Dote che valse alla popolazione femminile delle dattilografe e segretarie la possibilità di riscattarsi, accedendo a un lavoro dignitoso e prestigioso, e talvolta portando a casa uno stipendio pari o superiore a quello del marito.

Passione e valore

Alcuni pezzi della collezione di Riciputi sono esposti al museo Lamborghini di Funo di Argelato, nel bolognese, tra un Carioca, mitico trattore, e una fascinosa Miura. Incontrando patron Lamborghini alla mostra scambio di Gambettola, luogo assai frequentato dal noto imprenditore, Riciputi  è stato capace di attrarne l’interesse ottenendo la possibilità di esporre i suoi pezzi per quattro mesi. Ma l’allestimento è ancora visibile dopo due anni. Un amore che sembra non finire.

Il valore di una macchina da collezione? Risponde Riciputi da bravo collezionista, il valore è quello che le viene attribuito da chi la acquista.