Altro mondo
Migranti, si apre un nuovo capitolo. Anzi, si procede su strade aperte da poco che fanno intravedere realtà cui non eravamo abituati, almeno alle nostre latitudini. Il dramma di milioni di persone che lasciano la propria casa e la propria terra pare interessi a pochi, troppo pochi.
Questo ragionamento vale anche per noi che affrontiamo un tema che attiene alla dignità dell’uomo, ma che oggi è poco gettonato, non produce redditi , né voti, né nuovi lettori. Eppure noi ce ne vogliamo occupare. Aggiungerei: non possiamo non occuparcene. Dove c’è un uomo o una donna che soffre, se possiamo, lì vogliamo starci, farci compagni di viaggio, chinarci sulle ferite di chi è ai lati di strade battute dai predoni di oggi, stretti parenti di quanti si scagliarono contro chi scendeva da Gerusalemme a Gerico e venne raccolto dal buon samaritano.
Non c’è pace per chi non ha più una casa e una patria. Lo possiamo dire. Non c’è pace nei Paesi più evoluti, nel nostro Occidente industrializzato e benestante, dove si alzano muri a protezione del nostro quieto vivere, purché nessuno ci venga a disturbare nelle nostre case e nelle nostre città. Succede pure in Italia, anche se per tradizione siamo più accoglienti.
Oggi abbiamo a che fare con i centri per migranti costruiti in Albania. Una vicenda controversa, sulla quale si è più volte espresso il tribunale di Roma che, in diverse occasioni, ha provveduto a revocare gli ordini di trasferimento e di trattenimento al di là dell’Adriatico. Per realizzare questi centri il Governo italiano ha investito una cifra che sfiora il miliardo di euro.
Visto il flop dei primi tentativi, la scorsa settimana il Consiglio dei ministri è tornato sulla faccenda cercando di porre una pezza. Funzioneranno come Cpr, Centri per i rimpatri, ha fatto sapere il ministro Piantedosi. In argomento, Oliviero Forti di Caritas italiana solleva non pochi dubbi, rilasciando qualche battuta all’agenzia Sir.
«L’efficacia di queste misure – dice Forti – non dipende dal numero dei Cpr, ma dagli accordi dei Paesi di origine». Poi aggiunge: «una considerazione importante va al rapporto costi/benefici di queste operazioni, anche e soprattutto dal punto di vista umano, oltre che economico». Davanti a noi non ci sono numeri, non ci sono invasioni da cui difenderci. Ci sono uomini, donne, bambini, spesso famiglie intere.
Una considerazione che cambia la prospettiva con la quale si guarda il mondo e chi viene da un altro mondo.
