Gaza vista dall’alto
Le immagini dall’alto sono impressionanti. Riguardano quello che rimane a Gaza e nell’intera Striscia. Si possono vedere sul sito Ansa.it e sono dell’agenzia Afp. Si vedono solo cumuli di macerie. Palazzi rasi al suolo, case distrutte, nulla è più in piedi. Dopo due anni di continui bombardamenti quello che si scruta è solo desolazione. Si scorge qualche auto circolare e qualcuno che cammina. Per il resto il filmato è straziante. Ma, d’altronde, cosa ci saremmo potuti aspettare di diverso?
Aprire gli occhi sulla realtà risulta una sana presa di coscienza. Voltarsi dall’altra parte appartiene ai pavidi e agli ignavi. Vorremmo far parte di coloro che di fronte a ciò che accade tentano di agire per cercare di mettere insieme qualcosa di buono. Sarà possibile? Ci proviamo, almeno da queste colonne, andando oltre la propaganda di chi ha la voce più forte, come accade sempre in ogni conflitto.
Nel frattempo registriamo con favore che al Consiglio di sicurezza dell’Onu è stata approvata una risoluzione che dà il via libera al piano di pace proposto dal presidente Usa Donald Trump e autorizza una forza internazionale per stabilizzare l’enclave palestinese. Si dovrà procedere anche a disarmare Hamas che subito ha dichiarato di essere contraria a quanto approvato alle Nazioni unite. Un passo è stato compiuto, anche se con l’astensione di Russia e Cina. La via della pace è ancora molto lunga.
Vedere quelle immagini dall’alto forse ha suscitato qualche reazione in chi si ostina a voler la guerra a ogni costo. Cosa resta ancora da distruggere? Le vite dei due milioni di gazawi rimasti in quel fazzoletto di terra non sono già abbastanza devastate? Con quale cuore si può ragionare del loro futuro senza coinvolgerli, senza capire quel che è accaduto? Come si può ricominciare in condizioni di quel genere, senza aiuti, senza energia elettrica, senza casa, senza benzina, senza nulla?
L’appello lanciato nei giorni scorsi dal cardinale Pizzaballa, patriarca latino a Gerusalemme, di tornare in Terra santa, fa capire che qualcosa anche noi possiamo realizzare. Non possiamo rimanere indifferenti davanti a tanto orrore, così come siamo inorriditi dopo la strage del 7 ottobre di due anni fa. Ma quella carneficina per nulla può giustificare quanto è poi accaduto nella Striscia, dove si sono lanciate migliaia e migliaia di bombe sui civili.
Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono. Queste sono le vie da percorrere. La strada del dialogo è la prima da intraprendere.
