Il canto delle cicale

Tra cicale e formiche. Bisognava scegliere da che parte schierarsi. Voleva dire che fin da bambini, negli anni Sessanta, occorreva capire se stare con chi se la vuole godere sempre, cantando a squarciagola fino a che è giorno, oppure dalla parte di chi, come la formichina, si impegna di continuo per assicurarsi un autunno e un inverno di riposo e tranquillità, nonostante il freddo e la scarsità del cibo.

Chi come il sottoscritto ha vissuto quegli anni sa molto bene di cosa sto parlando. Noi che siamo cresciuti a pane e Nutella, noi boomer, come ci chiamano, siamo sempre stati combattuti tra questi due schieramenti, anche se abbiamo sempre avuto chiaro, per l’insegnamento e l’esempio di genitori e nonni, che era alla formica che ci saremmo dovuti ispirare.

Nonostante la Nutella, ma anche l’Ovomaltina somministrata a profusione per crescere più sani e più forti, abbiamo fin da piccoli compreso che non si poteva sprecare nulla di ciò che avevamo e avremmo avuto.

Niente da buttare o sciupare. Anzi, tutto da tenere con cura. Da conservare, anche per domani. E questo valeva anche per strade, giardini, parchi, ambiente in genere. Guai a sporcare o deturpare.

Ci siamo persi su questa strada, mi pare di poter affermare. Cicale più che formiche. L’infuocata estate che stiamo vivendo è lì a dimostrarci quanto abbiamo smarrito di quegli insegnamenti lontani nel tempo. I primi a ricordarcelo sono i concerti di cicale che in questi giorni di caldo torrido, di chiaro stampo africano, sono un segnale inquietante sul futuro del nostro pianeta. Assieme a tanti altri: i ghiacciai ormai ridotti al lumicino, le alluvioni che hanno sconvolto il nostro territorio, i diluvi improvvisi e i morti per il caldo di questi giorni.

Molti sostengono che è estate e in estate le temperature si alzano. Ma non in questo modo, va detto. E va sostenuto con forza. Qua c’è qualcosa che non funziona. Non ci si può girare attorno. Il patrimonio ricevuto in eredità viene dilapidato come un bene da nulla. Pochi pare si interessino più di tanto a quanto sta accadendo. Anzi, c’è chi sostiene che non è bene fare i catastrofisti. Noi vorremmo essere realisti. Né catastrofisti né negazionisti.

Vorremmo leggere i segnali della natura, come quelli che ci inviano le cicale, appunto. Cicale in ogni dove, segno di un clima mutato con grande velocità. Possiamo non sentire questo canto? Anzi, questo grido? La sfida è da giocare oggi, subito. Non ci saranno tempi supplementari.