Ricetta Draghi
La lezione di Mario Draghi al Meeting: l’inazione è il peggior nemico dell’Europa. Bisogna imparare ad andare d’accordo.
Nel negoziato si perde sempre qualcosa, ma è meglio che rimanere con nulla. Draghi cita un episodio relativo al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi quando era governatore della Banca d’Italia e c’era da decidere per la moneta unica. Era meglio difendere la lira a ogni costo e rischiare di rimanere con niente in mano, oppure starci anche se questo avrebbe comportato perdita di un po’ di potere? Sappiamo tutti come è andata a finire.
E cosa può avere compreso lo stesso Draghi che davanti alla platea sconfinata dell’auditorium di Rimini, venerdì scorso, ha svelato di essersi laureato con una tesi sulla moneta unica che lui apostrofava, allora, come una gran sciocchezza. Sappiamo, anche in questo caso, come è andata a finire, con Draghi artefice della strenua difesa dell’Euro nei peggiori momenti della storia recente.
«La sveglia – sostiene l’ex presidente della Bce – ce l’ha data l’elezione di Trump. Quelle elezioni hanno cambiato tutto», sostiene l’ex presidente del Consiglio che si rapporta con i giovani in platea cercando di risvegliare in loro l’entusiasmo per l’Europa in modo da «trasformare lo scetticismo in azione».
Perché in fondo sono i cittadini che decidono quali sono le priorità. Occorre investire, dice ancora Draghi con pacatezza, com’è nel suo stile, ma anche con la forza di chi ha avuto le mani in pasta in politiche nazionali e in quelle continentali. Torna a parlare di debito buono e di debito cattivo, come fece dallo stesso palco nel 2020 e due anni dopo. Investire significa indirizzare fondi in operazioni che hanno ritorno, come sono i settori energia e reti, «fondamentali per rinnovare le nostre economie».
Nelle emergenze, prosegue Draghi, «siamo stati bravi in Europa. Per il Covid e la guerra in Ucraina». Lo dobbiamo essere anche tutti i giorni. «I governi devono mettersi d’accordo su come finanziare i progetti comuni». Allora è vitale ritrovare la «capacità di disegnare il nostro futuro», insieme come Europa. Se l’Ue è stata spettatrice in molti contesti, oggi non se lo può più permettere. Il movimento, insiste Draghi, deve partire dal basso, dai corpi intermedi, fondamentali in una società sempre più atomizzata, nella quale la solitudine prevale e non si avverte il senso delle istituzioni.
È da lì che occorre ripartire, dalle nuove generazioni, come quelle protagoniste alla kermesse di Cl.
