Sarà Pietro
Qualcuno pensa a Parolin, il segretario di Stato vaticano. Ma Pietro è solo un nome di battesimo. Il cardinale vicentino Pietro Parolin è tra i nomi più gettonati per salire al soglio pontificio. Molto vicino a papa Francesco, potrebbe essere il più indicato a riceverne il testimone.
Considerato un moderato, è anche un fine diplomatico e artefice, così si narra, dello storico incontro nella basilica di San Pietro, nel giorno dei funerali di Bergoglio, tra il presidente Usa Donald Trump e l’omologo ucraino, Volodymyr Zelensky.
Con Parolin potremmo citare altri due italiani di cui si dice un gran bene.
Uno è il patriarca latino di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, classe 1965, considerato dai più troppo giovane per essere eletto. L’altro è l’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, il romano Matteo Zuppi, uomo nella scia di papa Francesco che ha molti seguaci e sostenitori in diversi settori ecclesiali e non solo.
Guardando la mappa di provenienza dei porporati che entreranno nella Cappella sistina mentre questo giornale sarà già stampato, si comprende bene la geografia della Chiesa cattolica, molto più ampia rispetto al nostro punto di vista. I 108 cardinali creati da papa Francesco costituiscono un universo assai variegato e dicono di una comunità cristiana attenta anche alle periferie geografiche.
I porporati, nei giorni successivi al funerale di Bergoglio, hanno avuto modo di incontrarsi, di dialogare, di conoscersi, di stimarsi e apprezzarsi. Nelle Congregazioni sono stati numerosi gli interventi con i quali è stata delineata la figura del futuro Pontefice. All’esterno sono arrivate solo sintesi e a quelle ci atteniamo. Tuttavia appare chiara l’intenzione di ascoltare ciò che la Chiesa universale ha vissuto in questi ultimi anni.
Francesco ha avviato processi. Sarà impossibile non tenerne conto. Lo Spirito Santo soffierà dove e come vuole. Di certo è invocato e non cesserà di portare la sua ispirazione. Poi saranno gli uomini chiamati a tradurla in pratica, coscienti della responsabilità che grava su di loro. La Chiesa, e con essa il collegio cardinalizio, non risponde a logiche mondane. Guarda al bene dell’umanità e della singola persona, con quello sguardo capace di chinarsi sulle ferite di uomini e donne, come descritto nel brano evangelico del buon samaritano.
Non è tempo di toto-papa. È tempo di attesa e discernimento. Chiunque sia, sarà Pietro, successore dell’apostolo. Sarà lui a guidare la Chiesa. E già gli vogliamo bene.
