Sindrome assedio
C’è poco da stare allegri. E molto da apprendere. Dalla lezione inferta dai referendum di domenica e lunedì scorsi si può imparare qualcosa. Lo sostiene Danilo Paolini nell’editoriale pubblicato da Avvenire martedì 10 giugno, a commento della consultazione sui quattro quesiti relativi al mondo del lavoro e per accorciare i tempi per ottenere la cittadinanza, da 10 a cinque anni.
Sappiamo com’è andata a finire. Alle urne si è recato il 30 per cento (e spiccioli) degli elettori. In valore assoluto si tratta di poco più di 14 milioni di cittadini che hanno deciso di esprimersi su argomenti per nulla semplici. Anzi, diciamolo: i quesiti sul lavoro trattavano una materia troppo complessa da risolvere solo con un sì o un no.
Sulla cittadinanza, la domanda era più semplice: con un sì si sarebbe riconosciuta un’identità di italiani già nei fatti. Ma su questo i cittadini si sono pronunciati in maniera inequivocabile: solo il 30 per cento è andato a votare e, di questi, uno su tre si è opposto alla proposta di accorciamento dei tempi.
Adesso in diversi pensano di alzare il numero delle firme per ottenere i referendum, fissato in Costituzione a 500 mila. Altri propongono l’abbassamento o l’eliminazione del quorum del 50 per cento (più uno) dei partecipanti per la validità della consultazione, viste le bassissime affluenze anche alle politiche, europee o amministrative che siano.
Per fare un esempio vicino, fosse stato un referendum, nemmeno a Ravenna si sarebbe eletto il sindaco: alle amministrative di due settimane fa ha votato il 49,5 per cento degli aventi diritto. C’è un disinteresse generalizzato. Questo è il dato che emerge con chiarezza. La maggioranza di governo, in questa occasione, ha sfruttato a suo favore la diffusa apatia verso qualsiasi tipo di chiamata alle urne e così ha incassato un successo al di là delle previsioni.
I promotori dei referendum forse non hanno mai creduto al raggiungimento del 50 per cento, ma neanche si sarebbero aspettati un terzo di contrari sulla cittadinanza. C’è di che meditare.
A proposito dei tanti no alla cittadinanza abbreviata, Paolini scrive: «testimoniano una paura e un’ostilità che preoccupano, alimentate non di rado da fantasmi agitati per propaganda».
C’è un clima di diffidenza che serpeggia nel Paese e nel mondo. Non è un bel segnale. Chi ha responsabilità a qualunque livello ne prenda coscienza. La sindrome dell’assedio isola e non conviene a nessuno.
