La trasmissione della vita, speranza per il mondo intero
La Giornata nazionale venne istituita dai vescovi italiani. A distanza di quasi 50 anni rimangono gli stessi i valori da promuovere
La Giornata nazionale per la vita (quest’anno domenica 2 febbraio) fu istituita dai vescovi italiani nel 1978 per dire una parola chiara contro l’approvazione di una legge (la 198/78) che consentiva la soppressione deliberata della vita nel grembo materno.
La difesa della vita non è settoriale, e la stessa tragedia dell’aborto si può comprendere e affrontare solo alla luce dell’intera concretezza delle situazioni in cui ci troviamo. Nel loro messaggio per la giornata di quest’anno, i vescovi ricordano i tanti bambini che anche nell’ultimo periodo natalizio sono morti nei naufragi dei migranti, sotto le bombe, per il gelo e la malnutrizione, accumunati alle vittime dell’aborto in un’unica “strage degli innocenti”.
Oltre a questa, due sono le prospettive da cui i vescovi mettono a fuoco l’impegno richiestoci: la crisi demografica e l’apertura dell’Anno Santo giubilare. La natalità in Italia è in costante discesa, oggi 1,2 figli per coppia. Ciò significa che quasi metà dei morti non sono sostituiti da nuovi nati. Si va verso una società dove i pochi giovani non potranno sostenere una maggioranza di anziani, e se questa tendenza dovesse proseguire porterebbe alla virtuale scomparsa demografica degli italiani.
Anche se passa quasi inosservato nella vita quotidiana, si tratta di un mutamento epocale, un po’ come quello del riscaldamento globale: sia l’uno che l’altro derivano da nuove condizioni sociali, economiche e culturali e rischiano di stravolgere il nostro sistema di vita attuale.
La legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza è correlata alla denatalità, e non solo perché ogni bambino abortito è un nato in meno, ma perché sono entrambi aspetti di un medesimo processo involutivo dei nostri valori e atteggiamenti. Non a caso, dopo alcuni decenni di sostanziale stabilità intorno a 2,5-2,3 nati per coppia, una netta discesa iniziò proprio a metà degli anni ’70, quando l’aborto volontario veniva propagandato, fino alla sua legalizzazione.
Altri aspetti connessi sono il rapido declino del matrimonio religioso e del matrimonio in genere, l’introduzione del divorzio (1970) e la sua larghissima incidenza attuale, la crisi generale dell’istituzione famigliare. Etica e impegno civico ci chiedono di non rassegnarci, facendo ciascuno la nostra parte per affrontare e risolvere questi problemi. Ciò presuppone un’attenta analisi delle loro molteplici connessioni e cause comuni.
Di certo, queste derive dipendono anche e soprattutto dal venir meno dell’amore e della fiducia: un amore come quello di Dio, che ama chi ancora non esiste e spinge a dargli la vita e custodirla appena è sbocciata; la fiducia che una gravidanza si possa portare avanti nonostante ogni difficoltà, che un neonato troverà nutrimento, affetto ed educazione, che riusciremo a preparare anche per i nostri figli un mondo in cui, nonostante gli inevitabili problemi, essi possano realizzarsi e trovare la felicità.
Amare con fiducia significa sperare, e questa è appunto la seconda chiave interpretativa scelta dai vescovi che ci chiedono di promuovere un’alleanza sociale per la speranza, che diffonda la cultura della vita, del valore della genitorialità e della dignità inalienabile di ogni essere umano, e che propugni politiche familiari efficaci e stabili nel tempo. Tramettere la vita è l’unica speranza per il mondo.
