Domenica 1° giugno – Ascensione – Anno C

C’È BISOGNO DI UNA DISTANZA PER UN’AUTENTICA RELAZIONE

At 1,1-11; Salmo 46; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53

L’amore è l’unica chiave di interpretazione del mistero pasquale di Cristo, della sua passione, morte, risurrezione e ascensione al cielo, nell’attesa dello Spirito Santo. Si tratta dell’amore di Dio che sfugge per definizione alle logiche umane, come Gesù Risorto che invece di rimanere con gli apostoli sembra fuggire via da loro nell’ascensione al cielo.

Come è possibile che questo Dio che si è fatto così vicino alla sue creature fino a diventare uomo, ora se ne torni da dove è venuto? Ha il sapore della beffa questo dono di sé che sfugge dalle mani nel momento in cui, vinta la morte, potrebbe rimanere sempre tra i suoi amici.

L’amore ha in antipatia il possesso. L’amore è resistente all’obbligo e non impone nessuna presenza. L’amore libera ed è espressione privilegiata della libertà dell’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio nella capacità di poter scegliere liberamente di amare lo stesso suo Creatore.

Dio ci vuole far comprendere che c’è il bisogno di una distanza per rendere autentica la relazione di prossimità con gli altri, nella quale ciascuno deve realizzare prima di tutto la propria identità. 

Vengono in mente le parole di papa Leone XIV nell’omelia d’inizio del suo pontificato, dove descrive la missione di Pietro (e della Chiesa) chiamato a continuare l’opera di Gesù: «Come può Pietro portare avanti questo compito? È possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’Amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento a Pietro è affidato il compito di “amare di più” e di donare la sua vita per il gregge, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate».

Nell’ascensione Gesù se ne va, per poter rimanere definitivamente. Sale al Padre per poter donare lo Spirito, che verrà a inabitare nei suoi amici e in tutti noi, per farci diventare appassionati cercatori di Lui.

L’amore in fondo resta una indicibile sete di compimento, che trova pienezza nel lasciare che sia l’altro a donarsi continuamente per dissetarla. Perché ci sia acqua zampillante a ristorare l’aridità del nostro cuore, c’è bisogno di percepire che questa fonte è altro da noi.

Così, affinché ci sia piena comunione tra noi e Dio, c’è bisogno che Egli resti oltre, mai imprigionato nei tempi della nostra sicurezza e dei nostri calcoli.