Domenica 16 febbraio – Sesta domenica Tempo Ordinario – Anno C

LA FELICITÀ CHE LUI CI DONA NESSUNO POTRÀ RUBARLA

Ger 17,5-8; Salmo 1; 1Cor 15,12.16-20; Lc 6,17.20-27

Le beatitudini restano una pagina difficile: perché dovrei sentirmi beato se sono povero, se ho fame, se sto piangendo, se tutti mi odiano e mi insultano? È proprio il contrario di quello che voglio. Eppure Gesù chiama beati proprio coloro che vivono tali situazioni. Egli, d’altra parte, sembra rivolgere delle invettive contro coloro che gongolano nel benessere.

Cristo non sta demonizzando la ricchezza, la gioia, il successo, ma sta dicendo che non sono quelle le cose che contano, in quanto oggi ci sono e domani forse no. Mi dice che è sbagliato passare la vita ad accumulare ricchezze e a soddisfare ogni piacere, pensando che basti questo a consolarmi. Non è questa la vita. C’è una felicità che non dipende da ciò che possediamo o da ciò che gli altri pensano di noi, una felicità che resiste persino alle incertezze, alla precarietà di questo mondo, alle lacrime di dolore. Una felicità che nessuno potrà mai rubarci perché si fonda sulla relazione vitale con Cristo. 

Solo Gesù dà senso a tutto. Lui, che è così reale da consegnarci la più grande verità di cui il cuore ha bisogno: per Dio la nostra debolezza non è un problema. Lui, che non elimina la sofferenza e le difficoltà, ma ci dice che siamo beati perché esse appartengono solo a questa vita e, addirittura, che già da questa vita possiamo entrare nella realtà del suo regno, abbandonandoci alla sua volontà.

Il punto non è tanto come faccio a ridere nel pianto, a sentirmi beato se non vengo calcolato dagli altri, ma come faccio a non perdere la relazione con Cristo. Alla fine delle quattro beatitudini, Gesù indica la persecuzione e l’adulazione come criterio di riconoscimento del vero e falso profeta nella storia di Israele. È come se esistesse una costante nella storia, da cui dovremmo trarre la capacità di discernere nell’oggi il valore dei comportamenti altrui nei nostri confronti.

Essere analfabeti del presente rende impossibile scrivere il futuro in una chiave altrettanto profetica, a meno che non si torni a vivere in totale affidamento alla Parola, secondo la consegna di Paolo: «Vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità» (At 20,32). Diceva Madre Teresa: ciò che non serve, pesa. E la felicità non viene dal possesso, ma dai volti. Se accogli le Beatitudini la loro logica ti cambia il cuore. E possono cambiare il mondo.