Domenica 18 maggio – Quinta domenica Tempo pasquale – Anno C

UN AMORE DA TESTIMONIARE NELLE RELAZIONI UMANE

At 14,21-27; Salmo 144; Ap 21,1-5; Gv 13,31-33.34-35

Il Vangelo di domenica 18 maggio ci conduce nel Cenacolo per farci ascoltare alcune delle parole che Gesù rivolse ai discepoli nel “discorso di addio” prima della sua Passione. Dopo aver lavato i piedi ai dodici, Egli dice loro: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri come Io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri».

Perché Gesù chiama nuovo questo comandamento? Sappiamo che già nell’Antico Testamento Dio aveva comandato ai membri del suo popolo di amare il prossimo come se stessi (Lv. 19,18) e Gesù stesso, a chi gli chiedeva quale fosse il più grande comandamento della legge, rispondeva che il primo è amare Dio con tutto il cuore, e il secondo è amare il prossimo come se stessi (Mt. 22,38-39).

Allora, dove sta la novità di questo comandamento che Gesù affida ai suoi discepoli? Perché lo chiama nuovo? Perché l’antico comandamento è stato completato dall’inciso o dall’aggiunta “come io ho amato voi”, amatevi voi, come io vi ho amato. La novità sta tutta nell’amore di Gesù Cristo, quella con cui Lui ha dato la vita per noi e questo è un amore universale, gratuito e senza condizioni che trova la sua espressione massima e concreta nella croce.

L’abbassamento, la consegna al Padre, l’obbedienza totale a Dio diventa la rivelazione, la manifestazione e il dono dell’amore di Dio per il mondo: la sua glorificazione.

Ripensando alla Passione e all’agonia di Cristo, i discepoli hanno compreso il significato di quelle sue parole: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». La novità del comandamento che Gesù consegna nel cenacolo consiste in un amore gratuito, che va oltre i nostri limiti, fragilità e debolezze. Lui ci ha elevati a essere degni di così grande amore. Ci crede capaci, con il suo Spirito, di testimoniarlo nel mondo e nelle relazioni umane. Ci chiede di amarci non solo e non tanto con il nostro amore, ma con il suo che farà dono alla Chiesa per mezzo del suo Spirito.

Penso che la novità di questo comandamento stia proprio nella stima e nell’elevazione che Gesù fa e vuole per ogni uomo. San Paolo direbbe nella lettera ai Romani: «Prima ancora che noi ci riconciliassimo con Lui, Lui ci aveva già riconciliato con il suo amore».

Diventiamo capaci di amarci non solo con le nostre categorie o parametri di amore umano, ma siamo resi degni e capaci di amarci con il suo stesso amore. E così siamo chiamati a diffondere dappertutto il seme dell’amore che rinnova i rapporti fra le persone e apre orizzonti di speranza. Questo suo amore ci fa diventare sempre più uomini e donne nuove, fratelli e sorelle nel Signore e fa di noi il nuovo popolo di Dio, cioè la Chiesa nella quale tutti sono chiamati ad amare Cristo e in Lui ad amarci a vicenda.