Anno nuovo guardiamo avanti. Ma con quale speranza?
Nel gennaio 2015, esattamente dieci anni fa, una rivista scientifica fra le più diffuse delineava alcuni scenari su «come vivremo nei prossimi 5-10 anni».
Ad esempio, scriveva, «automobili senza conducente percorreranno le strade insieme alle auto convenzionali». Una previsione azzeccata solo in minima parte e che neppure Elon Musk sembra particolarmente interessato a realizzare. E ancora: «Nel lungo termine, nessuno possederà un’automobile. Quando avremo bisogno di andare da qualche parte, grazie a un abbonamento, un’auto ci verrà a prendere direttamente sotto casa». A dir poco un’utopia, almeno rispetto all’Italia, vista la difficoltà anche solo a trovare un taxi nelle città più grandi.
Altri pronostici riguardavano la salute («misureremo quasi tutti i parametri vitali a casa, attraverso dispositivi diagnostici e smartphone »), gli affetti («i divorzi potrebbero diminuire quando la generazione del baby boom invecchierà ») e anche la spiritualità («potrebbe nascere una nuova religione, magari basata sull’ambiente »).
Altre “profezie”, poi, si sbilanciavano con grande ottimismo sulle fonti di energia e sugli stili di vita.
È facile ironizzare su quanto siamo ancora lontani dai traguardi indicati, considerando che alcune di queste direzioni sono realmente quelle su cui, più o meno velocemente, ci stiamo muovendo. Il punto è un altro e riguarda l’atteggiamento di assoluto abbandono nelle mani della tecnologia che – questo sì – sembra dare forma a una nuova religione. Una fiducia certo ridimensionata dalla pandemia ma non abbandonata.
«Se teniamo duro ancora qualche anno – scriveva nel 2015 il futurologo di turno – sarà davvero possibile non morire mai: la mortalità potrebbe essere solo un altro problema tecnico che risolveremo ». Anche le guerre – diceva qualcun altro – sarebbero dovute appartenere al passato.
Pur senza sottovalutare e nemmeno disprezzare il cammino delle ricerche scientifiche, all’inizio del nuovo anno sembrano più sagge le parole di papa Francesco nella recente enciclica Dilexit nos: «Nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore. Ciò che nessun algoritmo potrà mai albergare sarà, ad esempio, quel momento dell’infanzia che si ricorda con tenerezza e che, malgrado il passare degli anni, continua a succedere in ogni angolo del pianeta».
A ben guardare, è proprio questo il cuore del tema scelto dal Papa per il Giubileo appena iniziato, ovvero in che rapporto stanno le “piccole” speranze quotidiane con la “grande” Speranza fondamentale che tutte contiene, seleziona e orienta.
