Uno sguardo cristiano sull’umanità “aumentata”
Nello scorso mese di luglio la Commissione episcopale per la Dottrina della Fede della Conferenza episcopale spagnola ha pubblicato un volume dal titolo “Uno sguardo cristiano sul transumanesimo”, raccogliendo saggi di diversi docenti universitari.
Il transumanesimo è quella corrente filosofica che aspira a superare i limiti umani attraverso la tecnologia. Il sogno, affidato a scienziati e ingegneri, è quello di proiettare l’umanità in un futuro in cui il digitale porti a ridefinire la natura dell’homo sapiens, potenziandolo e rendendolo (quasi) immortale.
Siamo davanti a un mito che mescola Prometeo, Babele e il Superuomo, una visione in cui un popolo di ibridi – naturalmente molto meno numeroso degli attuali abitanti del pianeta – sarà in grado di sopravvivere all’apocalisse ecologico.
Un futuristico paradiso terrestre tecnologizzato e governato da macchine “intelligenti”.
L’idea dell’umanità “aumentata” – e selezionata – non è più confinata nel regno della fantascienza: per convincersene basti considerare gli investimenti in ricerca e sperimentazione in corso in diverse parti del mondo.
Ben venga dunque il contributo della Chiesa spagnola, che invita a considerare il tema senza cadere in giudizi semplicistici e considerandone tutte le implicazioni.
In particolare, il filo rosso che attraversa le pagine del volume è la tensione tra le legittime aspirazioni e gli inevitabili rischi che derivano da una fiducia ingenua nel potere illimitato della tecnologia.
Nel prologo, monsignor Francisco Conesa Ferrer, presidente della Commissione episcopale, riconosce l’intento positivo del transumanesimo – il desiderio di migliorare la vita umana –denunciandone però anche i risvolti più problematici: la tecnologia adorata come un idolo, il riduzionismo dell’essere umano, la svalutazione del corpo, la visione esasperatamente individualistica. Per questo, il testo invita a confrontarsi con il transumanesimo alla luce della fede, ricordando che la pienezza dell’essere umano si trova nell’incontro con Cristo risorto e non nel perfezionamento tecnologico fine a sé stesso. È un aspetto evidenziato anche da Alberto Cortina Ramos, che firma uno dei capitoli: «Il problema ovviamente non è contrastare la tecnologia, ma ricondurla al suo stato di strumento per migliorare la vita umana, non di profezia di una nuova era postumana. La tecnologia può e deve essere serva dell’uomo, non il suo padrone».
Qualsiasi avanzamento che ignori la dignità integrale dell’uomo rischia infatti di smarrire il proprio senso e di condurre verso un’utopia seducente ma priva di speranza.
