Valle Savio
Sarsina. L’umanizzazione della cura, persona e famiglia al centro
Lo scorso 28 maggio il convegno di Acos, Associazione cattolica operatori sanitari

La persona al centro, insieme alla sua famiglia, la valorizzazione dell’operatore sanitario, le pratiche volte a rendere il percorso di cura più vicino alle esigenze e alla dignità della persona. Con uno sguardo rivolto alle politiche sanitarie. Questi alcuni dei temi trattati nel convegno “L’umanizzazione della cura” tenutosi a Sarsina il 28 maggio scorso. Su iniziativa di Acos Emilia-Romagna e del suo presidente e moderatore Omar Fabbri, hanno contribuito alla realizzazione l’associazione “Benigno Zaccagnini” Cesena, le Acli Valle Savio Aps, Anteas Cesena.
Il vescovo emerito Douglas: “Non si cura il malato ma la persona”
“Non si cura il malato, ma la persona” ha esordito il vescovo emerito Douglas Regattieri a inizio serata. Il presule ha evidenziato tre aspetti dell’umanizzazione della cura: “rafforzare la consapevolezza che si è davanti a un malato che è prima di tutti una persona, e per noi cristiani questa è l’immagine di Dio”, inoltre “il corpo non può avviare un vero cammino di guarigione se lo spirito è annichilito, abbattuto, dimenticato. Chi si accosta al letto del malato deve sentire di essere vicino non ad un corpo sofferente, ma a una interiorità che c’è e va risvegliata”, infine “la terapia del perdono. Quello dato e ricevuto fa parte della guarigione, è terapeutico. Il perdono disinnesca pulsioni distruttive come l’odio e la rabbia. Ha effetti positivi sulla salute mentale. È un insegnamento antropologico di grande valore”.
La cura è tempo di relazione
Da Roma a Sarsina, Fabrizio Celani presidente di Acos nazionale, ne sottolinea caratteristiche e finalità: “l’associazione nasce 40 anni fa, mette insieme tutte le professionalità sanitarie, ha il compito della formazione che si basa sulla conoscenza in modo da poter avere anche un ruolo nelle sedi ove si rendono decisioni politiche importanti”. Entrando dentro l’argomento cura Celani sottolinea come “ci siano intere fasce della popolazione che non si possono permettere cure. A Roma ci sono famiglie che vivono in due stanze, non tutte la famiglie possono permettersi di tenere un malato dentro casa”. La cura è tempo di relazione perché, “è nella cura che stabilisco una relazione che esalta la persona. Dall’altra parte occorrono interventi concreti avendo ambienti idonei, partendo dalle strutture ospedaliere”.
I costi della cura, la scelta di non curarsi
“Da consigliere regionale – sono le parole della cesenate Francesca Lucchi – credo che il ruolo della politica oggi sia mettere gli operatori sanitari nelle condizioni di esercitare al meglio coi migliori strumenti possibili le cure, nella consapevolezza che il terreno su cui ci muoviamo è difficilissimo”. Non ci gira troppo intorno la rappresentante della regione Emilia-Romagna quando dice che “la sanità oggi è estremamente sotto finanziata rispetto alle necessità, non solo per il rapporto del Fondo Sanitario Nazionale rispetto al Pil, ma anche per come aumenta la necessità di finanziamento alla sanità da parte delle famiglie… ci si cura pagando sempre di più, rivolgendosi sempre più a strutture private, e a volte si fa la scelta di non curarsi”. Altro tema caldo è quello “dell’abbandono della professione”. Sempre più spesso i professionisti preferiscono il settore privato al pubblico. “Ma – conclude Lucchi – se vogliamo davvero perseguire il fine dell’assistenza sanitaria uguale per tutti dobbiamo mettere la sanità pubblica al centro”. Per la consigliera “è da ripensare il modello della non autosufficienza, in un contesto in cui la popolazione sta invecchiando. Si rendono necessarie riforme importanti che devono toccare anche il modello territoriale di medicina, comprese le figure dei medici di base. Abbiamo bisogno di pensare che ci sia una medicina di prossimità che dia risposte veloci , immediate, vicina al territorio , che crei un rapporto umano di conoscenza”.
No al “pazientificio”
Per Laura Brunelli, infermiera e responsabile segreteria di Acos Emilia-Romagna, spunti interessanti per una umanizzazione della cura vengono dall’enciclica papale “Fratelli Tutti” e “Laudato si”, con i quattro elementi per rendere efficace la cura: “accogliere, proteggere, promuovere, integrare”.
“Giovani pensionati che aiutano i meno giovani”, sintetizza così, Lazzaro Dall’Acqua, la missione di Anteas, sodalizio cesenate del quale è presidente. “Siamo sentinelle attente a quelle fragilità che non riescono a entrare dentro al sistema della cura, dell’assistenza, della condivisione. Abbiamo 11 ambulatori sociali sparsi tra Savio e Rubicone, tutti convenzionati con l’Asp Cesena Valle Savio, e con i comuni del Rubicone e Mare. Accogliamo nei nostri ambulatori persone che hanno bisogno di piccole prestazioni sanitarie o di essere trasportati nelle strutture ospedaliere. Forniamo questo servizio non perché abbiamo tecnologia, ma perché abbiamo volontari, persone che si rendono disponibili a svolgere questo servizio gratuito perché lo ritengono un impegno sociale”.
Marco Senni, responsabile infermieristico del Dipartimento di Forlì-Cesena, mette in guardia dal rischio che “diventi tutto un pazientificio”. “Abbiamo tante minacce che rischiano di spostare l’asse togliere lo sguardo da quella che è la persona, presi da tante e dai ritmi incalzanti del lavoro rischiamo di perderci il focus, che è il paziente”. Senni pone l’accento anche sulla “qualità del tempo che spendo con l’altro. La gentilezza, l’ascolto attivo, può rendere più umana la relazione di cura”. Chiude sull’importanza della formazione di base, “avendo cura di chi cura. Se l’equipe sta bene, sta bene anche il suo malato e anche la sua famiglia”.
La chiusura dell’incontro è affidato a don Rudy Tonelli, parroco di Sarsina e assistente spirituale Acos. Cita il Salvifici doloris di Giovanni Paolo II in cui si legge che “il malato sprigiona una forza d’amore in colui che si prende cura di lui. E quindi una umanizzazione anche di colui che presta la cura”. Di ritorno da un pellegrinaggio a Lourdes, spiega come “questo sia davvero un luogo in cui chi si prende cura del malato fa un percorso spirituale e umano enorme, assottigliando la buccia dell’egoismo e dell’indifferenza”.
