Diocesi
Ieri sera la Messa in suffragio di don Giussani presieduta dal vescovo Douglas
In occasione dei venti anni dalla morte del fondatore del movimento di Comunione e liberazione. Il testo dell'omelia. "La vocazione dell'uomo è seguire Dio, non inseguirlo"
La celebrazione si è svolta in Cattedrale, a Cesena
Il fondatore di CL morì il 22 febbraio 2005
Una Messa per don Luigi Giussani. È stata celebrata ieri in Cattedrale a Cesena in occasione dei 20 anni dalla morte (22 febbraio 2005) del fondatore del movimento di Comunione e liberazione. La concelebrazione eucaristica è stata presieduta dal vescovo Douglas Regattieri.
Di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal monsignor Regattieri.
Abbiamo ascoltato due testi biblici molto lontani nel tempo tra di loro. Tuttavia possiamo stabilire un qualche confronto tra di loro e vedere una nascosta connessione. È la riflessione che desidero proporvi. Essa si snoda attorno a due considerazioni, che si fondano su due domande: seguire o inseguire? Possedere o lasciarsi possedere?
- Seguire o inseguire?
“Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo” (Gen 11, 3). Toccare il cielo! In altre parole: vogliamo raggiungere fino a Dio; toccarlo e in qualche modo possederlo. Disegno malsano. Perché espressione dell’orgoglio e della protervia umana: pretendere di toccare Dio. In fondo si ripete il peccato delle origini: essere come Dio (Cfr Gen 3, 5). Dio distrugge e annienta questo proposito (Cfr Gen 11, 8). Gli uomini della torre di Babele vogliono inseguire Dio, raggiungerlo. Ma la vocazione dell’uomo – è scritto nella sua natura – è di seguire Dio; non di inseguirlo!
Seguire Gesù
E così la stessa cosa ci è detta nella pagina evangelica: “Se qualcuno vuol venire dietro a me…” (Mc 8, 34). Si tratta di seguire Cristo, non di inseguirlo e di raggiungerlo e magari di insegnarli cosa deve fare. È quello che intende Pietro. Poco prima Gesù aveva fatto il famoso sondaggio tra i suoi: cosa dice la gente di me? (Cfr Mc 8, 27). E Pietro: tu sei il Cristo! Ma che Cristo intendeva Pietro? un Messia glorioso e potente che avrebbe fatto piazza pulita dei peccatori e degli invasori pagani, come forse pensava anche il Battista. Ma Gesù: Pietro mettiti dietro di me, non voler starmi davanti, non voler insegnarmi; sta dietro e seguimi (Cfr Mc 8, 33).
E noi stiamo seguendo Gesù? O qualche volta lo raggiungiamo e quasi lo sorpassiamo per dirgli: guarda che così non va… devi fare questo e quest’altro e così via?
- Possedere o lasciarsi possedere?
Possiamo farci anche l’altra domanda, abbastanza simile alla prima: possedere o lasciarsi possedere? Stiamo sempre sulla pagina evangelica. Stare dietro a Gesù significa lasciarsi guidare da lui; lasciarsi fare dalla sua Grazia. C’è in tutti – e molto nell’uomo contemporaneo – il pensiero che la propria realizzazione dipenda unicamente dai propri sforzi, dalle cose che fa, dalle conquiste che riesce a raggiungere; più cose ha, più competenze possiede, più titoli acquista e più è; ma il Concilio ha ribadito in un famoso passaggio della Gaudium et spes che “l’uomo vale più per quello che è che per quello che ha” (n. 35).
Lasciarsi possedere da Cristo
Guadagnare, avere, possedere, accumulare: questa è la logica che regola le cose del mondo, la vita di chi non ha conosciuto Cristo. Chi si è affidato a Lui, invece, non gli importa più arricchire di cose; si lascia solo possedere da Lui e questo gli basta. Gesù è stato chiaro, lo abbiamo ascoltato nella pagina evangelica: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8, 35). Nella logica evangelica le cose vengono rovesciate: conta non tanto possedere, quanto lasciarsi possedere, lasciarsi conquistare, avere Cristo, essere da Lui conquistati e basta! Fu l’esperienza anche di san Paolo, che nella lettera ai Filippesi, raccontando di sé, scrisse: “Anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù” (Fil 3, 12). Paolo, prima della chiamata, confidava più di tutti nella osservanza della Legge. Riteneva di avere lì la sua forza. In realtà capisce, dopo la caduta sulla strada per di Damasco (cfr At 9, 1-9), che quello che conta è la Grazia di Cristo e tutto ciò che faceva parte della Legge ha perso il suo valore, perché era solo un modo per mettere in evidenza se stesso, per gloriarsi davanti agli uomini delle proprie capacità e della propria giustizia, quella, appunto, derivante dalla Legge. Nella prima lettera ai Corinti ci ripete la stessa cosa: “Per grazia di Dio sono quello che sono e la sua grazia non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è in me” (1Cor 15, 10).
Il sacramento della riconciliazione
Il Giubileo che stiamo vivendo è una bella occasione per vivere tutto questo. Non affanniamoci a voler acquistare o conquistare la grazia di Dio, con pellegrinaggi, indulgenze o altro; facciamo piuttosto spazio alla Grazia perché agisca in noi, ci possieda e ci stimoli; certo successivamente, faremo pellegrinaggi, acquisteremo indulgenze e altro.
Il modo più vero e più autentico per fare tutto questo è celebrare con verità il sacramento della riconciliazione, che forse abbiamo un po’ trascurato. In esso, ci lasciamo possedere; noi non conquistiamo nulla! E’ il messaggio quaresimale che ascolteremo fra qualche giorno: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5, 20).
Nelle foto di Pier Giorgio Marini, alcuni momenti durante l’Eucaristia.
