Cesena
Funerale Gilberto Manuzzi. Don Walter Amaducci: “Ha combattuto la buona battaglia della sua vita”
Chiesa di San Bartolo gremita questa mattina per le esequie presiedute da don Walter Amaducci. "La sua famiglia è il grande patrimonio che lascia", ha detto il sacerdote. Tra i concelebranti, il vicario generale, don Pier Giulio Diaco. Tra i fedeli il vicesindaco Christian Castorri.
Al termine della Messa il ricordo dei familiari. “Impegnativo passaggio di consegne”, ha detto il genero Paolino Batani
Tanta gente ha affollato questa mattina la chiesa di San Bartolo per il funerale di Gilberto Manuzzi deceduto domenica scorsa. Classe 1932, Manuzzi è notissimo in città per il suo impegno nel mondo degli esportatori ortofrutticoli, per quello del calcio e della pallavolo. Era anche presidente onorario del comitato territoriale di Cesena del Centro sportivo italiano (cfr pezzo al link qui sotto).
Presente il vicesindaco Castorri e tanti esponenti del Csi
In chiesa sono stati esposti gli stendardi del Cesena Calcio, quello del Csi e del Volley club. Tra i partecipanti anche il vicesindaco di Cesena, Christian Castorri, l’attuale presidente del Csi Renato Quadrelli e i predecessori Luciano Morosi e Massimo Danesi, assieme a numerosi dirigenti e amici del Centro sportivo italiano. Nelle prime file i sette figli con mariti e mogli, con nipoti e pronipoti.
I nipoti: “Dagli spalti del cielo continuerai a fare il tifo per noi”
Ha presieduto l’Eucaristia don Walter Amaducci. Con lui hanno concelebrato il parroco di San Bartolo, don Agostino Galassi, il vicario generale della Diocesi, don Pier Giulio Diaco, don Gian Piero Casadei e don Marcello Palazzi. Sull’altare anche il diacono Salvatore Toni. La bara è stata portata all’interno della chiesa a braccia dai nipoti, segno di un affetto e un legame forti, come ha messo in evidenza uno di loro alla fine delle celebrazione, intervenendo a nome di tutti e 17. “Dagli spalti del cielo continuerai a fare il tifo per noi”, poi sono stati letti tutti i nomi dei nipoti.
Don Walter nell’omelia: “Lo avete fatto a me. In questo si condensa il Vangelo”
Nell’omelia don Walter ha commentato il brano del Vangelo secondo Matteo, capitolo 25, 31-46, quello dedicato al “giudizio finale”. “Lo avete fatto a me – ha detto il sacerdote -. Qui si condensa il cuore del Vangelo, sull’esempio di quanto fatto da madre Teresa di Calcutta: in cinque parole, che stanno sulle dita di una mano, ci sta tutto”. Ci sta anche il rapporto con Gesù, che “avendo vinto la morte ha reso credibile quanto ha fatto”.
Il Signore, ha proseguito don Amaducci, “è il primo alleato della nostra felicità. È per questo che ci ha creato. In quella frase “lo avete fatto a me” è condensato il segreto di tutta l’esistenza. Qui oggi noi facciamo il nostro saluto a Gilberto in un clima di fede e di preghiera, in dialogo con Dio”. Quindi ha aggiunto: “Risolvere la questione della morte significa risolvere la questione della vita”.
“La sua famiglia, il grande patrimonio che lascia”
Don Amaducci ha tracciato alcune linee guida dell’esistenza di Manuzzi. Prima di tutto la cura per sé, conservando la fede, come ha chiesto che venisse scritto. “Poi la famiglia, la moglie Adonella, i sette figli, i 17 nipoti e i quattro pronipoti. Questo è il grande patrimonio che lascia”. Quindi la testimonianza nel mondo degli esportatori ortofrutticoli, del calcio, della pallavolo, del Csi, in tutte le relazioni che ha avuto”.
“Ha conservato la fede – ha concluso don Walter -. È l’eredità per Gilberto, quella che non si corrompe. E oggi, attraverso la sua esistenza siamo chiamati a fare il punto anche sulla nostra”.
I ricordi dei familiari
Al termine della Messa è intervenuto il genero Paolino Batani. “Ho condiviso con lui oltre 50 anni della mia esistenza. Mi ha accolto nella sua famiglia quando ero poco più di un ragazzo. Ci ha lasciato un impegnativo passaggio di consegne”.
Il figlio Franco ha ricordato i vari nomi con cui veniva chiamato il padre: Gilberto, Manuzzi, Gilbertone. “Eravamo sempre molto orgogliosi per come venivi chiamato. Ricordo una frase che ci dicevi di continuo: Se una cosa da fare è importante e deve essere fatta, bisogna farla. Non importa che te lo chiede. E poi ci raccomandavi di tenerci a conto. Tieniti a conto, Gilberto. Ciao, babbo”.
L’intervento integrale del figlio Franco. Intervento che non è stato letto in chiesa, che qui riportiamo nella versione integrale
Ciao Babbo,
ci sono tante persone qui a salutarti.
La tua famiglia e tanti amici.
In questi ultimi giorni mi è venuto spesso da pensare ai nomi con cui ti abbiamo chiamato e ti chiamiamo tutti noi:
chi ti chiama per nome: Gilberto
chi per cognome Manuzzi
Ma quello che mi faceva più ridere era Gilbertone. Così ti chiamano gli amici
Lo sentivo pronunciare anche in magazzino da tutte “le tue donne”,come le chiamavi tu.
Oggi è una frase sconveniente, ma in questo tuo modo di riferirsi a loro e in quel Gilbertone, c’era tutto il rispetto che avevi per loro e loro per te.
Sei Gilbertone per tutti gli amici. Un gigante buono, ma anche deciso quando necessario, e un pilastro quando richiesto.
L’appellativo che mi inorgogliva di più è Presidente:
mi faceva sentire importante e allo stesso tempo responsabile.
Essere figlio del Presidente!
In questa parola pronunciata da chi collaborava con te per portare lo sport a Cesena, sentivo il rispetto e la riconoscenza nei tuoi confronti,
frutto di ciò che hai contribuito a costruire per tanti giovani nello sport e non solo, e che ancora continua oggi.
Ti chiamano Nonno i tuoi adorati nipoti e pronipoti.
Ricordo che con i primi nipoti arrivati, a noi figli più piccoli, era proibito
usare con te la parola nonno:
“Io sono il vostro babbo”, dicevi con voce seria.
Ma presto ti sei arreso all’immenso affetto e amore che sentivi nell’essere “Il nonno” per tutti.
Ti chiamiamo Babbo, perché sei il
nostro Babbo, anche davanti agli altri eri e sei il nostro Babbo.
In questa parola rivedo le carezze che ci facevi quando rientravi a casa la
sera tardi dopo il lavoro, mentre noi già dormivamo.
In questa parola ci sono anche i tuoi rimproveri e ammonimenti.
Ma soprattutto in questa parola ci sono i nostri abbracci.
Ultimo nome, ultima frase, la più importante, la più bella.
Forse non udita spesso, ma sentita e vista nei tuoi occhi e in quelli di mamma.
L’ho letta in tante lettere che lei ti scriveva quando eravate fidanzati e giovani, ti chiamava: “il mio amore”.
Una frase che vi siete scambiati in modo discreto, sussurrato.
Ma che non ti sei mai stancato di ripetere ad alta voce fino all’ultimo a tua moglie e alla nostra mamma.
Guarda un po’ cosa avete combinato con queste poche e semplici parole.
E come diceva sempre Gilberto,
come ripeteva spesso Manuzzi,
come pronunciava sovente il Presidente,
come sussurrava il Nonno.
come ammoniva il Babbo.
come amava dire il Marito
come pregava con il suo amato Cristo
“Se una cosa da fare è importante e deve essere fatta, bisogna farla !
Non importa chi te lo chiede”
E soprattutto
“Bisogna Tenersi Da Conto!”
Tin da’ cont Gilberto
Ciao Babbo
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