Diocesi
Giovedì santo, il vescovo don Pino ha lavato i piedi ai preti anziani della diocesi
Monsignor Caiazzo: "Grazie per quello che siete stati, per quello che siete e per quello che sarete ancora. Vi affido alla Madonna del Popolo". La fotogallery
Il vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo ha presieduto poco fa la Messa “Nella cena del Signore” del Giovedì santo.
“Servizio ancora più grande”
Durante la celebrazione, il presule ha lavato i piedi ai sacerdoti anziani della diocesi. “Ho desiderato che quest’anno come discepoli fossero alcuni sacerdoti che per tanti anni hanno servito la Chiesa locale – ha spiegato monsignor Caiazzo -. Hanno donato la loro vita offrendola al Signore e, anche e soprattutto in questo tempo, stanno vivendo come offerta la loro impossibilità a fare tutto quello che avrebbero voluto fare, ma con quella serenità interiore che permette loro di offrire, nella pace dei figli di Dio, la gioia di un servizio ancora più grande“.
Undici preti come i discepoli
Undici i preti, alcuni dei quali ospiti del “Don Baronio”, ai quali monsignor Caiazzo, come prevede la liturgia, richiamando il gesto compiuto da Gesù nell’ultima cena, inginocchiandosi, ha lavato i piedi, li ha asciugati e poi baciati. Sono: don Tarcisio Spinelli, don Sergio Orlandi, don Tarcisio Dall’Ara, don Onerio Manduca, don Silvano Ridolfi, don Mario Morigi, don Luigi Moretti, don Derno Giorgetti, don Antonio Domeniconi, don Piero Altieri, don Crescenzio Moretti.
“Parte della mia vita”
“A voi – ha detto il presule durante l’omelia – in modo particolare questa sera, esprimo la mia gratitudine. Pur conoscendovi solo da un mese, vi sento parte della mia vita sacerdotale perché c’è un sacramento che ci unisce, il sacramento dell’ordine, in virtù del quale il Signore vi ha chiamato, vi ha inviato, anche lontano dalla vostra terra, in altri continenti, a evangelizzare e a portare la Parola del Signore. Grazie per quello che siete stati, grazie per quello che siete e grazie per quello che sarete ancora. Vi affido alla Madonna del Popolo perché da questo Triduo pasquale tutti, anche attraverso il vostro esempio e la vostra testimonianza, possiamo trarre insegnamenti di vita e di risurrezione contro ogni dolore e sofferenza”.
Adorazione eucaristica
Al termine della Messa, il Santissimo Sacramento è stato portato dal vescovo in processione e deposto nell’altare della reposizione, presso la cappella della Madonna del Popolo. Lì, dalle 20,45 a mezzanotte, è possibile fermarsi per l’adorazione eucaristica.

“L’altro è una persona, non un numero”
All’omelia, il presule ha commentato il Vangelo del giorno (Giovanni 13,1-15): “Avendo amato i suoi, li amò fino alla fine”. Parole che “mettono in evidenza che l’agire di Gesù Cristo non è solo di un momento o di un tempo ma è azione continua a favore dell’uomo, fino a dare la sua vita, fino a offrire il suo corpo come cibo di vita eterna e il suo sangue come bevanda di salvezza”. L’amore, ha proseguito il presule “non vede altro che il bene dell’altro, affinché l’altro possa crescere giorno dopo giorno nella consapevolezza che non è un numero, ma è una persona, che è figlio e appartiene alla famiglia di Dio, quindi un fratello”. A volte i fratelli lottano l’uno contro l’altro, ha constatato il vescovo, ma “Gesù Cristo mostra che tra voi non dev’essere così: chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, perché davanti agli occhi di Dio ciò che conta è soprattutto il servizio verso la persona, che viene aiutata a riscoprirsi nella sua dignità di uomo”.
“Amore è sacrificio”
L’amore per monsignor Caiazzo “è circolare, nel senso che circola continuamente e contagia le persone che vengono avvolte, non perché si dicono parole dolci, ma perché la forza dell’amore ha alla base la legge divina e naturale del sacrificio. Un genitore che non si sacrifica per il bene dei figli significa che non ama i figli e pensa egoisticamente per sé. Un genitore ama, rinuncia, è capace di mettere da parte se stesso per il bene del figlio. La forza dell’amore scuote le coscienze e rinnova interiormente il cuore dell’uomo. Più sperimenti questa forza e più senti che sei stato avvolto tu stesso dall’amore e diventi amore che vuole avvolgere altri perché tutti possano entrare in questo circolo d’amore che rende la vita feconda”.
“No a una fede a parole”
Chi ama, ha ricordato il presule, “assume l’atteggiamento di piegarsi davanti all’altro“, come “Gesù che si inginocchia davanti ai discepoli e lava loro i piedi“. Il “fare questo in memoria di me”, ha rimarcato monsignor Caiazzo “non è ritualità”, ma “entrare nel circuito dell’amore di Dio ed essere come Gesù Cristo, agire e operare come lui”. Da qui la constatazione che spesso “è difficile che il momento liturgico a cui partecipiamo si trasformi nella vita attraverso azioni concrete”. Citando don Tonino Bello, “la stola e il grembiule stanno insieme”, cioè “non abbiamo bisogno di una fede a parole, ma di una fede che mostra la fecondità di una Parola che entra nel cuore dell’uomo e smuove le coscienze”.
In definitiva, “la vita del cristiano è una vita donata, offerta” e “il credente non soddisfa il precetto liturgico come fine a se stesso, ma lo soddisfa per soddisfare la missione nella quale il Signore lo sta chiamando nella quotidianità”: donarsi agli altri, come lui si è donato a noi. “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Prendete e bevete, questo è il mio sangue. Fate questo in memoria di me”.
Di seguito, la fotogallery a cura di Pier Giorgio Marini.
