Dalla Chiesa
Funerali papa Francesco. Il cardinale Re nell’omelia: “Lo stile del pontificato, la misericordia e la gioia”
Bergoglio ha insegnato a "innescare processi e non a occupare spazi. La Chiesa nel dopo Francesco non potrà non tenerne conto", ha aggiunto il porporato. "Ora, caro Papa, prega tu per noi"
La guerra è sempre una dolorosa e tragica sconfitta, ha ricordato il cardinale
Il peso del distacco umano dal Papa delle periferie
Commozione palpabile. Nel momento in cui i sediari alzano la bara di papa Francesco per mostrarla ai 200 mila presenti in piazza San Pietro e lungo via della Conciliazione, si avverte tutto il peso del distacco umano. Si capisce che Bergoglio, che solo sei giorni fa era su questa piazza per la benedizione Urbi et orbi e il giro in auto in mezzo ai fedeli, il Papa delle periferie, il Papa degli ultimi, dei più abbandonati, dei migranti, dei diseredati, quello che ha raggiunto i posti più lontani del pianeta, è morto davvero. È morto il Papa che aprì il Giubileo della Misericordia a Bangui, nella Repubblica Centroafricana, in un posto dimenticato dal mondo che conta.
Un funerale quasi normale
Chi gli ha voluto bene, chi ha apprezzato la sua testimonianza e la forza del suo messaggio cristiano fatto di accoglienza e apertura a “tutti, tutti, tutti”, come ripeté alla Gmg di Lisbona due anni fa, si è stretto oggi attorno al feretro del Pontefice per tributargli l’ultimo saluto e l’ultimo applauso. Non è stato un funerale da stadio, diciamolo subito. Non si sono stati i cori che ci furono per Giovanni Paolo II 20 anni fa. E neppure sono comparsi gli striscioni che per acclamarlo “Santo subito”. Le esequie di Bergoglio sono state un funerale quasi normale, come era nei suoi desideri, come avrebbe voluto lo stesso Pontefice che in più di un’occasione l’aveva ribadito e come ha scritto nel suo testamento spirituale dove ha ricordato il luogo della sepoltura e l’iscrizione “Franciscus”, in linea con il desiderio di un funerale da pastore e non potente della terra.
Il silenzio in piazza. Vescovo e popolo
Il silenzio è stato un tratto caratteristico della Messa. Un silenzio composto, di gente in preghiera che ha seguito il Rosario prima della celebrazione eucaristica e poi ha partecipato anche se il rito è stato in gran parte in latino. Un popolo con il suo vescovo, come il vescovo di Roma aveva detto in mondovisione la sera del 13 marzo del 2013. Popolo e vescovo insieme, disse Bergoglio. Quello stesso popolo l’ha seguito anche stamattina per le Messa funebre, e poi l’ha applaudito al passaggio lungo le vie di Roma, fino alla basilica di Santa Maria Maggiore dove Francesco ha deciso di essere sepolto.

La Chiesa cambia nel cambiamento d’epoca
In questi anni si è instaurato un rapporto particolare tra il popolo di Dio e il vescovo di Roma che non ha mutato nulla della dottrina ha rivoluzionato la pastorale, adattandola al cambiamento d’epoca che tutti stiamo vivendo. Per essere prossimo alle donne e agli uomini di oggi, per curare le ferite, con una Chiesa che si fa ospedale da campo, In uscita. Sì, perché o la Chiesa è missionaria, oppure non è Chiesa, come ha ricordato anche giovedì sera in Cattedrale il vescovo Antonio Giuseppe nella Messa in suffragio di Bergoglio, citando l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, il testo-programma di tutto il pontificato (cfr pezzo al link qui sotto).
Il cardinale Re nell’omelia: “La scelta del nome fu già un programma”
Nell’omelia il cardinale Giovanni Battista Re, decano del collegio cardinalizio, tratteggia la figura di Francesco. Il cardinale mette in evidenza che fin dalla scelta del nome si era intuito di che pasta sarebbe stato il ministero petrino di Bergoglio, “vicino a tutti, ma in particolare agli emarginati – ricorda il porporato -. Ha condiviso le ansie e le sofferenze del nostro tempo”. Fa intendere che per il Pontefice “la Chiesa è una casa per tutti, una casa sempre aperta. Una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo curandone le ferite”, stando vicino ai migranti, ai profughi, ai poveri. E questo, aggiunge il cardinale, il Papa l’ha fatto capire benissimo con “il suo primo viaggio sull’isola di Lampedusa e poi a Lesbo”. Luoghi dove sbarcano di continuo migranti provenienti dall’Africa più povera e per raggiungere i quali a migliaia sono morti e ancora muoiono in mare. Re cita anche la visita nei pressi del muro tra Messico e Stati uniti d’America, e lo fa davanti al presidente Usa Donald Trump le cui politiche migratorie rendono sempre più alto quel muro. Non teme di citare le scelte coraggiose di papa Francesco che vengono sottolineate dagli applausi del suo popolo che ha tributato consensi anche al presidente ucraino Volodymyr Zelenski al suo ingresso sul sagrato, unico leader a ricevere un applauso.
Misericordia e gioia del Vangelo. La guerra è sempre una sconfitta
“Misericordia e gioia del Vangelo – sottolinea Re – sono le parole-chiave di papa Francesco – che ha parlato di fraternità” universale con l’enciclica “Fratelli tutti” e il documento di Abu Dhabi. Poi richiama sull’importanza della cura della casa comune che il Pontefice ha indicato con l’enciclica sul creato, la “Laudato si'”,. Un Papa che non ha mai smesso di invocare la pace e di dire che la guerra “è sempre una dolorosa e tragica sconfitta”. E ancora, aggiunge Re, che bisogna darsi da fare “per costruire ponti e non muri”.
Non occupare spazi, ma innescare processi. “Ora, caro Papa, prega tu per noi”
Papa Francesco ha sempre chiesto di pregare per lui, in ogni occasione, ricorda il cardinale Re. Ora, “caro papa Francesco – conclude il porporato la sua omelia – chiediamo a Te di pregare per noi e che dal cielo Tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza”. Quella speranza tanto invocata in questo anno giubilare da lui introdotto e che un altro porterà a termine. Sì, perché importante, ha insegnato il Papa argentino, è innescare processi e non occupare spazi. La Chiesa nel dopo Francesco non potrà non tenerne conto.