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Emergenza Covid, vaccini e certificazioni

Confcommercio su Green pass: "Baristi e ristoratori non sono sceriffi"

Il presidente Augusto Patrignani insieme alla Fipe: "I gestori non sono pubblici ufficiali. Bisogna semplificare, prevedendo un'autocertificazione"

foto archivio sandra e urbano (cesena)

Sì alla vaccinazione di massa per sconfiggere definitivamente il Covid, sì alle riaperture in sicurezza, no alla discriminazione delle imprese. Fipe Confcommercio cesenate interviene sull'introduzione del green pass anche per l'accesso dentro i pubblici esercizi al chiuso nel cuore dell'estate, nel pieno della stagione turistica e in una una fase finalmente di ripresa del settore, sia pur difficoltosa, del settore dopo oltre un anno di disagi e difficoltà.

"La premessa è che si deve sempre mirare a consentire il lavoro in sicurezza, senza passi indietro. Inoltre quello che non vogliamo - rimarcano in una nota stampa i presidenti di Confcommercio cesenate Augusto Patrignani e i presidenti Fipe Angelo Malossi (baristi) e Vincenzo Lucchi (ristoratori) - è che gli imprenditori del settore dei pubblici esercizi debbano trasformarsi in sceriffi e accertatori sul green pass. I gestori dei bar e dei ristoranti non sono pubblici ufficiali e come tali non possono assumersi responsabilità che spettano ad altri. È impensabile che, con l’attività frenetica che caratterizza questi locali, titolari e dipendenti possano mettersi a chiedere alle persone di esibire il loro green pass e ancor meno a fare i controlli incrociati con i rispettivi documenti di identità. Così facendo c’è il rischio di rendere inefficace la norma. Bisogna semplificare, prevedendo un’autocertificazione che sollevi i titolari dei locali da ogni responsabilità. Chi dichiarerà il falso lo farà a suo rischio e pericolo. Oppure avremmo preferito che il green pass funzionasse come la patente, che controllassero le forze dell'ordine: se ti trovano senza patente sanzionano e colpiscono il trasgressore, non il pubblico esercizio''.

"Il 40 per cento degli esercizi - proseguono Patrignani, Malossi e Lucchi - non ha aree esterne e 18 milioni di persone non sono ancora vaccinate. Sono molti i  clienti che certe attività rischiano di perdere, così si riduce la domanda e si rischia di perdere una potenziale fetta di clientela. Le misure sul green pass creano un impatto economico e organizzativo colpendo la ristorazione e i settori che sono usciti in ginocchio dalla pandemia".

"Se proprio era necessario introdurre un vincolo doveva essere introdotto in senso generale - concludono Patrignani, Malossi e Lucchi -. C'è un problema di vaccinazioni in questo Paese? Perfetto, l'obbligo andava esteso a tutti i luoghi di lavoro, ai pubblici servizi, anche ai trasporti pubblici e al Parlamento per dare l'esempio. Questa nuova limitazione, pur mitigata nelle indicazioni, purtroppo finisce per far rientrare dalla finestra le restrizioni uscite dalla porta con il passaggio in zona bianca".

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