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Migranti frustati al confine Usa-Messico, vescovi “rattristati"

I vescovi statunitensi, preparandosi a celebrare la Giornata mondiale del rifugiato, continuano a insistere sull’accoglienza e sulla necessità di una riforma del sistema migratorio

(Foto AFP/SIR)

“Siamo rattristati nel vedere un tale disprezzo per la dignità umana”. È il commento del vescovo Mario E. Dorsonville, presidente della Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale Usa, e di suor Donna Markham, presidente di Catholic Charities, di fronte alle immagini dei poliziotti a cavallo che scacciavano gli immigrati haitiani, mentre cercavano di attraversare la frontiera che collega Stati Uniti e Messico.

Da circa due settimane 14.000 migranti provenienti da Haiti si sono accampanti sotto il ponte di una piccola città di frontiera, Del Rio, a circa 230 chilometri dalla città di San Antonio, in Texas, dopo aver attraversato illegalmente il fiume Rio Grande, dal lato messicano.

Senza cibo, né acqua, né riparo da temperature che hanno superato i 38°, uomini soli, donne e famiglie con bambini hanno affrontato ogni pericolo pur di lasciare l’isola caraibica e approdare in Messico. Da lì, a piedi o con mezzi di fortuna hanno provato a raggiungere uno dei sei porti d’ingresso aperti lungo la frontiera. Catholic Charities di San Antonio, appena ricevuta la notizia sui numeri dei presenti, si è precipitata nei soccorsi, trasportando nell’accampamento di fortuna: vestiti, coperte, indumenti per bambini, acqua e cibo. Alcuni sono stati trasportati in una città più attrezzata per consentirgli di raggiungere, facilmente, amici e conoscenti in attesa che le pratiche vengano espletate dal servizio di immigrazione.

Il vescovo di San Antonio, Gustavo García-Siller ha spiegato che Del Rio è solo un “piccolo pezzo” del confine tra Texas e Messico, quindi non ha le infrastrutture per un gruppo così numeroso di migranti, a differenza di altre città di confine come Brownsville, McAllen ed El Paso: città più grandi e con una lunga tradizione di accoglienza. Il vescovo, inoltre, ha detto che la barriera linguistica è uno degli ostacoli più complicati di questa crisi; poiché gli haitiani parlano solo francese e mons. García-Siller ha chiesto alla comunità congolese ed altre Ong un aiuto per facilitare l’accoglienza, per quanto sommaria, di questi nuovi arrivati. La diocesi ha appena aderito al programma di ospitalità e accompagnamento per circa 800 afghani, scampati al regime talebano.

Sister Norma Pimentel, direttore di Catholic Charities della Valle di Rio Grande ha precisato che altri gruppi di haitiani si sono recati verso un altro porto di ingresso a Reynosa, in attesa di essere interrogati dalla polizia di frontiera. Nel centro di McAllen, gestito da sister Norma, gli haitiani sono molti pochi. “Penso che la maggior parte sia in stato di detenzione, mentre si elaborano le pratiche di asilo, mentre altri sono inviati ad altri porti di ingresso o rimpatriati o spostati in Messico”, ha spiegato la suora, offrendo la sua disponibilità per aiutare anche da questa parte di confine.

L’amministrazione Biden il 22 settembre ha iniziato le deportazioni, utilizzando anche 7 aerei al giorno. I funzionari fanno appello al titolo 42, una norma emessa dall’amministrazione Trump e ancora in vigore, che giustifica le deportazioni come strumenti per prevenire la diffusione della pandemia. Degli haitiani espulsi, alcuni vengono riportati sull’isola, ancora paralizzata dal recente assassinio del suo presidente, da un grave terremoto e dalla tempesta tropicale Grace. Altri verranno riportati in alcune città messicane o centroamericane, dove hanno vissuto prima di tentare la traversata.

Due funzionari, sotto garanzia di anonimato, hanno riferito all’agenzia AP che in realtà un numero “molto ampio di haitiani” è stato trasferito con pullman e aerei, in altre città statunitensi come El Paso, Laredo, nella valle del Rio Grande e a Tucson in Arizona. Tutti hanno ricevuto un mandato di comparizione presso un ufficio immigrazione entro 60 giorni per valutare il loro stato migratorio e presentare una richiesta di asilo temporaneo. Il segretario del dipartimento di sicurezza, Alejandro Mayorkas, ha ridisegnato lo status di protezione temporanea, consentendo ad alcuni haitiani presenti negli Stati Uniti almeno dal 29 luglio 2021, di rimanere e lavorare nel Paese per un periodo di diciotto mesi.

Intanto per gli agenti di polizia di frontiera a cavallo che hanno allontanato la folla, “apparentemente con la frusta”, si è aperta un’inchiesta. Gli agenti hanno spiegato che non hanno usato la frusta, ma le redini lunghe per controllare meglio i cavalli, sotto pressione per il numero di persone da cui erano circondati.

I vescovi statunitensi, preparandosi a celebrare la Giornata mondiale del rifugiato, continuano ad insistere sull’accoglienza e sulla necessità di una riforma del sistema migratorio, bloccato dalle fazioni partigiane del Congresso. “Come Chiesa al servizio di tutto il popolo di Dio, accogliamo la chiamata di Cristo ad accogliere il nuovo venuto e ad accompagnarlo ovunque si trovi”, scrive il presidente della commissione per le migrazioni, Dorsonville, mentre il presidente della Conferenza episcopale Usa, l’arcivescovo José M. Gomez, chiede di dedicare una delle collette domenicali, alla ricostruzione di Haiti.

Il presidente americano, Joe Biden, rispondendo in conferenza stampa a una giornalista della ABC sulle immagini degli immigrati haitiani rincorsi dagli agenti a cavallo, si è assunto la responsabilità di quelle “scene orribili”.

“Sono il presidente ed è ovvio che mi assuma la responsabilità”, ha detto Biden, aggiungendo che “è stato orribile vedere quello che avete visto e cioè le persone trattate così, con i cavalli che le rincorrono mentre vengono prese a cinghiate”. “È scandaloso. Ve lo prometto: quelle persone pagheranno”, ha ribadito il presidente spiegando che ci sono delle indagini in corso e che “ci saranno conseguenze”. “È un imbarazzo. Ma al di là dell’imbarazzo è pericoloso, è sbagliato, invia un messaggio sbagliato in giro per il mondo e invia un messaggio sbagliato al nostro Paese. Semplicemente non è quello che siamo”, ha insistito il presidente statunitense.

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