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Il Paese e il Covid, alla viglia del Natale. Come ridare la parola alla famiglia?

La pandemia penetra anche nella mente, aumentano i “mali” psicologici. La vera sfida rimane quella di ricucire l’alleanza sempre più fragile tra famiglia, scuola e istituzioni

Foto archivio SIR/Marco Calvarese

È un’Italia più povera (oltre un milione in più, soprattutto giovani e donne, le persone in difficoltà nel 2021), divisa e timorosa quella che ancora combatte contro il Coronavirus. È scritto in un recente dossier del Censis dal titolo “Inclusione ed esclusione sociale: cosa ci lascerà la pandemia”, che fotografa una nazione dove i divari si sono accentuati, ma che mostra anche come il Paese abbia tenuto grazie al sostegno economico di genitori e nonni verso i giovani colpiti dalla crisi Covid e grazie all’intervento dello Stato.

La pandemia penetra anche nella mente, aumentano i “mali” psicologici: stress, depressione, ansia e paura indefinita. Un carico di difficoltà che si abbatte in particolare sui più giovani e sulle famiglie con redditi bassi. Tutto il mondo delle relazioni familiari è stato investito dall’ondata della crisi e se in un primo momento l’impatto si è abbattuto sul mondo degli anziani e il disorientamento ha colpito gli adulti, in un secondo momento l’urto ha coinvolto anche i più giovani.

Sotto stress è stato posto l’intero tessuto delle nostre relazioni familiari e sociali. Così anche la richiesta di aiuto da parte dei ragazzi (dalla fine del 2020 a oggi) è aumentata, come testimoniano gli indici di dispersione scolastica, che registrano una percentuale del 23 per cento per gli studenti che non riusciranno a terminare il percorso scolastico (da ultimo rapporto 2020 Save The Children).

Anche l’occupazione femminile, che ha indici tra i più bassi d’Europa nonostante la ripresa post Covid, non sorride alle donne. I dati degli ultimi mesi dicono che i nuovi contratti attivati sono stati per sei volte su dieci a favore degli uomini, ma anche e soprattutto che le tipologie e le modalità di impiego femminile continuano spesso a restare indietro nel mercato del lavoro.

Allora la domanda che si impone per tutti noi non è solo da riferire all’assenza di risposte rispetto all’emergenza (che pure sono in campo), ma dichiara un’urgenza nella ricerca di luoghi relazionali sicuri e significativi per il nostro futuro. Come riconoscere la necessità di ridare la parola alla famiglia? Una strada per invertire la tendenza può essere quella di attivare politiche stabili a favore dell’autonomia dei giovani e di rafforzamento dei servizi per l’infanzia, in modo da aiutare i genitori a conciliare attività lavorativa e impegni familiari e qualcosa nel Pnrr è stato inserito.

La vera sfida rimane quella di ricucire l’alleanza sempre più fragile tra famiglia, scuola e istituzioni. Sono troppi i racconti di questi due anni con persone fragili abbandonate, magari perché è stato chiuso un centro diurno o sono stati ridotti i servizi “causa Covid” o addirittura facendo venire meno la presenza dei necessari sostegni a bambini, giovani o anziani in difficoltà. Sarebbe imperdonabile sacrificare sull’altare di una norma o di una circolare amministrativa la cura delle persone che stanno pagando il conto più salato dell’emergenza epidemiologica. Purtroppo continua a succedere, anche nelle nostre città.

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