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Ancora sulla rete Re.a.dy. Interviene Stefano Spinelli

La Giunta regionale precisa che non concederà contributi ad associazioni che "pubblicizzano la surrogazione di maternità" (utero in affitto). Bontà sua, visto che per il momento tale pratica è considerata reato

Ancora sulla rete Re.a.dy. Interviene Stefano Spinelli

Dopo i diversi interventi pubblicati nei giorni scorsi a seguito del comunicato da parte del Consiglio pastorale diocesano e del Consiglio diocesano delle aggregazioni laicali (cfr pezzi a fianco) oggi è arrivato anche un contributo da parte dell'avvocato cesenate Stefano Spinelli, responsabile regionale del dipartimento istruzione di Fratelli d'Italia.

Di seguito il testo di Spinelli. 

Caro direttore, ecco i primi effetti dell'adesione degli enti territoriali alla rete Re.a.dy. e all'ideologia Lgbt che esprime.

Come noto, in questi giorni nella città di Cesena sono fiorite le prese di posizione, a seguito dell'intervento critico del Consiglio pastorale diocesano sull'adesione del Comune alla rete Re.a.dy., che ha come finalità quella di promuovere l'agenda Lgbt nel Paese, anche mediante "azioni informative e formative rivolte al personale impegnato in campo educativo e scolastico".
La Regione Emilia Romagna è stata una delle prime istituzioni locali ad aderire.

Non stupisce quindi (anzi, stupisce solo chi chiude gli occhi davanti all'evidenza) che la Giunta Regionale lo scorso 2 agosto abbia assunto (in piena estate) la Determinazione 14573, con la quale finanzia con ben 2 milioni di contributi (e rotti) un'ottantina di progetti sulla "violenza di genere", molti dei quali proposti da associazioni Lgbt e volti a diffondere l'ideologia Lgbt.

Sono state finanziate associazioni come Il Cassero di Bologna, già noto per una rappresentazione indagata come blasfema, e i loro Teatri Arcobaleno 2021/2022; Red di Bologna, che ha come fine quello di "promuovere la diffusione della cultura omosessuale"; diverse sezioni locali di Arcigay, con i progetti L'Arcobaleno Oppresso o DiverSiAmo; Hamelin, che organizza un corso sulla letteratura per le scuole superiori "in ottica di genere e intersezionale", con il fine di "decostruire gli stereotipi di genere e supportare percorsi di autodeterminazione alla propria identità".
Vi sono finanziati poi progetti come quello Uisp di Bologna, GiochiAmoMisti, che si propone di decostruire i pregiudizi e favorire "una cultura alla pratica sportiva che vada oltre il binarismo di genere e che persegua nuovi modelli di gioco"; oppure quello di Amigdala di Modena, dal significativo titolo Kin-costruire parentele inedite; o ancora l'associazione Apeiron di Cesena con il progetto Abbasso gli stereotipi e Lumen di Castelnuovo Rangone, che pubblicizza il manuale Educare alla parità di genere, diffondendo la lotta agli stereotipi di genere, con il progetto E-quality, e l'associazione Cambia-Menti di Rimini con il progetto Genderful-Corpi e identità.

La Giunta poi precisa che non concederà contributi ad associazioni che "pubblicizzano la surrogazione di maternità" (utero in affitto). Bontà sua, visto che per il momento tale pratica è considerata reato. Ma Arcigay ha contestato detta limitazione come "una forzatura inspiegabile", Arcilesbica è stata sfrattata dalla sede legale del Cassero, proprio perché contraria all'utero in affitto, e la stessa rete Re.a.dy. tra le buone prassi inserisce il "riconoscimento della omogenitorialità" (vedi sezione Famiglie, nel sito di riferimento). Insomma, la Regione non brilla certo per coerenza.
La priorità non dovrebbe essere la diffusione della cultura gender, bensì una cultura del rispetto per ogni persona indipendentemente dalle etichette attribuibili, che non ha nulla a che vedere con questo provvedimento regionale.

Stefano Spinelli
Responsabile Regionale Dipartimento Istruzione di FdI"

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