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Orlando Piraccini in ricordo di Calderoni: "Aveva una pittura diretta al cuore"

"Siamo davanti ad una pittura senza tempo, ma non fuori dal nostro tempo. Magicamente anacronistica". Così disse Piraccini quattro anni fa all'apertura della personale di Calderoni, nella chiesa di Santa Cristina

Orlando Piraccini in ricordo di Calderoni: "Aveva una pittura diretta al cuore"

Poco fa Orlando Piraccini ha inviato al nostro direttore via email un bel ricordo dell'artista Adelmo Calderoni deceduto nei giorni scorsi. (cfr pezzi a fianco)

Di seguito lo pubblichiamo integrale. 

Caro direttore, la notizia sul Corriere Cesenate della scomparsa di Adelmo Calderoni mi ha molto addolorato. Ho conosciuto tardi il professore grazie agli Amici del Monte ed è stato bello per me l’impatto con la sua pittura satura di cultura figurativa e al tempo stesso diretta al cuore del riguardante.

Nel ricordo del Corriere Cesenate si cita la “personale” di Calderoni allestita a Santa Cristina quattro anni or sono e siccome per quell’occasione fui invitato dall’amico Giovanni Poletti, curatore della mostra, a dire qualcosa al gran pubblico che affollava la chiesa, ho ricercato la “traccia” di quel mio breve discorso. La trasmetto al giornale come piccola testimonianza in ricordo di Adelmo.

“Davanti a Calderoni qui, ora, dovrei pronunciare solamente parole di scuse. Mi occupo di arte cesenate da tanto tempo, ma confesso che la figura e l’opera di Calderoni mi erano sfuggite, finché non ho iniziato qualche indagine sull’arte sacra contemporanea, e nelle chiese della città, cominciando dalla vicina San Bartolo, ho fissato lo sguardo su alcune grandi pale d’altare, dipinte magistralmente, all’antica, ma senza risultare antiche.

E allora ho cominciato a interessarmi, a studiare un po’, a provare a conoscerlo Calderoni la cui pittura pone non poche questioni che si evidenziano anche in questa mostra che è in sé bellissima nell’allestimento studiato da Giovanni Poletti.

Ne cito una che riguarda l’attualità della pittura di Calderoni rispetto a quel che sta accadendo nel contesto delle espressioni artistiche contemporanee così segnato, come ben si sa, dal fenomeno dell’indistinto fra quelle che un tempo si chiamavano tendenze. È vero ciò che scrive Poletti, che la pittura di Calderoni ha radici profonde nella vicenda figurativa novecentesca. Ma è altrettanto vero che quelle radici trasmettono ancora linfa vitale, e ciò significa che qui siamo davanti ad una pittura senza tempo, ma non fuori dal nostro tempo. I soggetti sacri, ma anche quelli di genere esposti nella mostra sanno d’antico, ma risultano così vicine ad un modo d’intendere la realtà che molto assomiglia a quella degli anacronisti che attorno agli anni settanta contrapposero alle mode concettuali, tutte più o meno inneggianti alla morte dell’arte, il loro credo nel ‘fare pittura’.

E allora la questione che si pone riguarda non una generica iscrizione di Calderoni alla tradizione figurativa, ma il riconoscimento di un modo d’intendere la pittura come valore, come mezzo e come fine per esprimersi.

Non ci si limiti dunque ad ammirare queste opere come esercizi di buona pittura in senso scolastico e accademico, ma come esiti di un confronto consapevole e persistente da parte del loro autore tra passato e presente, dove anche la citazione – e mi riferisco specialmente a certi soggetti sacri – rientra in una dinamica inventiva tra storia e metastoria dell’arte. Su questo discrimine mi sembra che possa essere collocato Calderoni, artista di lungo corso con la sua pittura: che è bella sì da vedere, ma a mio avviso è soprattutto attualissima proprio perché così formidabilmente e magicamente anacronistica”.

Orlando Piraccini

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