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San Giorgio, frazione popolosa ma senza un negozio

Patrignani: "Serve volontà politica orientata a sforzi eccezionali, non ordinari"

Patrignani

Osvaldo Paci, titolare di un alimentari nella frazione cesenate di San Giorgio, ha chiuso l’unico negozio della frazione a causa dell'insostenibilità dei costi delle bollette, moltiplicati per 5-6 volte. Nei giorni scorsi la sua storia è stata ripresa dall'informazione nazionale Rai. Pubblichiamo di seguito una lettera sul tema a firma di Corrado Augusto Patrignani, presidente Confcommercio cesenate. 

***

Caro direttore,

San Giorgio, popolosa frazione cesenate, è senza un posto, un esercizio commerciale per poter fare la spesa: che sia negozio di generi alimentari, come si diceva una  volta, o un supermercato. E senza nulla. Gli abitanti sono costretti a mettersi in auto per poter accedere all’acquisto dei beni essenziali per vivere, il cibo. Gli anziani, le persone sole e in difficoltà, magari che non guidano, sono in grande difficoltà per l’approvigionamento.

Il fenomeno sociale e accomunante del fare la spesa in paese disintegrato. Un caso isolato? No, lo scenario è tale che possa ripetersi e già altre situazioni similari si sono verificate. La desertificazione commerciale, in molte gamme merceologiche e ora persino in quello che riguarda la rete distributiva alimentare, è uno spettro che si aggira sinistro e potrebbe caratterizzare il futuro prossimo nel nostro territorio, come in altri. Si sente dire: il commercio tradizionale è in crisi, si tratta di un problema strutturale ed epocale, nulla si può fare. Vero in parte.

Per Confcommercio cesenate è un problema a cui si può far fronte, se esiste un minimo di volontà politica orientata a sforzi eccezionali, non ordinari: eccezionali, per creare un ambiente sostenibile al mantenimento e al rafforzamento dei piccoli negozi di vicinato, dalla periferia al centro storico.

Se la politica a tutti i livelli - nazionale, regionale, comunale - abdica da questo necessario intervento - assume una posizione pilatesca nei confronti del problema nevralgico della qualità della vita urbana: la dotazione di servizi a disposizione nei luoghi in cui si vive e lavora. Ma come: si è tanto attenti alla sostenibilità ambientale - giustamente - e non lo si è parimenti nei confronti della sostenibilità umana della qualità della vita delle persone?. Non diciamo che i negozi equivalgano agli alberi e agli spazi verdi, si tratta di due cose diverse,  ma affermiamo che entrambi sono indispensabili perché la rete distributiva di un comune, parimenti alla sua dotazione di spazi verdi, è un cartina di tornasole del suo stato avanzato o della sua arretratezza.

Un Comune con la periferia sprovvista di negozi anche dei generi di prima necessità non può considerarla un’inevitabile eventualità del mercato, ma deve ragionare su come poter sostenere le attività distributive a beneficio dei suoi residenti: facilitazioni e incentivi, diminuzione del carico fiscale e burocratico, maggiore fruibilità delle zone terziarizzate con piani di arredo e di mobilità mirati a facilitare l’arrivo nei negozi e negli esercizi pubblici attraverso i vari sistemi della plurimobilità, premi alle nuove imprese che aprono attività nei settori scoperti. Questo ed altro chiediamo alle nostre amministrazioni locali.

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