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Una lettrice scrive al direttore: "In ospedale abbiamo incontrato professionalità, umanità e affetto. Di tutto questo sono commossa"

"Ho sentito il reparto in cui abbiamo vissuto questi lunghi mesi come una grande famiglia che partecipava alla nostra sofferenza e ci accompagnava in questo difficile percorso molto doloroso, e tuttavia ricco di importanti contributi umani", ha aggiunto la signora

Foto archivio Siciliani-Gennari/SIR

Pubblichiamo la lettera principale che i lettori possono trovare anche sull'edizione cartacea in edicola da questa mattina. 

Una lettrice scrive al direttore e chiede di poter pubblicare il grazie agli operatori sanitari che si sono occupati del marito.

Di seguito la lettera e la risposta del direttore.

Caro direttore, se può le chiederei di pubblicare la lettera che io ho scritto (ma è il pensiero anche di mio marito) al personale dell’ospedale “Bufalini” di Cesena. L’abbiamo indirizzata ai medici, agli infermieri e agli operatori sanitari dell’Unità operativa della Terapia intensiva 1 – Rianimazione.
Ecco il testo.

Buongiorno, sono Patrizia, moglie di Maurizio Gasperini che è stato ricoverato per Covid 19 nel vostro reparto, dopo alcuni giorni in Terapia Sub–intensiva.
Il ricovero in ospedale è durato 63 giorni, fino al 19 aprile, quando è stato inviato nell’Unità operativa di Pneumologia chirurgica a Forlì.
Mio marito è stato da voi seguito e curato con un altissimo livello di professionalità, umanità, dedizione e anche, ne sono profondamente commossa, affetto.
Avete affrontato innumerevoli e difficilissime complicazioni, momenti di alta criticità, sempre con estrema competenza e manifesto desiderio di fare di tutto per salvarlo, anche quando la gravissima situazione precipitava pericolosamente e sembrava impossibile sperare ancora.

Grazie a voi medici del colloquio quotidiano trasformato in uno stretto legame di condivisione e comprensione: avete sempre dimostrato una profonda sensibilità, disponibilità, gentilezza, insieme alla sincerità e obiettività necessarie. Sempre con uno sguardo di benevolenza.

Ho sentito il reparto in cui abbiamo vissuto questi lunghi mesi come una grande famiglia che partecipava alla nostra sofferenza e ci accompagnava in questo difficile percorso molto doloroso, e tuttavia ricco di importanti contributi umani.

Sapevo che mio marito era in ottime mani, a voi lo affidavo con estrema consapevolezza e gratitudine, mentre sempre confidavo nel Signore e nel progetto di bene che Lui ha su di noi, qualunque sia l’esito.
Con infinita riconoscenza e stima.
Patrizia - Cesena

Cara signora Patrizia, come giustamente lei mi ha annotato “non sempre vengono evidenziati i casi di buona sanità”, come invece meriterebbero, soprattutto in questi ultimi mesi di minore attenzione verso la pandemia e di stanchezza anche per una situazione che si è protratta, purtroppo, a lungo e per qualcuno, come nel vostro caso, in maniera anche grave. La sua lettera mostra in maniera eloquente tutta la professionalità messa in campo dai nostri operatori sanitari. Tutta la pazienza e tutta la dedizione. E queste ce le potremmo anche aspettare. La prima di sicuro, la professionalità. Tutto il resto, invece, non è per nulla scontato, ma nella realtà è assai diffuso. Lei cita umanità e affetto, due aspetti importanti in frangenti molto delicati come sono quelli di un ricovero in terapia intensiva protrattosi così a lungo.

Le sue parole le fanno molto onore e fanno onore a chi si spende ogni giorno sul campo, in una lotta, quella contro il Covid-19 che va avanti da oltre due anni. In questo secondo anno in troppi (per fortuna non molti) si sono accaniti con i medici e contro il personale più in generale, come se la malattia fosse un’invenzione, come se qualcuno stesse lì a raccontarla apposta tanto per farsi bello e avesse qualcosa da guadagnarci a scapito di altri, gli ammalati, i contagiati, quelli che se lo sono preso questo virus che ancora non molla la presa, anche se ora i danni sono di certo minori.

La realtà, lo dico e lo scrivo sempre, va presa per quella che è e non per quella che noi vorremmo. Più la si guarda in faccia e meno paura fa. Inutile nascondersi e cercare di scansarla. Va conosciuta e affrontata con tutto ciò che si può avere a disposizione. E anche e soprattutto, come lei scrive e come nel vostro caso e in quello di tantissimi altri, con l’aiuto e il sostegno di persone capaci, competenti, professionali, amorevoli, attente.

È bello e dà conforto ascoltare quello che lei scrive. Dà conforto a me che non lavoro in ospedale. Sono certo che dia molto più conforto a chi ogni giorno è in prima linea per combattere mali di ogni genere, là sulla frontiera spesso tra la vita e la morte, come è appunto il reparto di Terapia intensiva.
Quindi, cara signora, la ringrazio per questo suo scritto che ha voluto condividere con i lettori del Corriere Cesenate. Una condivisione che facciamo nostra perché il bene per espandersi va anche diffuso, fatto conoscere per essere apprezzato.

Auguro a lei e a suo marito ogni bene, in particolare per la salute da recuperare prima possibile.
Nella speranza di poterci incontrare presto, la saluto con tanto affetto.

Francesco Zanotti
zanotti@corrierecesenate.it

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