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Nuova verità sul “caso Pascoli”: ecco come andò

Una tesi inedita sull'omicidio del padre del poeta

Nella foto d'archivio del Corriere Cesenate, Villa Torlonia

Nella vita di Giovanni Pascoli (1855 – 1912), illustre poeta romagnolo, accadde un fatto che segnò per sempre la sua esistenza: l’omicidio del padre Ruggero. Era ancora un bambino quando fu privato della figura paterna. Nonostante sul caso si indagò a lungo e furono condotti ben tre processi, le ragioni e gli autori del delitto rimasero sempre un mistero.

A lungo si pensò che il motivo della morte potesse essere ricollegato a fini politici o a un interesse personale. Come riportato dal giornalista Paolo Fallai su Corriere.it, tra le “ipotesi più accreditate” si riscontra quella in cui si “racconta che Ruggero Pascoli sarebbe stato vittima di chi voleva prendere il suo posto come amministratore del fondo Torlonia. E il figlio Giovanni, pur senza nominarlo, accusa Pietro Cacciaguerra, un ricco possidente di Savignano, che in effetti andò a occupare quel posto. Altre ipotesi rimandano al clima aspro e violento della Romagna in quegli anni, dove Ruggero Pascoli era visto come un repubblicano che si era venduto ai monarchici del neonato Stato italiano”. Il libro Il segreto della Cavallina storna, pubblicato ultimamente dalle edizioni Minerva e scritto da Maurizio Garuti, svela un’altra verità, rimasta celata per più di un secolo.

Quel che risulta certo è che la tragedia si consumò nella giornata del 10 agosto 1867, mentre Ruggero faceva ritorno a casa da Cesena sul suo calesse. Quando era ormai prossimo alla propria abitazione, un colpo, sparato da dietro una siepe, gelò il fattore. Se fino a questo momento l’identità del colpevole poteva essere avanzata senza alcuna certezza, l’opera di Garuti sembra chiarire, definitivamente, i dettagli della vicenda.

La ricostruzione si radica nella testimonianza di Bruno Gobbi, commercialista ed ex sindaco di Gambettola nonché parente del reale assassino del Pascoli. Secondo quanto rivelato dallo scrittore in una recente intervista, rilasciata a Cesare Sughi, quello di cui stiamo parlando “non fu un delitto di cupidigia, di invidia, ma la vendetta di un mezzadro nei confronti di chi – il padre di Zvanì [soprannome dai toni affettuosi con cui Giovanni Pascoli veniva chiamato dai familiari] – aveva abusato di Giannina, contadina e moglie di Silvestro [Gobbi]”. Dunque, un delitto d’onore, commesso come riparazione a un torto subìto.

Da questa oscura circostanza, che macchiò in maniera indelebile la vita del noto poeta Giovanni, scaturirono diversi poemi, tra i quali si ricordano 10 agosto e La cavallina storna.

In particolare, sono celebri i versi struggenti di quest’ultima lirica che così recita: “O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; lo so, lo so, che tu l’amavi forte! Con lui c’eri tu sola e la sua morte. O nata in selve tra l’ondate e il vento, tu tenesti nel cuore il tuo spavento; sentendo lasso nella bocca il morso, nel cuor veloce tu premesti il corso: adagio seguitasti la tua via, perché facesse in pace l’agonia…”.

L’infanzia segnata del giovane Pascoli fu resa ancor più traumatica dalla perdita della madre Caterina, venuta a mancare l’anno seguente (1868) di crepacuore.

Dopo più di cent’anni in cui si sono susseguiti processi e studi, per approfondire e cercare di risolvere il giallo incompiuto, ecco scoprire che la verità era a un passo da noi, custodita gelosamente e tramandata ai discendenti dell’autentico responsabile. Ora possiamo, finalmente, mettere la parola fine a un fatto enigmatico che contraddistinse la storia della Romagna nella seconda metà del XIX secolo.    

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