Bagno di Romagna riscopre Manara Valgimigli

In una conferenza è stato approfondito il rapporto dell'intellettuale bagnese con la modernità

Un momento della conferenza pubblica

La “Fondazione Abbatia Nullius Balneensis”, che si propone di essere un faro culturale all’interno del territorio appenninico, ha organizzato nei giorni scorsi, al Palazzo del Capitano, una conferenza letteraria sull’intellettuale romagnolo Manara Valgimigli.

La conferenza sul grecista

Grecista e docente universitario noto a livello nazionale, nacque proprio nel Comune di Bagno di Romagna nel 1876 e quest’anno ricorre il 60esimo anniversario della morte. La sua figura, purtroppo, è ancora poco conosciuta e non solo dalle giovani generazioni.

La conferenza è stata tenuta dal professor Roberto Greggi, docente di Lettere presso l’Istituto comprensivo bagnese “Valgimigli”, oltre che presidente del Centro studi Valgimigliano. Ha introdotto la Conferenza, dopo il saluto di Carla Para, assessore all’Istruzione del Comune di Bagno di Romagna e per molti anni docente presso la sede bagnese del Liceo Scientifico “Righi”, il professor Robert Lolli, docente di Lettere presso la medesima sede liceale da oltre vent’anni. Intervenuta anche la dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo locale, la professoressa Daniela Corbi.

La conferenza, che si è posta l’obiettivo di far meglio conoscere la figura dell’intellettuale, ha visto una buona presenza di pubblico, fra cui alcuni studenti del Liceo scientifico “Righi” della sede di Bagno di Romagna.

Rapporto difficile con la modernità

Anche attraverso la saggia selezione di passi significativi della produzione valgimigliana, letti dal professor Greggi, sono emersi i tratti salienti della personalità del letterato e del suo rapporto con la modernità. Tale rapporto non è stato sempre facile, ma a volte difficile e problematico. Volse sempre la sua attenzione di filologo classico a quelle opere che tentavano di aprire un rinnovato discorso con le opere del passato, in particolare i “Lirici greci” nella traduzione di Salvatore Quasimodo e i “Dialoghi con Leucò” di Cesare Pavese. Fu però sempre refrattario a quei testi e a quelle opere che aprivano nuove strade espressive.

Abitò il Novecento come un luogo al quale guardare con riserbo e qualche sospetto e sempre in attesa dello sfratto, che infine arrivò nella tarda serata del 27 agosto 1965, mentre era impegnato a leggere e a tradurre proprio il suo Omero.