Dal Mondo
Goma in fiamme: il racconto del missionario brisighellese padre Querzani dalla guerra in Congo
A Kinshasa, la capitale del paese, la popolazione è insorta contro la comunità internazionale, accusata di inerzia
Nella Repubblica Democratica del Congo la guerra ha ripreso vigore con la conquista di Goma da parte dei ribelli dell’M23. Dalla città assediata, il missionario brisighellese padre Giovanni Querzani racconta il dramma della popolazione
Tra il 27 e il 28 gennaio i ribelli hanno conquistato Goma, città strategica. Popolazione nel panico
“Quello che sta succedendo a Goma mi induce a riprendere il diario sugli avvenimenti che si svolgono in questo meraviglioso e tribolato Paese”. Con queste parole, padre Giovanni Querzani, missionario originario di Brisighella (Ravenna), introduce la sua testimonianza dalla Repubblica Democratica del Congo, dove da anni è testimone della crisi umanitaria che sta devastando la regione del Nord Kivu. La sua voce arriva in mezzo al fragore delle armi e al terrore della popolazione.
La notte del 27 gennaio scorso, i ribelli del movimento M23-AFC, sostenuti da soldati ruandesi, hanno lanciato l’attacco decisivo su Goma, città strategica e cuore della regione. “La città era già da giorni sotto assedio, dopo la conquista di Shake e Minova. Quando le colonne di soldati ribelli sono entrate nei quartieri, la popolazione è fuggita nel panico. Padre Bacibone, parroco di Ndosho situata alla periferia di Goma lungo la strada che va verso la cittadina di Shake dove da diversi giorni erano in corso violenti combattimenti, ci ha avvertito che una folla di persone in fuga si sono rifugiate in parrocchia”.
La conquista è avvenuta in poche ore: “Le forze armate congolesi hanno deposto le armi, mentre i politici e le autorità amministrative fuggivano in battello verso Bukavu”. La conquista dell’aeroporto è stato l’obiettivo strategico della giornata. “Impossessarsi dell’aeroporto internazionale sarebbe il segno incontestabile della reale conquista della città – spiega padre Querzani -. Da parte del padre Bacibone non abbiamo più notizie perché il collegamento a internet è stato interrotto. La gente che può, scappa anche verso il Rwanda, dove alla frontiera c’è una certa tensione”.
La situazione umanitaria è disperata. “Gli ospedali sono al collasso: mancano medicinali, elettricità, acqua potabile. Il numero di feriti è enorme e la gente scappa senza sapere dove andare”, racconta padre Querzani. “Più di un milione di sfollati si trova nei campi profughi alla periferia della città, in condizioni inumane”.
Nel caos dell’occupazione, la prigione centrale di Munzenze è stata assaltata, portando alla fuga di oltre 4.400 detenuti. “Una parte della prigione è stata incendiata, e almeno dieci donne sono morte nelle fiamme”. Intanto, i combattimenti non si sono fermati: i ribelli hanno preso il controllo dell’aeroporto internazionale e ora avanzano verso Bukavu.
La situazione nel resto del paese
A Kinshasa, la capitale del paese, la popolazione è insorta contro la comunità internazionale, accusata di inerzia. “I manifestanti hanno preso d’assalto le ambasciate di Stati Uniti, Francia e Belgio, ritenendole complici dell’invasione ruandese”, spiega Querzani. Il presidente congolese Felix Tshisekedi ha lanciato un appello alla resistenza: “Mobilitiamoci tutti per difendere il nostro paese”, ha dichiarato in un discorso televisivo, invitando i giovani ad arruolarsi nelle forze armate.
Nel frattempo, le tensioni geopolitiche si intensificano. Il Ruanda è accusato di sostenere i ribelli per ottenere il controllo delle ricchezze minerarie del Congo, in particolare coltan e oro, risorse strategiche per l’industria tecnologica globale. Gli Stati Uniti, con l’amministrazione Trump, osservano con attenzione, mentre alcuni analisti suggeriscono che la Russia potrebbe diventare un nuovo alleato per Kinshasa.
Ma la guerra in Congo è anche una questione di potere interno. “Joseph Kabila, ex presidente, sembra essere coinvolto dietro le quinte nel sostenere la ribellione. La sua vendetta contro Tshisekedi potrebbe portare a un’ulteriore escalation“, scrive padre Querzani. Corneille Nangaa, leader dei ribelli, non ha nascosto le sue intenzioni: “Se ho creato io questo ‘mostro’ (Tshisekedi), penso sia anche compito mio di distruggerlo”.
Un milione di euro di aiuti dalla Cei
Mentre i ribelli marciano su Bukavu e le truppe congolesi cercano di organizzare una resistenza disperata, padre Querzani si interroga sul futuro del paese. “Il popolo congolese ha bisogno di pace, ma la comunità internazionale resta a guardare. Senza un intervento deciso, questa tragedia non avrà fine”.
Il bilancio delle vittime è tragico, con almeno 770 morti e quasi 3.000 feriti registrati finora. Di fronte a questa emergenza, la Conferenza episcopale italiana (Cei) ha stanziato un milione di euro per sostenere la popolazione locale e ha lanciato un appello per la fine delle violenze.
Le origini del conflitto
Il Congo orientale è instabile da decenni, ma l’attuale crisi trova le sue radici negli eventi successivi al genocidio del Ruanda del 1994. L’M23, il gruppo ribelle attualmente in guerra con il governo congolese, nasce nel 2012 da una fazione dell’esercito congolese, composta in gran parte da tutsi congolese, che si ribellarono sostenendo di essere discriminati dal governo. Il gruppo ricevette un forte sostegno dal Ruanda e dall’Uganda, secondo varie inchieste internazionali. Dopo aver occupato brevemente Goma nel 2012, l’M23 fu sconfitto nel 2013, ma si riorganizzò e riapparve nel 2021 con una nuova offensiva.
L’M23 sostiene di combattere per i diritti della comunità tutsi congolese, che si trova emarginata e minacciata da milizie hutu e dalle forze armate congolesi. Tuttavia, molti analisti ritengono che il vero obiettivo sia il controllo delle risorse minerarie del Nord Kivu, una regione ricchissima di coltan, oro e altri minerali strategici. Secondo la testimonianza di padre Querzani, i leader ribelli Corneille Nangaa e Bertrand Bisimwa hanno dichiarato che l’obiettivo finale è rovesciare il presidente Tshisekedi e prendere il controllo del paese. Questo spiega il sostegno che l’M23 riceve dal Ruanda, il cui governo è accusato di sfruttare i ribelli per consolidare il proprio accesso alle risorse minerarie congolesi.