I lavori in centro svelano reperti archeologici

Ritrovamenti all'ex complesso Roverella e in piazza Aguselli illustrati in visite guidate

Ogni volta che si scoperchiano pavimenti e strade, in centro storico, riemergono tracce di un passato remoto che destano sorpresa.

Tre fosse granaie

È quanto accaduto anche nell’ambito dei lavori di rigenerazione dell’ex complesso Roverella e in piazza Aguselli, finanziati dal Pnrr, i cui ritrovamenti sono stati illustrati domenica scorsa nel corso di tre visite guidate.

Nella piazza di fronte l’imponente chiesa di Sant’Agostino, interessata dalla realizzazione di tre aiuole, sono state scoperte sul lato orientale tre fosse granarie profonde oltre quattro metri. Gli archeologi le ritengono contemporanee alla pavimentazione di ciottoli dell’area intorno, risalente alla seconda metà del Quattrocento, durante la signoria dei Malatesta: momento di grande fioritura politica, culturale ed economica della città. Si stratta di strutture utili alla conservazione di cereali, legumi, mandorle e semi di lino, al fine di garantire la disponibilità di cibo nei lunghi mesi invernali, durante la carestia o un assedio o come accumulo di scorte destinate al commercio.

“Anche se presenti in Romagna in altre zone, quali Santarcangelo e San Giovanni in Marignano, fino ad oggi non si pensava fosse una caratteristica così spiccata di Cesena. Queste fosse perdurarono fino a oltre la metà dell’Ottocento, quando diventarono un problema per il transito, tanto che un regolamento del sindaco nel 1864 pose una serie di obblighi sul loro utilizzo”, ha raccontato Romina Piraglia della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini.

Una delle fosse granarie in piazza Aguselli

Una conferma della forte caratterizzazione di questo spazio cittadino viene dalla toponomastica: in precedenza nota come piazza Sant’Agostino, dal 1872 divenne Aguselli, derivazione dal gergo dialettale con cui era comunemente conosciuta (la piazeta dal garneli) proprio per la presenza di attività dedite al commercio di sementi (granaglie).

La chiesa delle Santucce

Più suggestivo anche se non visibile sono i resti strutturali – poco più in là – di un’antica chiesa trecentesca: è quella delle suore benedettine dette Santucce, poi Santine o dello Spirito Santo, in contrada Talametto (attuale via Dandini). “Grazie agli scavi condotti l’anno scorso all’interno dell’ex palazzo Roverella si è individuato il perimetro della prima chiesa del convento, la cui precisa ubicazione e planimetria rimanevano finora del tutto sconosciuta – prosegue Piraglia -. Della navata della chiesa antica restano quasi unicamente le fondazioni murarie, rinvenute al di sotto delle attuali murature del lato nord del Roverella, su contrada Dandini. Sono stati individuati anche alcuni resti di sepolture tra cui quello di una giovane donna e un bambino, probabilmente appestati per la presenza di calce sul volto”. È verosimile ritenere che appartengano alla chiesa della fine del Trecento le due monofore ancora visibili se, passeggiando in contrada Dandini, si alza lo sguardo sulla parete del primo piano del complesso storico dell’ex Roverella.

Monofora di contrada Dandini

Altri reperti archeologici

Più di trenta sono le casse riempite con reperti archeologici, di cui una piccola selezione è stata esposta per l’occasione. Da segnalare, un frammento ceramico con le iniziali di Galeotto Malatesta, signore di Cesena. Le scoperte però non sono finite qui: l’architetto del Comune Emanuele Sabattani ne ha annunciato altre, questa volta nella chiesa di Santo Spirito, in via Milani, anch’essa sotto i ferri per il rifacimento del pavimento e dell’impiantistica. Verranno svelate però solo alla fine dell’estate sempre nel corso di una visita guidata.