Il meteorologo Randi: “Cambiamenti climatici? Serve un cambio culturale”

"La responsabilità umana dell'effetto serra è almeno del 90 per cento. L'acqua è il nostro petrolio", ha detto l'esperto

Nella foto, il meteorologo Pierluigi Randi ieri sera in seminario a Cesena. Alla sua destra il direttore della Caritas diocesana, Ivan Bartoletti Stella, e il direttore della Commissione diocesana Gaudium et spes, Marco Castagnoli che hanno promosso le tre serate che si sono concluse ieri
Nella foto, il meteorologo Pierluigi Randi ieri sera in seminario a Cesena. Alla sua destra il direttore della Caritas diocesana, Ivan Bartoletti Stella, e il direttore della Commissione diocesana Gaudium et spes, Marco Castagnoli che hanno promosso le tre serate che si sono concluse ieri

“Dragare un fiume è come togliere i freni a un’auto”, ha detto durante la serata promossa dalla Caritas diocesana e dalla Commissione Gaudium et spes. Occorre un cambio di mentalità

“Non andate a casa depressi”, dice l’esperto

“Mi raccomando – dice l’esperto di clima Pierluigi Randi -. Non andate a casa depressi, tanto i meteorologi non ci prendono mai”. Una ventina di persone ha partecipato ieri sera in seminario, a Cesena, al terzo appuntamento promosso dalla Caritas diocesana guidata dal direttore Ivan Bartoletti Stella e dalla Commissione diocesana Gaudium et spes diretta da Marco Castagnoli (cfr pezzo al link qui sotto).

Il clima è sempre cambiato, ma mai così improvvisamente

Il quadro messo in mostra da Randi, presidente Ampro (Associazione meteorologi professionisti, meteorologo dell’anno per il 2024) non è per nulla rassicurante. Eppure la partenza della sua lezione (di stampo quasi accademico, ma pure divulgativo) è rassicurante. “Il clima è sempre cambiato”, dice in apertura, e pare voler fare intendere che non c’è neppure troppo da stare preoccupati. Invece, continua, “ora assistiamo a cambiamenti di clima improvvisi. Anzi, mai stati così improvvisi”.

Più un grado e 20 negli ultimi 50 anni

Quando si parla di clima, osserva, si intende un lasso di tempo di almeno 30 anni. Per tempo meteorologico, invece, si intende una fotografia di quello che sta accadendo in quel preciso istante. “La rapidità dei cambiamenti è il dato più preoccupante. Un grado e 20 di aumento negli ultimi 50 anni è qualcosa che non era mai accaduto, in presenza di una diminuita attività del sole”.

Emilia Romagna regina per consumo di suolo

Del gas serra abbiamo bisogno, spiega Randi, altrimenti ci sarebbe sulla terra una temperatura di -18 gradi Centigradi. Solo che noi, insiste, “abbiamo truccato le carte. L’attività dell’uomo incide per almeno il 90 per cento dell’effetto serra cui stiamo assistendo”. La nostra regione è quella con il maggiore consumo di suolo, fa sapere Randi che mette in guardia da quello che ciascuno di noi può fare, e pure le istituzioni. Anche se, occorre dirlo, le competenze sono molto spezzettate tra Consorzi di bonifica, Autorità di bacino, Comuni, Province e Regione. Questo complica gli interventi che, dice ancora Randi, dopo le alluvioni del 2023 prima e del settembre 2024, “sono stati condizionati dal desiderio di voler fare a ogni costo, anche per l’imminenza delle elezioni”.

Non si può mettere l’acqua di una bottiglia in un bicchiere

Per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico, occorrono risorse, tempo e competenze, mette in luce Randi. “È necessario migliorare il monitoraggio. Le stazioni meteo non sono mai troppe. Ci vogliono webcam e nuovi idrometri”. Insomma, occorre stare svegli, anche perché “gestiamo il territorio con il clima del passato. E abbiamo trasformato i fiumi in canali, con la pretesa di mettere l’acqua di una bottiglia in un bicchiere”. Anche se, aggiunge, “il rischio zero non esiste”. E lo dice con grande onestà intellettuale.

Guerre a motivo del clima

Le piogge sono quasi nella norma, anche in Romagna, ma è cambiato l’intensità. Dal 1950 a oggi sono diminuite solo del 10 per cento, ma la loro concentrazione è del tutto diversa. E le proiezioni per il futuro non sono rassicuranti. “Le piogge non dovrebbero diminuire in quantità, ma le temperature si alzeranno rendendo alcune parti del pianeta inabitabili”. Ci dobbiamo aspettare molte più migrazioni, insiste Randi, per motivi di clima. Ci saranno guerre per cercare di andare nelle zone con clima più accettabile.

Adriatico bollente prima delle alluvione del 2023

Dal 1980 il Mediterraneo registra 1,8 gradi in più. Nel maggio 2023, quando ci furono le due alluvioni del 2-3 maggio e del 16-17, la temperatura dell’Adriatico era di 4-4,5 gradi in più rispetto alla media. Poi si abbiamo assistito a piogge che non si erano mai viste. “Il vero rischio per il futuro – dice Randi – sono i colpi di frusta delle precipitazioni. L’Emilia Romagna è la regione con il più alto rischio alluvionale, anche a motivo della subsidenza che si incrementa di 1,5-2,5 millimetri l’anno, con il mare che si alza. Conselice è sotto il livello del mare”. E non è finita qui. “Nel 2070 a Cesena si avranno due gradi in più di temperatura media”, nota l’esperto.

Dragare un fiume è come togliere i freni a un’auto

Come uscire da questi scenari per nulla rassicuranti? Per Randi una ricetta esiste, anche se a zero emissioni da gas fossili, ci vorrebbero 30 anni per azzerarne gli effetti. Ma oggi, a quanti guidano le sorti degli Stati, pare interessino poco queste tematiche. Invece, “è un problema culturale. Bisogna ripartire dalle scuole, da serate come questa, anche se siamo in pochi. Ripartire dalla studio della geografia, dalla consapevolezza di ciò che accade. La mia generazione – prosegue Randi – è quella che più se ne è fregata dell’ambiente. Oggi dobbiamo fare parlare le persone che hanno cognizione di causa. Non occorre demolire tutto, basta cercare di sistemare, come quando si ristruttura una casa. Dragare un fiume è come togliere i freni a un’auto”.

Sul dopo alluvione. Alcuni interventi buoni, altri meno

Sul dopo alluvioni Randi ha una sua ricetta. “Alcuni interventi sono stati buoni, altri meno – dice -. Si è seguita troppo l’onda emotiva e il desiderio di voler fare vedere che si mettevano in atto delle azioni. Anche per la vicinanza delle elezioni. I politici guardano avanti pochi anni. È anche vero che sui fiumi e sui canali ci sono competenze spezzettate tra Autorità di bacino, Consorzi di bonifica, Comuni, Province e Regione. Competenze troppo distribuite in un guazzabuglio condito dalla burocrazia” che rischia di inibire anche le migliori intenzioni.

L’acqua non si può sprecare

L’acqua è il nostro petrolio e va conservata. È la ricetta finale di Randi. Da lì non possiamo prescindere. “Anche se l’estetica delle nostre abitazioni ne può subire danno, quando piove dovremmo raccogliere l’acqua e conservarlo in botti o nel sottosuolo. Se lo fa uno solo di noi non cambia nulla, ma se lo facciamo tutti, in strada ci sarebbe meno acqua e ne avremmo per i momenti di crisi. Non possiamo più sprecarla”.

Le città-spugna. Ci vuole un cambio di mentalità

Dobbiamo trasformarci in città-spugna. Potrebbe essere una soluzione, assieme alla gestione ordinaria e alla riprogettazione del territorio. “Se si ripresentano eventi come quelli del 2023 siamo nella stessa situazione”. Allora qualcosa occorre mettere in campo. Ci vuole un cambio di mentalità, questa l’urgenza maggiore cui si è raccomandato Randi. Prima che sia troppo tardi. Parola di meteorologo, di quelli che non ci prendono mai…