Intelligenza artificiale e imprese, “tigre da cavalcare”

Ieri un incontro organizzato da Ebiter, Eburt, Confcommercio, Cgil, Cisl, Uil e Iscom. Un "alleato" che "ha bisogno di controllo"

La conferenza di ieri alla Fiera

L’intelligenza artificiale può portare vantaggi alle aziende? Attorno a questo interrogativo, ieri, in fiera a Cesena, si è svolto il seminario: “Intelligenza artificiale per le imprese: alleati o nemici?”, organizzato da Ebiter, Eburt, Confcommercio, Cgil, Cisl, Uil e Iscom. Presenti circa 150 persone.

Patrignani: “Cavalcare la tigre”

“L’intelligenza artificiale è uno strumento che cambia il nostro modo di pensare e può generare smarrimento”, ha premesso la giornalista Roberta Invidia che ha moderato l’incontro. Come ha puntualizzato Augusto Patrignani, presidente di Confcommercio Cesenate, “la nostra associazione si è sentita in dovere di aprire un percorso serio su questo tema. L’IA (Intelligenza artificiale, ndr) può essere un potente alleato, in grado di creare competitività. Ma ha anche molti rischi. Dobbiamo cavalcare la tigre e non essere sbranati”.

Mercadini: “Cosa vuol dire essere umani?”

Il drammaturgo cesenate Roberto Mercadini, sul palco della Fiera, ha riflettuto sull’intelligenza artificiale spostando il discorso oltre l’economia e la produttività: “Quando parliamo di IA e del suo impatto sul mondo, parliamo di solito di lavoro e comunicazione, ma ci pone anche un interrogativo psicologico: cosa vuol dire essere umani?”. Con la rivoluzione industriale la macchina ha sostituito l’uomo nella parte più alienante. Ma è sul terreno della creatività che la questione si fa più scivolosa: “L’IA allunga i tentacoli su ciò che pensavamo esclusivamente umano. L’intelligenza artificiale copia la parte più superficiale dell’arte? Se questo è vero allora siamo al paradosso: esiste la vera arte ed è l’IA che lo decide!”. Mercadini racconta di aver usato l’IA quando era meno perfezionata: “Sembra sempre razionale, ma molte volte le risposte di ChatGpt erano inattendibili. Per capirlo, però, ci perdevi 15 minuti. Era uno spreco di tempo”. Per Mercadini, l’unica strada possibile è quella della consapevolezza: “Dobbiamo imparare a cavalcare la tigre. Ma se a volte l’IA la preferiamo agli amici, allora dobbiamo farci delle domande su di noi, non solo sul piano lavorativo”.

Leoni: “Aiutare chi resta indietro”

“L’intelligenza artificiale si inserisce nella transizione digitale, che insieme a quella ambientale rappresenta la più grande rivoluzione in corso”, afferma Marco Leoni, referente progetto digitale dell’Unione regionale. “Il rischio è che molti si perdano, soprattutto chi non ha dimestichezza con la tecnologia”. Le imprese stanno investendo, ma spesso mancano i punti di riferimento: “Per questo nasce un sistema nazionale con sportelli di supporto, non per offrire soluzioni preconfezionate, ma per aiutare a individuare dove investire”. Il problema, avverte Leoni, è che “troppo spesso si lavora per singoli acquisti e non per progetti strutturati, mentre i fondi pubblici richiedono visione e pianificazione. L’IA obbliga l’imprenditore a capire davvero cosa vuole fare. Non basta delegare, bisogna formarsi e orientarsi, altrimenti si rischiano risultati solo verosimili, non veri”.

Bottoli: “Cercare soluzioni su misura”

“ChatGpt è solo un puntino in una galassia gigantesca”, sottolinea Giacomo Bottoli di Moxoff. “L’intelligenza artificiale esiste da decenni, noi abbiamo realizzato il primo progetto di IA generativa nel 2014”. Oggi, spiega, c’è molta confusione: “Non basta usare un programma popolare. Ogni azienda deve capire quale soluzione sia adatta ai propri dati e obiettivi. L’IA efficace si costruisce su misura, con infrastrutture e competenze adeguate”.

Bianchini: “I rischi possono superare i benefici”

Alan Turing, tra i più grandi matematici del Novecento, è uno dei punti di partenza della storia dell’intelligenza artificiale”, spiega Francesco Bianchini, docente universitario: “L’IA nasce per imitare il pensiero umano, come nel caso dei primi modelli di problem solving di Newell e Simon, non perfetti, ma funzionali. Poi è arrivata una svolta: l’idea che la mente non sia solo logica, ma anche biologica, ha portato al machine learning e alle reti neurali profonde”. Ma Bianchini avverte: “Oggi interagiamo con sistemi che apprendono da noi, ma senza una formazione adeguata, soprattutto nei giovani, i rischi superano i benefici. L’IA può essere autonoma, ma ha bisogno di controllo. Serve una via di mezzo tra abbandono incondizionato e repressione”.